Alla Fondazione Alfonso Gatto di Salerno
Poesia senza bavaglio
Reading, incontri, discussioni, feste: è il nuovo appuntamento di «100Thousand Poets for Change». Sul quale pesa la censura di qualche paese "ottuso"
Una vela cavalca le nuvole, sorvola gli oceani, sventolando la bandiera di pace, sostenibilità e giustizia. È il logo disegnato da Greenpino, poeta dei segni, street artist che colora i muri-macerie delle città con i versi, per la prima conferenza internazionale di 100Thousand Poets for Change. È un richiamo per le voci pure del mondo che, seguendo la rotta di quella barchetta sospesa tra cielo e terra e così simile alla cometa dei Magi, trovano approdo a Salerno. Uno sbarco pacifico nella città dello Sbarco, lì dove è soffiato il vento della liberazione contro gli orrori del nazi-fascismo, lì dove si è innalzato, con Alfonso Gatto, il canto della resistenza, “senza fucili né cannoni… come son belle le notti di maggio e com’è bella la terra senza il ticchio della guerra”. Un sogno, un’utopia. Sul quale grava, come spesso in questi casi, il fantasma della censura: ad alcuni dei poeti attesa in Italia i paesi d’origine hanno negato il visto d’uscita. Troppo pericoloso testimoniare la libertà: ma a rendere comunque vivo il prodigio, a volte bastano le parole. E queste non mancheranno a Salerno. Malgrado la censura.
Settant’anni dopo: le tenebre sono calate, le illusioni ingannate, il pianeta di nuovo in frantumi e nel caos, a un passo dall’abisso. C’è urgenza di modificare lo stato delle cose, di mettere fine ai conflitti, di arginare la crisi generata-degenerata da guaste politiche economiche, sociali e ambientali. Lo ha invocato Okwui Enwezor nel manifesto programmatico – purtroppo restato tale – della
Biennale di Venezia numero 56 attualmente in corso, chiamando gli artisti a immaginare i futuri del mondo. Lo sollecitano Michael Rothenberg, poeta, cantautore ed editore statunitense, e la sua compagna Terri Carrion, visual designer, “concepita in Venezuela, nata a New York da madre galiziana e padre cubano”. Lo ribadiranno, “mettendo il corpo nella lotta” gli oltre 150 poeti di trenta Paesi diversi che, dal 3 all’8 giugno, si riuniranno nell’ex convento di Santa Sofia per riflettere e far riflettere intorno a valori non negoziabili, pace, giustizia e sostenibilità, appunto come recita il decalogo di 100TPC: una comunità ideale, che si fa portavoce “delle ingiustizie perpetrate dall’uomo-non uomo contro l’Uomo”, che aspira “a raggiungere le atrofizzate corde del cuore dei potenti e le coscienze delle persone”. Perché, sottolinea Nicola Vacca, scrittore, poeta e critico letterario “non allineato”, “la poesia, quando è canto sincero dell’anima, è fuoco che divampa, è pietra che scalfisce, materia che costruisce”.
La poesia, senza bavagli e ruffianerie di mode e di salotti, si mobilita con la sua forza espressiva ed evocativa. Il coraggio della parola e il vessillo della fratellanza. “Sorgeremo come un’immane onda – ritma l’americana Lisa Vihos – ognuno unico e connesso all’altro”: è il leit-motiv della rivoluzione senza armi che intellettuali e attivisti hanno avviato nelle piazze del globo, da continente a
continente, per dire no alla catastrofe, alla prepotenza ed ai soprusi, alle sopraffazioni, alle ingiustizie, per ricordare e “condividere – dice ancora Vacca – l’unico messaggio che tutto può salvare, quello dell’amore che vince su ogni cosa”. Sulla pagina di Facebook della Fondazione Gatto, che, col suo presidente Filippo Trotta e il coordinatore Valeriano Forte, ha sposato questo inconsueto fenomeno globale e ha creato a Salerno le condizioni per il Forum, scorrono già da giorni le adesioni di artisti, scrittori, musicisti, attori, danzatori, mimi, cantautori che prossimamente abiteranno i luoghi della Scuola medica salernitana, nella memoria e nella continuità di un sodalizio di saperi senza frontiere geografiche, culturali, religiose, etniche. Volti sorridenti e versi come carta di identità e nota biografica ammiccano sul sito. Ecco le malesi Elaine Foster e Illya Sumanto, i marocchini Abdel Hadi Said ed El Habib Louai, il greco Panos Bosnakis, il lituano Thomas Chepaitis, le indiane Supriya Kaur Dhaliwal e Jameela Nishat, l’israeliano Michael Dickel, il ghanese Richard Paa Kofi Botchwey, l’egiziano Mohamed Farahat, il tedesco Johannes Beilharz, il “non americano” Paul Polansky ed il “nativo” cheyenne, Lance Henson, un po’ Cavallo Pazzo un po’ Che Guevara. Pronti con la valigia altri viaggiatori dello spirito.
