Teresa Maresca
Alla Pinacoteca di Brera

Il teatro di Bellini

Sette dipinti del grande veneziano del Quattrocento aprono uno squarcio sul rapporto tra arte e verità: Bellini teatralizza l’idea di Cristo-Dio e dunque lo rende, per la prima volta nella storia, davvero uomo

A Milano, alla Pinacoteca di Brera (fino al 13 luglio) c’è una grande mostra senza visitatori: andate a vedere le Deposizioni di Cristo di Giovanni Bellini, in totale sette dipinti di un grande pittore, nato tra l’arte bizantina e capace di entrare in pieno rinascimento, sfondando i limiti dell’una e dell’altro.

Veneziano, (1430-1516) ammiratore di Piero della Francesca, cognato di Andrea Mantegna, amico di Antonello da Messina; da Piero deriva la prospettiva raffinata e verticale, da Mantegna la mobilità dei caratteri, da Antonello la stupefacente verosimiglianza dei volti perfetti. Ma, in più, troviamo riunite ed esaltate le caratteristiche di Piero e di Antonello, perché, essenzialmente, Bellini è pittore del dubbio, della pietà, del compianto per la vita perduta, del ricordo del dolore subìto, in una parola della complessità e della ricchezza dell’anima, che sia di Dio, di un angelo o di un uomo. Infatti, quando Bellini  incontrerà i giovani Giorgione e Tiziano, avrà già fatto quello che questi si apprestano a fare.

giovanni bellini2Provo a raccontare qualcuna di queste Deposizioni come se fossero fermo-immagini di un film, o quadri viventi per un teatro devozionale. Nel Cristo in pietà sorretto da angeli, del 1470, i quattro angeli sono bellissimi bambini. Uno gli guarda le spalle, uno lo sorregge da sotto l’ascella, un altro gli solleva  il braccio e la mano sinistra, e guarda la ferita rossa del chiodo, da vicino, con uno sguardo di dolore infantile, senza lacrime e senza smorfie, ma insostenibile. Per i bambini la morte è scandalosa, innaturale,  non vi si rassegnano e non c’è modo di spiegare, proprio come dice l’espressione dei quattro angeli bambini.

Nella Madonna col bambino in trono, del 1475-1478, la Madonna è seduta avvolta nel manto blu che man mano, scendendo verso il basso, diventa nero. Il Bambino, che le dorme sulle ginocchia, è molto lontano dal corpo della Madre, molto lontano dalle sue mani.  Ha la testa riversa e un braccio abbandonato, ed è molto pallido.  Sul manto nero, sembra già morto, sembra la premonizione della sua propria deposizione, e infatti lei non lo guarda, e non sorride, come se già sapesse.

L’Imbalsamazione di Cristo, del 1475,  è quasi una tela espressionista, se non fosse per la costruzione circolare, caravaggesca: Cristo sembra vivo, quasi seduto sulle sue reni, mentre le  mani dei tre personaggi che lo circondano si uniscono alle sue, chiudendo  il cerchio in questo  desiderio di toccarlo, aiutarlo, sostenerlo, riportarlo in vita.

pietàMa la più sconvolgente è la Pietà, del 1460, in cui Giovanni, alla destra del dipinto, volta la testa come per incapacità di sopportare la scena che si svolge accanto a lui: la Madre , dalla parte opposta del quadro, accosta la testa a quella del Cristo, che è in mezzo a loro. Le loro due bocche sono aperte, e vicinissime, ed è come se lei volesse rianimarlo col suo fiato. Sembra un’interpretazione fuori dai canoni teologici, come se la Madre lottasse contro il disegno divino della morte del Figlio, tentando di sottrarlo alla perdita, volendo ridargli vita. Il dolore è insostenibile, e non solo per Giovanni, ma anche per noi che guardiamo.

Bellini teatralizza l’idea di Cristo-Dio e dunque lo rende, per la prima volta nella storia dell’arte, davvero uomo. Tutto è composto in queste opere, non ci sono urla né strazio, il fatto è compiuto, ma la stupefacente modernità di Bellini consiste proprio in questo, che i protagonisti sono testimoni di  un pathos interno, che introduce la storia nella vicenda: il dolore si esprime ormai solo con gli occhi, e i corpi vi si sono abbandonati. Proprio come sarà nella Pietà marmorea di Michelangelo, dove l’abbandono della vita del Figlio corrisponde all’abbandonarsi al dolore della Madre. E’ il dolore come avviene tra gli uomini, come tante volte abbiamo visto nelle fotografie dei reportage di guerra,  più antiche o recenti. Per la Resurrezione ci sarà un altro tempo.

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