“Magic in The Moonlight” di Woody Allen
La magia ci salverà
Questa la morale del nuovo film del regista americano che piace agli europei, non a caso ambientato in Provenza. Con l'eccellente interpretazione di Colin Firth e Emma Stone, ci convince che anche se il mondo sembra non aver scopo ci riserva qualche sorpresa...
Arriva nelle sale come sempre in questo periodo il nuovo film di Woody Allen (dal 4 dicembre, distribuito da Warner Bros, dopo l’anteprima nazionale al Festival di Torino). Ma che distanza siderale da quel Blue Jasmine uscito nel 2013 e che ha fruttato l’Oscar alla protagonista, Cate Blanchett. Magic in The Moonlight è una commedia romantica, Blue Jasmine una storia che vive un crescendo impietoso e tragico; si svolge nei dorati anni Venti e nel patinato sud della Francia, mentre l’altro è ambientato nei nostri giorni in America; è un ghirigoro di gran classe attorno al potere dell’amore laddove la pellicola dell’altr’anno uno spaccato feroce della nevrosi contemporanea e del disamore. Ma Allen ci ha abituati all’altalena tematica: basti pensare allo spietato Match Point, per esempio, che fa a pezzi il perbenismo alto borghese, seguito dalla fantasiosa e ironica commedia Scoop. Addirittura, in un medesimo film, Melinda e Melinda, il cineasta newyorkese fa vivere alla stessa protagonista una vicenda drammatica e una comica. Insomma, a Woody piace graffiare e sognare, un film dopo l’altro, regalandoci opere non sempre allo stesso livello, tuttavia raffinate, svelte, godibili nel complesso.
Magic in The Moonlight, diciamolo subito, non è ai vertici della filmografia dell’autore di Io e Annie, ma rivela molto di lui, soprattutto la capacità di mettersi in discussione. Che cosa c’è di magico sotto la luna di Allen? C’è un illusionista perfezionista e spocchioso, un bellimbusto inglese che si nasconde sotto le spoglie del cinese Wei Ling Soo e riempie le platee ossessionate dal divertimento degli Anni Ruggenti. Stanley, così si chiama il personaggio interpretato da Colin Firth, è tanto razionale e pratico da trovare nei giochi di prestigio la molla per mettere alla berlina gli spettatori creduloni. E ha un altro pallino: smascherare i medium, che fanno trucchi senza confessarlo, al contrario del sottinteso della sua arte. Così non resiste quando il collega e amico lo prega di smascherare una ragazza americana di modeste origini, Sophie, diventata superstar nelle case più ricche della Costa Azzurra per le sue sedute spiritiche dove fa levitare le candele. Eccolo dunque Stanley in missione: si finge uomo d’affari e si fa ospitare nella dimora di un’attempata vedova che vuole mettersi in contatto col defunto marito per sapere in sostanza se lui l’ha tradita. Sophie gli si presenta con un’aureola di veggente ispirata, ancorché con gli occhi affascinanti e i cappellini graziosamente indossati da Emma Stone. Lui la strapazza ruvido all’inizio, ma pian piano resta imbrigliato dalla capacità di lei di leggere nelle vite degli altri, perfino nella sua. E dallo scherno passa all’ammirazione, alla scoperta di un modo più lieve di vivere, di una disposizione gioiosa cui si accede se si crede nell’anima, nell’aldilà, in un progetto superiore. Insomma, da burbero diventa tenero, anche con la chiaroveggente, la quale non aspetta altro, stufa delle stonate serenate alle quali la costringe il ricco spasimante figlio della vedova.
Una favola romantica, si diceva. Con situazioni improbabili, come la guarigione dell’amata zia di Stanley che si dava per spacciata e che, tornata in salute, è il deus ex machina che fa capire al prestigiatore cosa conti davvero per lui. È il momento più alto del film, nel dialogo tra zia e nipote colti in primissimo piano dalla macchina da presa. Un botta e risposta serrato, ammiccante, intelligente come solo Allen sa fare. Così come esempio di magia, del cinema in questo caso, è la scena che dà il titolo al film, quel chiaro di luna che Stanley e Sophie vedono quando si apre la cupola di un piccolo osservatorio dove si sono rifugiati per sfuggire al temporale che spazza la scogliera della Provenza. L’altra freccia nell’arco è la recitazione. Colin Firth affronta magistralmente un personaggio antipatico e bifronte, riuscendo a prenderlo in giro pur lasciandolo credibile. Insomma, il suo Stanley un po’ ci fa un po’ ci è, non crede a niente ma un pochino ci crede, come forse è Woody Allen, pragmatico nelle analisi della società, materialista e insieme affascinato dalla immaginazione (e pensi a Midnight in Paris), dai casi inaspettati della vita, dalla magia di certi destini, dal sentimento più irrazionale dell’esistenza, l’amore.
Emma Stone è una Sophie che emana luce come medium e come donna, una delizia che sta con i piedi per terra e sogna l’uomo per tutta la vita. È lei, così poco sovrastrutturata, che si prende gioco di ognuno, sullo sfondo incantato della costiera francese, splendente nella fotografia di Darius Khondji. I film di Allen restano anche per le battute, capaci di diventare topoi della storia del cinema. Una per tutte in questo film: «Tutto è fasullo, dal tavolino a tre gambe al Vaticano», sibila Stanley. Mentre tocca alla zia Vanessa, cui dà voce e volto una strepitosa Eileen Atkins, siglare la morale della pellicola e l’Allen-pensiero. «Il mondo non ha scopo ma non è del tutto privo di magia».