In memoria di Clara Sereni
Comunistitudine
A Perugia è morta Clara Sereni: con i suoi libri ha raccontato il nostro tempo; con affetto e lucidità critica. Per ricordarla, ripubblichiamo la recensione del suo "Via Ripetta 155", storia di giovani intellettuali impegnati, a Roma, negli anni Settanta
Oggi a Perugia è morta Clara Sereni, scrittrice schiva e “sociale” al tempo stesso: un’autrice che meglio di molti altri ha raccontato il suo tempo. Per ricordarla, ripubblichiamo la recensione del suo Via Ripetta 155, metà autobiografia e metà storia di una generazione, uscito nel 2015.
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Thomas Piketty, nel suo saggio sul Capitale nel XXI Secolo, analizzando l’andamento degli indici economici degli ultimi trecento anni ha dimostrato, dati alla mano, come il pugno di anni tra i Cinquanta e Settanta del secolo scorso, in Occidente, abbia segnato un picco mai toccato prima né dopo in termini di benessere generale e di equa distribuzione di ricchezza. Era lecito pensare che il mondo sarebbe stato (permanentemente) migliore, all’epoca. Non bisogna dimenticare questo dato (proprio per la sua sostanza scientifica) leggendo il nuovo libro di Clara Sereni, Via Ripetta 155 (Giunti, 200 pagine, 14 euro).
Con ogni evidenza, si tratta di un brandello di autobiografia dell’autrice: vita vissuta a Roma, dal 1968 al 1977, ossia nel periodo (desumiamo dalla lettura del libro) nel quale Clara Sereni tra i venti e i trent’anni abitò appunto in un appartamento di Via Ripetta, una delle strade più snob e al tempo stesso popolari – allora – nel cuore di Roma, che di fatto con le sue continue trasformazioni è un po’ il protagonista della storia. In questa auto-rappresentazione l’autrice si espone con un coraggio fuori dal comune, mettendo in fila nomi e fatti (la gran parte dei personaggi di questa storia hanno un profilo pubblico) e soprattutto emozioni senza infingimenti. Anche quelle che oggi possono sembrarci sbagliate o insostenibili: allora non sembrava così e l’autrice fedelmente esprime il punto di vista di allora dei personaggi. Se stessa compresa.
Dunque, siamo a Roma: l’io narrante è figlia di un grande dirigente del Pci ma si muove nel mare di quelli che si chiamavano “extraparlamentari di sinistra”, da Lotta Continua (soprattutto) a Potere Operaio, Avanguardia Operaia, ecc. Il coté è quello intellettuale: la protagonista canta musica popolare al Folkstudio e lavora per le associazioni degli autori cinematografici; prima vive una lunga e tormentata relazione con regista comunista tanto celebrato (all’epoca) quanto ignoto fuori dalla cerchia dei fedelissimi del Pci, poi s’unisce in una relazione lunga e proficua con un futuro grande sceneggiatore.
Sullo sfondo, c’è l’Italia di quegli anni: le lotte operaie, il femminismo inverato, la vittoria laica per il divorzio, l’internazionalismo critico, la solidarietà sociale, infine l’ombra nera del terrorismo. Due meriti, intanto, ha questo libro. Il primo: pone l’accento sulla grande accelerazione che la società italiana – prima rurale e bigotta, poi borghese e disinibita – fece in quegli anni. E non lo fa emettendo giudizi: è un libro che racconta con gli occhi di allora, come si diceva, costi quel che costi; nessuna manipolazione nostalgica, nessun giudizio ex-post. La seconda: il terrorismo non è il protagonista assoluto e dunque per una volta gli anni Settanta ci si ripropongono non come quelli di piombo degli attentati, della contrapposizione violenta tra un manipolo di esaltati (che poi si è saputo essere stati perfettamente manipolati da forze superiori o altre) e una maggioranza di giovani che voleva mandare avanti al meglio il proprio paese. Chi c’era, negli anni Settanta, sa che le aspettative di molti, forse della maggioranza delle nuove generazioni, sono state affossate nel sangue del terrorismo e della conseguente lotta al terrorismo: c’era altro, in quegli anni, ed è bene che Clara Sereni qui, senza neanche farsene accorgere troppo dal lettore, lo dimostri. Per intenderci, nelle prima pagine del libro si legge: «Ci si scambiava informazioni: tutte le possibilità a disposizione, il mondo tra poco sarà nostro, più che discutere ci si congratulava a vicenda». Troppe congratulazioni mentre altri facevano fatti pesanti: forse il problema è stato questo.
