Gianni Cerasuolo
Fa male lo sport

No alle Olimpiadi a Roma

L'Italia si appresta a candidare Roma per le Olimpiadi del 2024. Saranno solo le Olimpiadi delle procure: vinceranno corruzione e spreco. Inevitabilmente. Ecco perché noi diciamo di no

Ci sarà lavoro assicurato per molte Procure, se le Olimpiadi del 2024 dovessero svolgersi a Roma. Non c’è bisogno di essere iscritto all’albo dei gufi, per fare una previsione del genere. Perché se fosse vero il contrario, vorrebbe dire che in dieci anni, quanti ne mancano da qui al 2024, questo Paese avrà compiuto la più grande delle rivoluzioni facendo prevalere l’onestà e il bene pubblico sulla corruzione e il malgoverno.

Il Coni si appresta ad annunciare a metà dicembre la candidatura della capitale. Non pare ci siano più dubbi. Quello che Mario Monti aveva rifiutato di fare qualche anno fa, per l’edizione 2020 dei Giochi, verrà benedetto da Matteo Renzi che avrà modo di gasarsi su un altro annuncio: Roma candidata in pole position alle Olimpiadi, dopo Rio e Tokyo. Si aspetta di capire meglio i criteri che il Cio stabilirà nelle riunioni degli inizi di dicembre per mettere a punto il piano economico. E poi via con il tourbillon di slogan. Uno è già stato coniato: nessun progetto è troppo grande per l’Italia. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò è lì che freme, deve pur dare qualche segnale del suo governo dello sport italiano, e lavora di sponda con Palazzo Chigi: don Giovanni è fatto della stessa pasta del giovane fiorentino Matteo. Forse solo un aplomb maggiore per età ed esperienza. Don Giovanni, l’amico di tutti, il piacione dei circoli sul Tevere, il vitellone dei Parioli.

In qualsiasi altro Paese, un avvenimento come le Olimpiadi potrebbero stimolare ottimismo e voglia di fare, favorire investimenti e occupazione, esposizione mediatica favorevole, rilancio turistico. Qui riesce difficile pensare a scenari positivi.  Non è questione ideologica. Non si tratta di fare come gli insopportabili intellettuali radical chic, quelli del «tutti a Capalbio» durante i mondiali di calcio del ’90, né di abbracciare le tesi del nuovo fascismo di Matteo Salvini. E non per colpa dell’Italia.

Le grandi manifestazioni sportive hanno mostrato anche altrove i loro affanni. Ci sono cattedrali nel deserto non solo a Torino, come dice il leader della Lega, ma ovunque nel mondo ci siano stati Giochi, mondiali di calcio, Olimpiadi invernali. E i costi hanno raggiunto livelli tali che nessuno riesce più a farvi fronte. La Grecia continua a piangere. Il Brasile sta facendo i salti mortali per far fronte all’impegno del 2016, non fosse bastata già la rassegna pallonara dell’estate scorsa.

L’Italia ha impianti vecchi. Gli stessi stadi rifatti nel ’90 sono da buttare nel cesso perché progettati male oppure tenuti male nel corso di questi anni. Oppure sono inadeguati. Non parliamo di palazzi e palazzetti, tranne qualche eccezione. Quanti altri stadi dovremmo costruire, quanti altri palazzetti, a Roma o altrove? È proprio questo che serve al rilancio del Paese? È questo che serve ai nostri territori martoriati? E quanto costerà alla comunità tutto questo? E come non pensare che l’Internazionale del crimine, di cui siamo membri fondatori, non si stia già fregando le mani perché così arrivano altri grandi affari?

Viva le Olimpiadi e viva le Olimpiadi a Roma. A una condizione: che siano spartane, senza sbrilluccichìo, senza lustrini e paillettes, evitando roba inutile, tagliando le mani a chi si azzarda a rubare, costruendo poche cose che poi possano servire alla gente, ai bambini, ai nostri nipotini. Che siano tolte di mano al Coni, che troppo ha speculato in queste circostanze, e affidate ad un comitato internazionali di garanti, al di sopra di ogni sospetto: sportivi onesti e capaci, intellettuali, architetti fuori da ogni lobby, magistrati anticlan. E pochi manager da far mangiare. Ecco queste potrebbero essere le più belle Olimpiadi. Ma avranno luogo soltanto sul pianeta Utopia. E non a Roma.

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