Anna Camaiti Hostert
Lettera dagli Usa

Invisibili d’America

A Ferguson la polizia continua a caricare i neri. Ma il vero nocciolo dello scontro non è solo il razzismo, bensì la diseguaglianza sociale: il nuovo morbo (razziale) dell'Occidente

«Shoot me, kill me now» (Sparatemi, ammazzatemi ora!). Gridava rabbiosamente e in modo provocatorio il giovane armato di un coltello, dirigendosi verso le forze dell’ordine, dopo avere rubato in un piccolo negozio di quartiere un energy drink e delle paste. E i due agenti di polizia verso i quali si stava incamminando hanno esaudito la sua richiesta: lo hanno immediatamente freddato. Non è la scena di un film western, ma quello che è accaduto a St. Louis, a pochi chilometri da Ferguson nel Missouri dove alcuni giorni fa è stato ucciso, sempre dalla polizia, il diciottenne nero Michael Brown. Così per pochi dollari, senza un motivo vero, un’altra giovane vita, di nuovo quella di un nero di 25 anni, Kajieme Powell, è stata spezzata. E nonostante il capo della polizia locale, Sam Dotson parlando ai giornalisti accorsi sulla scena dell’incidente abbia cercato di giustificare l’atteggiamento dei suoi affermando che si erano sentiti minacciati dal coltello del giovane, al momento si teme che i disordini si possano allargare alla città del Midwest. Anche se i rappresentati della comunità nera di St. Louis hanno subito cercato di spegnere la rabbia nera affermando che, mentre a Ferguson la popolazione non si è sentita rappresentata da nessuno ed è stanca di una polizia prevaricatrice e razzista, in questa città invece proprio loro si faranno carico della giustizia che spetta a chi viene falciato inutilmente a 25 anni.

ferguson2Tuttavia in questi giorni a Ferguson il governatore del Missouri ha dichiarato il coprifuoco e ci sono stati disordini con scontri che hanno fatto dire al nuovo capo della polizia, il nero Johnson, che la colpa di tutta questa violenza è dovuta a quei pochi facinorosi che hanno gettato bombe molotov inquinando pacifiche dimostrazioni, creando il caos e un’escalation della violenza. E il governatore ha pensato bene anche di chiamare la guardia nazionale, una cosa che rinfocola memorie del passato e che autorizza qualcuno a dire che adesso siamo allo stesso punto di prima della legge sui diritti civili.

Evidentemente questi disordini vanno al di là del rapporto tra una cittadinanza in maggioranza nera che non si sente tutelata e una polizia troppo armata e molto spesso con forti pregiudizi razziali. Riguarda infatti la condizione dei neri in questo paese. Abbiamo ricordato proprio nei giorni scorsi (clicca qui per leggere l’articolo) come non sia possibile dimenticare i passi in avanti compiuti dai movimenti per i diritti civili e le lotte che i suoi militanti hanno combattuto dagli anni 60’ in poi. Cioè come abbiano trasformato il volto dell’America e della sua democrazia. Qualcosa che ha restituito dignità alla minoranza nera di tutto il paese piegata sotto il peso di una discriminazione violenta e oltremodo pesante. E che ha permesso oggi di avere un presidente nero. Qualcosa che ai miei occhi si fissa in un’immagine specifica: il primo piano di una fotografia che immortala il volto segnato dalle lacrime di un vecchio leone dei diritti civili come il reverendo Jessie Jackson all’annuncio ufficiale, a Chicago, dell’elezione di Obama a presidente degli Stati Uniti. L’immagine di quel volto noto che nell’anonimato della folla piange di intensa commozione è per me l’emblema di cosa abbia significato per intere generazioni di neri vedere un loro rappresentante sedere sullo scranno che è appartenuto a George Washington. Cioè a uno dei padri fondatori di un paese che in grandi numeri i neri sentono profondamente come loro.