Ma ci sono anche ulteriori cose interessanti, in Via Ripetta 155. È descritto – per esempio – con distacco e precisione un curioso fenomeno, tutto italiano, di quegli anni: una sorta di mutuo soccorso tra figli del Pci. I figli dei dirigenti del grande partito erano, di fatto, orfani di una concezione familiare tradizionale, carenza cui reagivano costruendo famiglie allargate. Famiglie di figli dei dirigenti medesimi, prima di tutto. Ma per estensioni anche famiglie alternative allargate ad altri. Fa riflettere l’occorrenza che nelle storie proposte da Clara Sereni ci siano un’enormità di nomi celebri. Nomi dei padri, ovviamente. Si tratta di una realtà forse marginale, ma chi è cresciuto nel Pci (senza che i propri genitori ne fossero storici dirigenti) la conosce bene e forse non ha mai avuto l’occasione per raccontarla per intero: parafrasando il titolo di un altro grande libro della Sereni, si potrebbe chiamarla Comunistitudine.
La lingua di Clara Sereni è piana, essenziale, va subito al cuore delle cose, non si perde in chiacchiere inutili: nessuna sorpresa, stiamo parlando di una grande scrittrice, ma l’inganno della nostalgia era lì in agguato e con esso un altro rischio. L’autrice poteva dare per scontati fatti ed emozioni: è il pericolo dell’autofiction, oggi così di moda poiché permette di acchiappare – almeno – piccoli gruppi di lettori di riferimento. Ebbene, Clara Sereni davvero racconta i fatti capitati alla sua protagonista come se fosse altra da sé. Ossia senza tralasciare nulla: aderendo all’io narrante (ci mancherebbe!) ma non dando alcunché per scontato. Insomma: una bella lezione di letteratura.
Infine, una notazione inevitabile sul dopo. Il libro, scandito in capitoli che raccontano i fatti anno per anno, si chiude appunto con il capitolo sul 1977 poiché è allora che la protagonista lascia la casa di Via Ripetta per trasferirsi nella Roma altoborghese di Monteverde. E dopo? Immediatamente dopo c’è stata la tempesta del 1978. E poi l’Italia è cambiata in modo radicale: lavorare (di ingegno) stanca e i giovani militanti di Lotta Continua si ritrovarono dall’altra parte delle barricate (chi craxiano, chi berlusconiano). Tutti gli altri giovani più o meno intellettuali misero la testa a posto e, al più, investirono il proprio sapere nel trionfo della tv commerciale di massa. Sullo sfondo rimase il Pci, il vecchio, enigmatico Pci, a battere sul tasto della moralità che invece a tutti gli altri, frettolosamente incastrati nel benessere costruito caricando debiti sul futuro, pareva un orpello da babbioni. Deliri da soviet, al massimo! E così tra una serata in discoteca e una gita in Costa Smeralda ci siamo ritrovati berlusconiani, tutti rigorosamente vestiti in made in Italy. C’è, questo futuro, nelle pagine di Clara Sereni? Io credo di sì: e sta nella sua capacità di descrivere una grande, memorabile bolla speculativa culturale. Mettendo in realtà quel che Piketty dice con le sue tabelle inoppugnabili: il pugno di anni tra i Cinquanta e Settanta del secolo scorso, in Occidente, ha segnato un picco mai toccato prima né dopo in termini di benessere generale e di equa distribuzione di ricchezza. Sembrava che il mondo fosse destinato ad essere migliore; ma si sarebbe dovuta fare molta fatica. E, perciò, il sogno è finito presto.