A proposito di "Tulipano nero”
A lezione da Dumas
Azione, pathos, rigore storico e buoni sentimenti: alle radici del romanzo moderno c'è sempre lui, Alexandre Dumas padre. Il padre del verismo a lieto fine
Se si dice Dumas (padre) la mente va subito a I Tre moschettieri, Il Conte di Montecristo, Vent’anni dopo e Il Visconte di Bragelonne, di conseguenza ai romanzi di cappa e spada, o a qualche altro titolo dell’abbondante produzione dello scrittore francese.
Qualcuno potrebbe citare Il tulipano nero (letto nell’edizione cartacea della Sellerio del 2008, 335 pagine, 12€) che deve la sua notorietà, forse, più al cinema che ne ha prodotto diverse versioni, che al libro omonimo. Alexandre Dumas è stato, pur se tardivamente riconosciuto, uno dei più grandi autori francesi: sicuramente portò all’apice i feuilleton, o romanzi d’appendice, che all’epoca venivano pubblicati a puntate sui giornali; sviluppò inoltre il romanzo storico, come testimoniano le trame di molte delle sue opere.
Dipinto come un uomo di scarsa cultura, probabilmente perché non completò gli studi a causa delle difficoltà economiche familiari dovute alla morte del padre, fu sicuramente dotato di inventiva e acume nel capire come viravano i gusti letterari dei francesi, al punto che strutturò la sua produzione con tempi e metodi industriali per poter soddisfare la richiesta settimanale di puntate dei vari romanzi. Fu tra i primi, se non il primo, a dotarsi di una struttura di ricercatori e ghostwriter. Tra le sue tante opere, oltre cento volumi, c’è anche un Grande Dizionario di Cucina, pubblicato postumo, e I garibaldini scritto al seguito della spedizione dei Mille di Garibaldi a cui portò armi, munizioni e camicie rosse acquistate con i soldi destinati ad una sua crociera.
La Toulipe noir è sicuramente un romanzo d’amore ma anche di spionaggio, agricolo anziché industriale, condito di fatti e personaggi realmente esistiti. Reale è la passione per i tulipani degli olandesi, molti dei quali per l’esotico fiore dettero l’addio ai propri beni, talmente reale che ancor oggi l’Olanda è il paese dei tulipani e reale è la bolla economica appositamente creata per loro. Qualcuno dice che fu la prima della storia, notizie più approfondite si possono reperire nella rete. La trama si incentra nella prima parte, più storica, sui fratelli De Witt, Jan ex Gran Pensionario d’Olanda e Cornelio, nonché sulla loro triste fine, mentre sullo sfondo resta un giovane che si rivelerà fondamentale per lo sviluppo della storia e per l’Olanda stessa.
Così, mentre si conclude atrocemente la vita dei fratelli De Witt, inizia il calvario del giovane Cornelius vittima di circostanze e della perfidia del vicino di casa, casualmente anch’egli coltivatore di tulipani. L’invidia che tanti muove, agita anche il “sorcio” Isaac Boxtel che per poco non riesce a portare a termine il suo criminoso piano. La vicenda è quasi tutta ambientata in una fortezza, dove Cornelius Van Bearle, figlioccio di Cornelio De Witt, è rinchiuso insieme a tre preziosissimi bulbi del raro tulipano nero. Riuscirà a salvarli? Riuscirà a farli fiorire? Chi lo aiuterà, visto che le uniche persone con cui ha contatti sono il terribile carceriere Grifus e sua figlia Rosa, la bella frisona? E non dimenticatevi il perfido di turno, aggiungeteci un fantasmagorico premio di centomila fiorini a chi darà prova dell’esistenza dell’impossibile tulipano di colore nero e l’intrigo è servito.
No, Dumas Padre non ci fa mancare nulla: anche se a volte è un po’ prolisso, riesce a mantenere desta l’attenzione perché la narrazione è piana, non ci sono picchi né verso l’alto né in basso, non ci sono cavalli che scalpitano e lame che si incrociano. Chi non apprezzerà l’opera sarà autorizzato a dire che ci si annoia uniformemente. Venato da sottile ironia, il testo scorre tranquillamente nonostante l’ambientazione claustrofobica. E il lieto fine sicuro. Una lettura rilassante.