Perché effettivamente lo è, molto di più di quanto lo sia di certi bianchi. È questo che in  Europa non si riesce bene a comprendere. Cioè che nonostante le nefandezze che nei loro confronti questo paese ha perpetrato, la maggioranza dei neri continui ad amarlo cercando di far crescere una democrazia che si è formata anche sulla loro pelle e che ha certamente molte ombre dalla sua. Come quella di non avere eliminato il fantasma viscerale del razzismo che è sempre pronto dietro ogni angolo a riemergere e a riallungare i suoi tentacoli nella società civile. Ma quali sono oggi le forme con cui si manifesta? Per rimanere ai fatti gravi di questi giorni ad esempio è proprio analizzando la narrativa di una polizia che ha il grilletto troppo facile che si hanno alcune risposte. Così uno degli elementi fondamentali del razzismo odierno è l’invisibilità dei neri. Come può una società aspettarsi che la polizia tenga afroamericani disoccupati, senza istruzione e poveri fuori dalla vista e dalla mente pubbliche? Quando improvvisamente occupano la scena illuminata dai flash e dalle fiamme delle molotov tutti sono sorpresi. Come se apparissero dei fantasmi.

ferguson1La storia di questi giorni e il modo in cui viene raccontata, specie da parte della polizia, ce li presentano come coloro che sono pronti ad infrangere la legge sull’onda di quei pochi che gettano le bombe molotov. La polizia chiede dunque ai cosiddetti provocatori di mostrarsi di giorno e di confrontarsi con i metodi pacifici e democratici delle manifestazioni. Ma se si è invisibili e non si conta niente, perché mai ci si dovrebbe mostrare di giorno, semplicemente per essere freddati in mezzo alla strada? E seppure si può dire che c’è stato un progresso sul piano razziale (oggi esistono conquiste che sarebbero state inimmaginabili  quando ad Harlem nel 1964 esplosero i disordini dopo l’uccisione di un ragazzino quindicenne) questo apparentemente non fa differenza per quei giovani che oggi tengono sotto assedio Ferguson. Perché i tremendi successi di molti afroamericani non solo hanno lasciato molti altri indietro, ma hanno reso la situazione più complessa e ingarbugliata rispetto a cinquanta anni fa. Rimangono infatti da superare altri ostacoli di natura economica che non hanno ragione di esistere in un paese dove sono date pari opportunità ai bianchi e ai neri.

Invece si sono esasperate le differenze di classe. Rispetto ai milioni di neri che hanno colto le opportunità che si sono aperte dopo le lotte per i diritti civili per divenire classe media ed in alcuni casi anche di più’, come è accaduto al Presidente Obama o al Ministro della Giustizia Eric Holder, ce ne sono altrettanti che vivono in povertà e senza speranza. Le differenze di classe sono il vero grande pericolo che alimenta il razzismo in questo paese. Per milioni di neri questo significa vivere in quartieri degradati, in balia delle gang, con strutture scolastiche di serie B e convivere con livelli di indigenza e disoccupazione altissimi. Da cui è difficilissimo uscire indenni. I giovani che vivono in questa condizione hanno molte più probabilità di essere arrestati e incarcerati per reati minori, tipo il possesso di droga, rispetto ai bianchi che commettono gli stessi crimini. Ed è proprio questa parte dei neri che diviene invisibile agli occhi dell’opinione pubblica e dei mezzi di comunicazione di massa che non insistono abbastanza su questi temi.

Quello che accade in questi quartieri ghettizzati con pochissimi servizi è sempre più distante dai problemi della classe media, nera o bianca che sia. E fa affogare sempre di più nella disperazione chi ci vive. In queste sacche di emarginazione e di povertà che sono in tutto il paese vivono milioni di giovani neri che crescono sapendo bene che non ce la faranno mai. Ma Michael Brown tentava di uscirne. A differenza di altri non aveva precedenti penali e stava per andare al college, cosa non facile considerato l’ambiente da dove veniva e da dove si può uscire in condizioni molto peggiori delle sue. Brown aveva compiuto enormi passi avanti e nonostante tutto è stato ammazzato. Così solo adesso che le strade, illuminate dalle molotov, sono piene di rabbia, anche se la violenza va fortemente condannata, siamo in grado di vedere contro cosa lottava questo giovane. Almeno momentaneamente. Dopo che il fumo e le fiamme dei disordini si saranno dispersi e lo sdegno per la sua morte sarà sopito, saremo ciechi di nuovo mentre queste giovani vite continueranno a consumarsi. E ritorneranno ad essere invisibili dietro una povertà che produce disperazione e rabbia e che non farà altro che incoraggiare il razzismo più strisciante.

Facebooktwitterlinkedin