Fantasy: il romanzo di Laura Gallego Garcìa
Il Grande bosco parla
In “Lì dove cantano gli alberi” l'autrice catalana lancia quasi una sfida al lettore: acuire i propri sensi per percepire il significato delle cose e della natura. Anche accettando ciò che di oscuro e strano si nasconde a una comprensione immediata
L’inarrestabile successo dei romanzi fantasy è dovuto anche all’apertura di nuove prospettive rispetto alla realtà quotidiana che mettono in rilievo la crudeltà degli esseri umani pari a quella di certe creature fantastiche appartenenti al “popolo della notte”, capaci di trasformare in sofferenza tutto ciò che di nobile e giusto anima l’universo. Ha scritto Clive Staples Lewis, l’autore de Le Cronache di Narnia (Mondadori): «Mi schiero con la razza umana: continuino a esistere re malvagi e decapitati, battaglie e carceri sotterranei, draghi e giganti; e che i cattivi vengano uccisi alla fine del racconto».
Ambientato in un remoto scenario storico, quando orde di barbari si riversavano alla conquista di nuove Terre, l’ultimo romanzo della scrittrice catalana Laura Gallego Garcìa, Lì dove cantano gli alberi (Salani, trad. di Andrea Carlo Cappi, 411 pagine, 15,90 euro), è molto diverso dal precedente Due candele per il diavolo, anch’esso assai avvincente, dove sembra credibile la lotta senza esclusione di colpi tra angeli e diavoli nello scenario affascinante della Berlino dei nostri giorni. Qui l’impatto con la narrazione è più travolgente: pensare che gli alberi possano comunicare con un suono leggero, attraverso note perdute nell’aria, lontane e vicine, come se il loro rigoglio fosse palpabile e udibile al di là del movimento delle foglie, è geniale. Non si tratta solo di un evento fantastico, ma della reale possibilità di acuire i propri sensi, di percepire il significato delle cose e della natura accettando anche ciò che di oscuro e strano si nasconde a una comprensione immediata.
Il romanzo comincia come una fiaba: si parla di re, di nobili, di solstizio d’inverno, di tornei, di una ragazzina sedicenne, Viana, figlia del duca Corven di Rocagrìs, piena di gioia di vivere e di aspettative, innamorata e già promessa sposa di un giovane nobile come lei, bello e simpatico, già suo compagno di giochi nell’infanzia. C’è un “Grande Bosco” che delimita i confini del regno di Nortia, dove raccontano che chiunque si sia mai avventurato a esplorarlo non sia più tornato indietro. E proprio del Grande Bosco comincia a parlare durante la festa il giullare Oki, personaggio misterioso e vagabondo, capace di incantare il pubblico con le sue storie fantastiche. Del resto qualsiasi bosco del mondo è un po’ fatato e lo sa bene Viana che conosce molte storie popolari: «in alcune, gli esseri magici si presentavano all’eroe sotto spoglie umili, per saggiare la bontà del suo cuore..».
Ma la narrazione di Oki contiene un inquietante segreto, parla di un luogo «dove cantano gli alberi, dove non è mai giunto alcun essere umano». Dove esiste «la leggendaria fonte dell’eterna giovinezza». Il giullare viene improvvisamente interrotto dall’arrivo di un uomo «dai tratti duri e affilati», che porta una spada al fianco e un arco e una faretra in spalla: è Lupo, altro personaggio fondamentale del romanzo, che annuncia la minaccia imminente dei popoli barbari. Viana è attraversata da un oscuro presagio, simboleggiato da un corvo nero».
Tutto in poco tempo cambia: l’invincibile, crudele, inaffidabile re Harak alla testa dei barbari del Nord si impossessa del ridente regno sconvolgendo la vita e il destino dei suoi abitanti. Viana possiede bellezza, intelligenza e coraggio, ma comprende che la realtà non è mai come sembra e come vorremmo che fosse. Saranno proprio i drammatici eventi in cui si trova coinvolta a segnare la fine della sua felice e protetta adolescenza e a determinare la sua crescita interiore trasformandola, attraverso una vita dura e avventurosa, in una donna consapevole delle sue capacità e della sua forza, in grado perciò di ristabilire l’ordine infranto e contrastare con ogni mezzo i nemici.