Analisi di un rito di protesta
Capitale ambientale
Storia di una manifestazione contro una cava di tufo a Chiaiano, vicino Napoli. Le facce, gli slogan, la rabbia. E le speranze fallite, come un canto senza più voce
«C’rè? Stat’ jenne à manifestazione signora? C’ stanno accrenno, è o’ vero?», mi domanda un uomo grosso, sulla cinquantina. Gli occhi provocatori in attesa di una mia facile risposta. Sorrido annuendo con il capo e continuo a fotografare la baracca prossima alla Rotonda Titanic a Marano di Napoli. Una scritta a caratteri cubitali: «Presidio permanente antidiscarica» e disegnata una bilancia con sacchi di danaro da una parte e teschi umani dall’altra. In mezzo un uomo in giacca e cravatta rimanda allo Zio Sam americano. Il simbolo del Movimento civico Jatevenne è un albero arrabbiato, lo stesso che è accanto al presidio: un alto albero dal fusto massiccio e dalle radici grosse e serpeggianti.
Il corteo partirà dalla Stazione Metro di Chiaiano e attraverserà Via Santa Maria a Cubito, un paio di chilometri fino alla Rotonda, anche questa simbolo delle lotte contro il biocidio e l’apertura della discarica nella Cava del Poligono in Via Cupa del Cane nel 2008. Oggi, ventinove Marzo 2014, i cittadini si oppongono all’apertura di una ulteriore nella Cava di tufo Zara, sempre molto vicina a quella precedente.
Cammino lungo lo stradone insieme a mia madre per raggiungere il punto d’incontro da cui partirà la marcia. L’Hotel Bolero, luogo di passione a ore per le coppiette del sabato sera, ha cambiato di nuovo colore, adesso è di un fucsia acceso. Lounge bar dagli arredamenti barocchi e caffetterie con sale da The, dove la T sta per Tabacchi, quelli che vendono sottobanco. Dalle cave verdi che costeggiano il marciapiede spuntano grandi strutture per i cartelloni pubblicitari e la vegetazione è nascosta dai resti dei vecchi manifesti che hanno lasciato spazio ai nuovi. Qualche camionetta della polizia e gli agenti che iniziano a bloccare il traffico e deviare le auto in percorsi alternativi. Una Ferrari nera e lucida sfreccia tuonando.
«Scusa sai se il corteo è già partito?», chiedo a una ragazza che viene dal lato opposto. Mi fa sì con la testa mentre a passo svelto va via. Dopo qualche minuto le parole di Bella Ciao escono dal pulmino bianco, seguito da migliaia di persone con bandiere e cartelli slegati da credo politici, ma tutti inerenti alla sola questione ambientale. Centri sociali, comitati civici, piccole parrocchie, provenienti da diversi quartieri a Nord di Napoli come Giugliano, Villaricca, Mugnano. Una gigantesca folla pacifica in marcia per la tutela dei propri diritti. Di fianco al camioncino c’è Egidio Giordano, esponente della Rete Commons. Presente tra le persone anche Giovanni Porcelli sindaco di Mugnano, Angelo Riccardo, primo cittadino di Marano, Salvatore Micillo, parlamentare del Movimento Cinque Stelle. Cori e canzoni: La gente come noi non molla mai, Curre curre guagliò dei 99 posse, Ti lamenti… ma che ti lamenti? Pigghia lu bastuni e tira fora li denti, poesia siciliana riadattata da Roy Paci. Qualche commento sulla presenza di piccoli gruppi religiosi.«Ma lo sanno questi che la discarica in Via Cupa del cane è della Chiesa? E le danno pure Novecentomila Euro l’anno! Se si fosse rifiutata, col cazzo che la facevano!», esclama una delle donne storiche del movimento Jatevenne. Ma c’è anche chi dice che finalmente anche la Chiesa ha capito.
Sfilano in tremila circa. Si era invitato a non esporre simboli politici o religiosi sottolineando che la manifestazione sarebbe stata laica. Un uomo del Comitato civico di Mugnano è travestito da prete con una corona d’alloro in testa e una campana a mo’ d’annunciazione della buona novella. Appresso, un ragazzone con una croce fatta con due rami a lutto. Le Mamme Vulcaniche con un lungo striscione e vestite di rosso. Poi il movimento dei Precari Bros di Napoli e Le agende rosse, associazione nata dalla famiglia Borsellino. In alto alcune bandiere con falce e forchetta con su scritto Eat the rich e uno slogan dice: Devastazione ambientale: il problema è il Capitale.
Supero i manifestanti per aspettarli alla Rotonda Titanic ma non sono l’unica, è presente un altro migliaio di persone. Un vecchio è già posizionato a prua della piccola nave sulla Rotonda. Salgo anch’io per riuscire a vedere meglio tutto il corteo. È pomeriggio inoltrato. I tramonti napoletani sono da copertine di album. La luce rossa si mischia alle cose, contorna le ombre per poi scomparire dietro ai palazzotti. Il grande striscione «Chaiano resiste, Jatevenne» si avvicina e ora posso vedere che si è davvero in tantissimi: è la prima che qui, in questo territorio, ci sono così tante persone. Le finestre, i balconi sono vuoti. Le luci delle case sono spente. Con mia madre decidiamo di andare alla discarica prima che faccia buio. Salutiamo Serena Kaiser, una delle promotrici del Movimento e saliamo in auto. Percorriamo gli stretti tornanti isolati di Via Cupa del Cane fiancheggiati da un verde vivo che si dilata per chilometri tutt’intorno. Due cani gemelli di taglia grossa rompono la quiete e ci inseguono per qualche metro ringhiando, tentando di mordere le ruote della macchina. Siamo vicini al primo ingresso che hanno sbarrato. Proseguiamo e l’entrata principale è sorvegliata da due camionette delle polizia e qualche auto. Chiediamo di fare qualche foto alla discarica ma dicono che non possiamo entrare. Andiamo via e mentre ripercorriamo la strada riusciamo a vedere la cima dell’iceberg. Tra gli alberi, piante, vegetazione selvaggia spunta altissimo un telone azzurro che copre l’immensa montagna di monnezza. Nell’aria un puzzo acre e intenso mi costringe a risalire e tener chiusi i finestrini per tornare a casa di mia madre ma farò presto, dista solo cinque minuti.