Dall’Australia, dal Canada, dalle Mauritius, da Malta, dalle Netherlands, dal Messico, dal Kossovo, dal Perù, dall’Ungheria, dall’Inghilterra, dall’Irlanda, dalla Francia, dalla Romania, dalla Repubblica Ceca, dall’Afghanistan, dal Nepal. Le truppe più numerose vengono dagli States, a rappresentare l’Italia i salernitani Trotta, Forte e Greenpino con Paolo Cimmino, la compagnia Daltrocanto, i giovani Elisa Carrafiello, Maria Pagano e Alfredo Mercurio, il napoletano Roberto Del Gaudio, il fiorentino Matteo Rimi, il romano Paolo Sentinelli il torinese Alberto Vitacchio, il genovese Mauro Milani, le milanesi Anna Patrizia Caminati e Donatella D’Angelo, la bolognese Nadia Cavalera. Il sito della Fondazione è impazzito, altri chiedono di partecipare come lo scrittore Nicola Di Caterino, autore del romanzo-denuncia “Il peccato originale: la maledizione di essere casalese”.
Felici di essere insieme, emozionati per questo primo abbraccio dal vivo. “Finora i nostri incontri sono stati solo virtuali – commenta entusiasta Rothenberg. Già. L’avventura di 100Thousand for Change inizia via rete nel 2011, con la call to action lanciata da lui e dalla Carrion, un messaggio in bottiglia partito dall’ex oasi hippy di Guerneville, in California: “Vuoi unirti ad altri poeti negli Usa e in
giro per il pianeta in una dimostrazione-celebrazione della poesia per promuovere un serio cambiamento sociale, ambientale e politico? Se lo vuoi, firma qui e vediamo se riusciremo a raccogliere abbastanza persone che prendano sul serio un evento del genere”. L’azione globale viene fissata al 24 settembre; la mission era poesia, pace, sostenibilità, consapevolezza e sensibilizzazione, l’unione di comunità isolate di artisti di tutto il mondo. “Restammo sorpresi dalla risposta – ricorda Michael – La call to action esplose come un incendio, per quella data erano pianificati settecento eventi in 95 Paesi, sarebbe stato il più grande reading mondiale della storia. Terri creò un sito e ad ogni aderente fu data la possibilità di aprire una propria pagina nel blog dell’iniziativa per promuovere la propria manifestazione. A quel punto la Stanford University ci contattò, dichiarandosi disponibile a realizzare un archivio di tutta la documentazione prodotta”. Un successo e la svolta: il movimento prende forma, si espande, prolifica. L’anno successivo si bissa: partecipano anche musicisti, attori, fotografi, performer.
“Stiamo sperimentando un cambio di paradigma globale – ribadisce Rothenberg – e ci siamo resi conto che ovunque la gente è alla ricerca di un cambiamento positivo”. I numeri ne sono la prova: nel 2013 la festa dei poeti, diventata un appuntamento fisso a settembre, sarà ancora una volta la più grande giornata di lettura poetica mai organizzata: 800 incontri in seicento città, dagli Stati Uniti all’India, dal Brasile allo Zimbawe, fino a toccare il record di cento nazioni. I popoli di 100TPC si mischiano, si contaminano come i linguaggi artistici: nel 2014 troveremo anche mimi, ballerine del ventre e danzatori del fuoco, band folk ed heavy metal, hip hop e sonorità africane. “Una sola identità formata da tutte le arti e le culture – avverte Terri Carrion – che si influenzano tra di loro, che si fanno incubatore l’una dell’altra arricchendosi delle diversità e delle distanze. È una meravigliosa fioritura planetaria, un rinascimento delle coscienze, la civiltà del nuovo basata sul libero dialogo”. Dare un corso all’esistenza: è questo il senso del raduno nella “Salerno che parla al cuore. Cinque giorni con un calendario fitto, dal mattino a oltre la mezzanotte. Ci saranno confronti a porte chiuse dei protagonisti e tavole rotonde aperte al pubblico su temi come la migrazione, il femminicidio, la tradizione orale. Ci saranno mostre, installazioni, reading, performance, concerti, open mic & jam. Sì, microfoni aperti a tutti, anche a chi non è artista, ma ha voglia di incidere su un cambiamento-r(i)esistenza.