Debutta “Sarà Giorno“
Gianrico Tedeschi re
Siamo tutti aperti al nuovo teatro, ma non dobbiamo dimenticare i grandi maestri. Gianrico Tedeschi è uno di questi, forse l'ultimo... E a novantatré anni è ancora in scena con la sua classe e la sua modernità
In un’epoca come la nostra, fatta di presentismo disperato e esasperato e di un giovanilismo rivendicato o negato, in cui tutti – non escluso chi scrive – sentono il bisogno di un “ricambio” generazionale, fatto o meno di rottamazioni, bisogna però fermarsi e considerare, almeno per il teatro, anche da una prospettiva diversa, il tempo. Il tempo come persistenza e forse anacronismo, il tempo come durata (fu Peter Handke a scrivere un sublime Canto alla durata), il tempo come sapienza accumulata, come saperi che si conservano.
Siamo tutti anticonservatori, ma appena a tavola si apre la “conserva” fatta in casa siamo felici. Siamo tutti progressisti, ma quando perdiamo certe tradizioni, ci rendiamo conto che dei mondi interi rischiano di scomparire. Allora fermiamoci un istante: e guardiamo. Guardiamo alla vita e all’arte di certi maestri. Come si muovono, come usano le mani, come stanno fermi con i piedi, i toni della voce, le controscene, quella capacità di attraversare codici, metodi, stili: il corpo dell’attore è, esso stesso, opera d’arte, sapienza, magistero acquisito nel tempo. Non a caso, in Giappone, si sono inventati la categoria dell’Opera d’arte vivente: per rispettare e tutelare quegli artisti, che nella loro biografia, nella loro intera vita, incarnano un “sapere”, un’arte appunto.
Sono essi stessi opere, ma non monumentali: per l’appunto viventi, vive in quanto costantemente in divenire, ossia mutabili, sempre diverse, capaci di oscillare tra memoria e scoperta, tra tradizione e innovazione. Paladini non solo del passato di cui sono alfieri, ma anche di un presente costantemente indagato con curiosità, questi artisti non esitano a mettersi in discussione, a cambiarsi, a rinnovarsi anche più, a volte, di quanti fanno dell’innovazione e della ricerca il proprio credo.
Dunque voglio salutare con grande gioia un debutto particolare. Al teatro Coccia di Novara (dal 9), e poi a Roma alla sala Umberto (dal 19) va in scena una di queste “Opere d’arte viventi”, ossia quel distinto galantuomo e grande attore che risponde al nome di Gianrico Tedeschi. Che sia uno straordinario interprete, non sta certo a me dirlo: lo ha dimostrato sempre, spettacolo dopo spettacolo, e da ultimo lavorando con Luca Ronconi (e vinse l’Ubu 2011 per La compagnia degli uomini, di Bond). Nato nel 1920 – vale la pena ricordarlo – ha sempre messo quella sua disincantata e feroce ironia nei personaggi, ha saputo sfondare barriere e codici espressivi, mantenendo in sé una riconoscibilità che non si è mai fissata in una maschera stantia. Eppure quel suo volto elegante, quella sua voce sempre riconoscibile, quel suo modo di attraversare ruoli e personaggi rimanendo se stesso, ha fatto sì che Tedeschi sia comunque un fulcro, un cardine del nostro teatro. Lui, appartato, autoironico e garbato come è sempre stato, sicuramente rifiuterebbe tale fardello: portarsi il teatro italiano sulle spalle, ma per carità! Non credo si metterebbe a dirigere teatri, alla sua età. Però è certo che Tedeschi, e con lui altri “giganti”, sia – comunque – testimone di una storia, di un mondo, di un modo tutto italiano di fare e vivere quel sublime “teatro all’antica italiana” che ancora fa scuola.
Ora, l’attore si cimenta con un testo di drammaturgia contemporanea: Sarà Giorno, commedia scritta da Rosa Menduni e Roberto De Giorgi, con la regia di Piero Maccarinelli. È la storia di un incontro-scontro politico e generazionale: un ex partigiano, eroe di guerra, alle prese con un giovane fascistello delle borgate romane (interpretato dal bravo Alberto Onofrietti). Tra loro, poi si insinuerà la figlia dell’uomo, donna medico dal passato terrorista (Marianella Laszlo). Vedremo lo spettacolo, certo: ma, al di là dell’esito scenico, che valuteremo, non possiamo non tributare un caloroso omaggio per l’ennesimo debutto del novantatreenne Gianrico Tedeschi. Lo immaginiamo emozionato e spaventato, come tutti i giovani attori.