Da giugno la stagione estiva di Santa Cecilia
Ode a Borromini
In anteprima italiana, una sinfonia di sir Peter Maxwell Davies, fortemente voluta da Pappano, dedicata al Genio del barocco romano e alla sua tormentata vicenda capitolina. In programma anche Respighi e la “Missa Papae Francisci” composta da Ennio Morricone Mm
Sir Antonio Pappano, direttore musicale dell’Accademia di Santa Cecilia dal 2005, è un beniamino della Capitale. A ragione, perché ha fatto dell’Orchestra ceciliana un’eccellenza che il mondo ci invidia, tanto che viene invitata in tournée internazionali, fino nelle lontane Cina e Giappone, come avverrà nel prossimo autunno. La “romanità” acquisita di Pappano ben si sposa con quella del romanissimo Bruno Cagli, che Santa Cecilia presiede. Il sentimento Spqr (ravvivato dall’orgoglio di portare l’istituzione di casa all’auditorium di Renzo Piano per il nono anno in pareggio) troverà conferma in una primizia incastonata nel programma estivo di Santa Cecilia, che comincerà il 21 giugno, solstizio d’estate, nella michelangiolesca piazza del Campidoglio, con le Danze Polovesiane di Borodin e la Sinfonia n. 5 di Caikovskij dirette dal russo Kochanovsky.
L’omaggio alla città eterna di cui si diceva, il 27 giugno con Pappano sul podio al Parco della Musica, si raggrumerà attorno alle rinfrescanti note di Ottorino Respighi nelle Fontane e Pini di Roma e in una sinfonia mai sentita nel Bel Paese e davvero speciale. L’ha composta un inglese che incanta Pappano (l’ha diretta lo scorso febbraio al Barbican di Londra con la London Symphony Orchestra), sir Peter Maxwell Davies. Che l’ha intitolata Alla ricerca di Borromini, perché l’architetto ticinese ne è ispiratore e protagonista, in un’altalena di note che ripercorre, come in un dramma, le sue vicissitudini capitoline. Dice sir Antonio: «È musica che rapisce nei suoi quattro movimenti. Il massimo artista del barocco romano vi si muove insieme con il suo rivale, Gian Lorenzo Bernini. Nella prima parte l’antagonismo e il rifiuto che il ticinese percepisce nella città dei Papi si traduce in note colme di tristezza. Nella seconda parte si increspano le dramatis personae. Montano le accuse contro Borromini, tratte da documenti contenenti rilievi contro di lui. Le voci del coro (l’eccellente coro dell’Accademia, diretto da Ciro Visco) montano aggressive e lo apostrofano: sei contro la Natura se ti confrontiamo con il Bernini, non sei artista ma solo un artigiano, peggio un operaio. Il divo Gian Lorenzo emerge nel timbro del tenore: è lui il visionario». Continua il direttore di Santa Cecilia, muovendo la mano, quasi impaziente di impugnare la bacchetta: «Borromini allora reagisce. Ordina forsennato alle proprie maestranze: fate questo, fate quest’altro, in una lotta titanica dell’ingegno, avverso ai detrattori spesso pilotati come in un partito». Qui la musica si fa forte della ricerca storiografica: ingloba alcune parti di un sonetto dedicato all’architetto contestato da un poeta anonimo del XVII secolo e gli affianca estratti dell’Opus Architectonicum del Borromini stesso.
«Nel terzo movimento è come se l’autore dell’Oratorio dei Filippini ripercorresse uno per uno i rilievi mossigli. Ma incombe il tragico epilogo che riempie l’ultima parte, nella quale Maxwell Davies ha inserito stralci di poesie di Giacomo Leopardi. Borromini si suicida, la voce di un baritono rivela, come in una lettera scritta dall’artista, come ha affondato la spada nel proprio corpo. Il riscatto postumo viene dal Coro: non è più portavoce incattivito degli avversari. Invece intona i nomi di tutte le chiese che il ticinese ha costruito a Roma. Un catalogo a gloria sua e della Capitale. Proprio per questo il Coro canta in italiano, la lingua originale usata da Maxwell Davies». Del resto questa Sinfonia n.10 è stata commissionata al compositore britannico proprio dall’Orchestra di Santa Cecilia, insieme con la Cajkovskij Symphony Orchestra e la London Symphony Orchestra.
L’altro inedito della lunga estate ceciliana è ancora a marchio romano. Il premio Oscar Ennio Morricone il 12 settembre dirigerà nella Chiesa del Gesù, in prima esecuzione mondiale, la sua Missa Papae Francisci. L’occasione, spiega Bruno Cagli, «è il duecentesimo anniversario della ricostituzione della Compagnia di Gesù, soppresso nel 1773 da papa Clemente XIV. Una iattura non solo in campo religioso ma in quello culturale. Ne troviamo un esempio nella biografia di Rossini. Al gesuita che lo istruiva si sostituì giocoforza un ignorante pretonzolo. Ne derivò che l’autore del Barbiere era un asino, linguisticamente parlando. Da grande continuava a scrivere, per esempio, l’itagliano…Non per niente, il componimento di Morricone è in latino. Come le Missae dei grandi autori e senza concessioni populistiche al troppo facile, che qualcuno, anche tra i prelati, avrebbe preferito». Roma ringrazia: Maxwell Davies, sir Pappano e Morricone.