In mostra alla Gnam di Roma
Creativi al quadrato
Da Dorazio a Mastroianni, da Carla Accardi a Tàpies, da Sartoris a Turcato: così ventisette artisti hanno interpretato il logo di “Mass Media”, il bimestrale diretto da Gino Agnese, dedicato negli anni 80 e 90 ai modi e alle novità della comunicazione
«Caro Maestro Tàpies, lo spazio utile per la copertina di Mass Media è di cm. 15,5 per 15,5 ma il suo disegno può essere naturalmente un po’ più grande o un po’ più piccolo, come lei vuole. Il tema è quello del quadrato…». Così Gino Agnese, in qualità di direttore della rivista Mass Media, edita da Capone dal 1982, scriveva appunto al pittore catalano nell’autunno del 1995, penultimo anno di pubblicazione del bimensile dedicato ai modi e alle novità della comunicazione, dalla tv agli altri media, nei rampanti anni Ottanta e nei primi, problematici, Novanta.
Agnese – giornalista, saggista, studioso del Futurismo e poi, dal 2000 al 2011 presidente della Quadriennale di Roma – aveva lanciato il gioco delle copertine d’autore in occasione del decennale del periodico, nel 1992. Bisognava festeggiare il traguardo, e il restyling, affidato a Bruno Munari, doveva ovviamente includere la copertina, che per due lustri aveva sinteticamente inscritto in un quadrato – mutato a ogni uscita solo nel colore – il sommario di ciascun numero. Agnese lanciò la richiesta di un bozzetto a Piero Dorazio, il quale generosamente rispose inviandone in dono non uno solo, ma tre. Ovvio che non si poteva sciupare tanta grazia e così il direttore-fondatore di Mass Media cominciò a estendere l’invito ad altri artisti, alcuni illustri collaboratori della rivista, altri legati a lui da amicizia, consuetudine, stima. La risposta fu sempre generosa, sicché Mass Media sciorinò a ogni numero un’opera d’arte in copertina, un inedito d’autore.
Ora 42 opere escono dalla collezione di Agnese e si mostrano fino al 2 giugno alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna in una mostra intrigante, Ventisette artisti e una rivista, curata da Mariastella Margozzi, elegante catalogo De Luca. Una piccola, preziosa rassegna che assolve al compito precipuo che dovrebbe avere ogni esposizione, mostrare l’inedito o quanto meno il poco visto. Ecco così allineate a gruppi simmetrici sulla lunga parete bianca del museo di Valle Giulia le “esercitazioni” sul tema del quadrato affrontate, dopo Dorazio, da futuristi del secondo e terzo periodo come Delle Site, Sartoris, Carla Prina, da informali come Burri, da astrattisti come Mastroianni, e via elencando con prove di Noland e Turcato, di Carla Accardi e Achille Perilli, e poi Tàpies, Carlos Cruz Dies, Emil Schumacher, Guido Strazza, Daniet Rothbart, Guido La Regina, Eduardo Palumbo…
Il quadrato – assunto a logo di Mass Media – diventa così croce e delizia. Impone la razionalità della forma, l’equilibrio, gli angoli retti. Una figura geometrica e insieme esoterica, nota Mariastella Margozzi. Simbolo e limite, elemento rilanciato dalla prospettiva umanistica e che ha esercitato sempre fascinazione nell’arte. E però dei ventisette stuzzicati da Agnese pochi ubbidiscono. Carlo Belli, maestro dell’Astrattismo milanese, forza la figura e vi inserisce due rettangoli e un triangolo. Noland inscrive nel quadrato un cerchio rutilante di colori, che oppone alla fissità del “tema” il movimento di una sorta di ruota; Umberto Mastroianni fa esplodere il quadrato con linee curve ed espressionisticamente nere; Consagra riempie lo spazio dato con un elemento orizzontale e impositivo, Turcato vi fa fiorire dentro elementi fluttuanti come foglie, Burri se ne infischia e crea un rettangolo nero.
Rimandi, dispetti, ribellioni. Immagini sinuose come le onde colorate di Dorazio. Riflessioni su teoremi geometrici come propone Veronesi. Digradazioni di quadrati incardinati l’un l’altro sperimentate da Oscar Reutersvard. Un’antologia di opere, insomma, che fanno filosofia. Contornate dall’hic et nunc dei documenti svelati da Agnese. Fotografie, lettere, confessioni, preghiere affidate alla corrispondenza dell’artista col committente. Gli scrive per esempio Mastroianni: «Caro Gino, ho bisogno di sentire la tua voce! Ti invio alcuni miei scritti – sono stati scritti sotto l’imperversare dei miei tempi perduti! Non ho più tempo per leggerli, sono nati in pochi minuti come i miei disegni. Non so neanche come la furia del mio lavoro mi concede questi momenti di relax…». Nell’era della comunicazione declinata in inaspettati esiti (un numero di Mass Media fu dedicato al “Papa che viaggia”, la rivoluzione di Giovanni Paolo II), lo sfogo privato dell’artista si ammanta di umanità tanto sincera quanto disarmante. Così come sotto il diktat perfezionista del quadrato, i ventisette prodi riescono eticamente a comunicare ragione e sentimento.