Una notte in strada: un racconto inedito
La vergogna
La donna fece un gesto che ferì duramente Goffredo, un gesto semplice e inequivocabile, abbassò il capo. Goffredo capì, in quel momento, quanto potesse sentirsi indifesa una donna
Un giorno, un uomo di nome Goffredo, tornava a casa dopo una notte di passione con la sua donna di sempre. Goffredo era certo che fosse l’amore della sua vita. Malgrado questo, i due non vivevano più insieme. Avevano un carattere difficile, non andavano d’accordo e finivano ogni volta per lasciarsi, giurando a se stessi che mai e poi mai sarebbero tornati insieme. Poi, dopo aver frequentato altra gente, si rendevano conto che non c’era persona che andasse bene per loro che non fosse quella dal carattere difficile che avevano deciso di lasciare. E così, passato un po’ di tempo, decidevano di riprovarci.
Quella era una sera in cui tutto andava ancora bene. C’era grande armonia, i due sembravano felici, e addirittura stupiti all’idea che un giorno, che ormai pareva loro lontanissimo, si fossero detti addio. Gli occhi con cui si guardavano dicevano proprio questo, come abbiamo fatto a stare tanto tempo senza vederci?
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Era tardi, sì, ma non tardissimo, si diceva Goffredo, mentre pian piano si avviava alla macchina. Si poteva ancora incontrare qualcuno passeggiare lungo la strada. Ma era quell’ora in cui, trovandosi di fronte a uno sconosciuto, non veniva più di mostrare un sorriso. Veniva, invece, di abbassare lo sguardo, nella speranza fitta di timore che l’altro si mostrasse per quello che era, solo un innocuo passante invaso dal medesimo timore.
C’era stato un violento temporale nel pomeriggio. Ora, la pioggia era cessata e le strade erano avvolte nel silenzio. Prima di entrare in auto Goffredo decise di accendersi un’ultima sigaretta. Era il momento giusto per godersi la quiete in cui la città era immersa. E per fare dei bilanci, scoprì. Quella pace, la serata con la sua donna: sì, aveva tutte le ragioni per dirsi soddisfatto. Andava tutto bene. La sua vita era perfetta così com’era. A quel punto un sorriso affiorò sul suo volto. Ma era venato di troppa malinconia per essere sincero. Era solo un desiderio, invece. Diventò reale quando si trasformò in un mezzo sorriso, nato per compiacimento e trasfigurato in un ghigno d’indulgenza verso se stesso, per essersi mostrato debole ancora una volta; per essersi abbandonato a mille illusioni. Gli succedeva sempre quando guardava alla sua vita. Spense la sigaretta e entrò in macchina.
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Goffredo era al volante, percorreva una lunga strada che di lì a poco lo avrebbe condotto verso casa. Era uno dei corsi principali della città. Ma aveva un difetto, era costellato di semafori. Di giorno, quei semafori, rendevano difficile il cammino delle auto. Ma adesso, a quell’ora di notte, non c’era angolo dove Goffredo non puntasse il suo sguardo ammirato. Goffredo si godeva l’immagine finalmente distesa della grande città, di solito violentata dai rumori e dai fumi delle tante, troppe auto che la fagocitavano in una nuvola grigia e maleodorante che, un poco, sembrava riflettere anche lo stato d’animo delle persone. Ora, invece, le strade erano semideserte, le poche auto procedevano senza ostacoli e la maestosità dei palazzi, le mura antiche del centro storico, le immense piazze che si susseguivano lungo il tragitto, potevano finalmente riaffacciarsi all’attenzione degli uomini. Per ricordare che, in fondo, quella grande, antica città era ancora splendida come un tempo. E, forse, anche lo stato d’animo delle persone non era così fosco.
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Fermo all’ennesimo semaforo, Goffredo dirigeva lo sguardo da un lato all’altro della strada. Intanto, una macchina sopraggiunse al suo fianco. Goffredo si accorse a stento dell’auto, incantato com’era ad ammirare tutto quanto lo circondava. Poi, senza volerlo, la sua attenzione finì per cadere sulla persona alla guida della vettura. Anche quella persona doveva avvertire la ritrovata magia di quella strada perché muoveva la testa da un lato all’altro proprio come faceva Goffredo. Così, i loro occhi finirono per incontrarsi. Goffredo a malapena distinse i tratti di una donna, tanto era sovrappensiero. Ma a ridestarlo dai suoi vagheggiamenti fu l’espressione che la donna fece quando incrociò il suo sguardo. Era un’espressione allarmata. La sensazione di smarrimento che le si leggeva in viso durò poco più di un istante ma fu sufficiente perché Goffredo vi riconoscesse un’invincibile inquietudine. Sembrava quasi essersi resa conto, d’improvviso, di essere sola; vulnerabile.
Poi la donna fece un gesto che ferì duramente Goffredo, un gesto semplice e inequivocabile, abbassò il capo. Goffredo era talmente in subbuglio che seguitò a scrutarla, fino ad avvertire l’aria trepidante con cui si rivolgeva al semaforo. E capì, in quel momento, quanto potesse sentirsi indifesa una donna. E quanto pericolosa potesse apparire la semplice circostanza di trovarsi di fronte a uno sconosciuto, a una certa ora della notte. Quando comprese di essere l’artefice di quella amara, spiacevole sensazione, sentì un moto di malessere invadergli l’anima. Avrebbe voluto sorriderle, tentare di rassicurarla, ma era fin troppo chiaro che quel timore veniva da lontano, e nessun sorriso sarebbe servito a fugarlo. Poi il semaforo diventò verde e la donna sfrecciò letteralmente mentre Goffredo, spaesato, aveva provato per la prima volta il sentimento della vergogna, quello che si prova quando la propria persona suscita disagio negli altri; questa volta aveva instillato la paura, una donna lo aveva guardato e aveva abbassato gli occhi in preda allo sgomento. Rimase per qualche istante ancora fermo, quando il clacsonare di un’auto lo spinse a ripartire.
Proseguì ancora per qualche metro, poi accostò. Scese dall’auto. Guardò la grande piazza. Ammirò l’aristocratica solennità dei palazzi tutt’intorno. Il loro fascino era immutato. Dentro quel fascino Goffredo sembrava ora cercare un rifugio dalla violenza del suo tempo. D’un tratto riprese a piovere. Goffredo sperò che con la pioggia scorresse via quella terribile sensazione di impotenza in cui era precipitato. Infine si rifugiò in macchina e si avviò verso casa.