Anna Camaiti Hostert
Le ragioni dello shutdown

Tea party al veleno

Pur di affondare Obama, la destra estrema dei repubblicani rischia di mandarein default lo Stato. Una situazione che ci suona familiare... Ma perché una fazione politica decide di speculare sul proprio paese? Quali interessi ci sono dietro?

Mission accomplished. Così i Tea Party ce l’hanno fatta. “Tutto quello che avevamo in programma di ottenere l’abbiamo ottenuto” ha dichiarato ieri in TV  Michelle Bachmann, una delle leader del gruppo, con ciò confermando una pregiudiziale antigovernativa di principio. Come ha detto infatti in due successive conferenze stampa un Obama adombrato e preoccupato “una piccola parte di un partito in una delle branche del parlamento in una delle istituzioni del Parlamento tiene ostaggio un intero paese, sperando di invertire la tendenza che mi ha eletto presidente e soprattutto di bloccare la mia riforma sanitaria”. Sarebbe a dire la cosiddetta Obamacare che va sotto il nome ufficiale di Afffordable Care Act ed è entrata in vigore proprio ieri primo ottobre. Questo atteggiamento repubblicano non servirà tuttavia a niente perché la legge è stata varata e come si dice qui è già the Law of the Land. Cosa riconosciuta da una parte dei repubblicani stessi perfino dal senatore Mc Cain, vecchio e agguerrito avversario di Obama, il quale ha affermato che non capisce il significato di questa mossa autodistruttiva dei Tea Party.

Dunque, c’è grande confusione anche dentro il partito repubblicano che sembra diviso, ingovernabile e senza alcun senso di responsabilità nei confronti di un paese che sta appena ricominciando a rialzare la testa da una crisi economica che lo ha messo in ginocchio. Una ripresa, vale la pena di ricordare, dovuta ad una delle tante riforme della presidenza Obama, quella dello stimulus plan che ha infuso nell’economia un soffio concreto di ripresa. Obama però, come ha dichiarato alcuni giorni fa, non è più disposto a trattare o a mediare come ha fatto fino ad ora. I repubblicani, ostaggio a loro volta, dei Tea Party, cioè della parte più conservatrice e retriva del partito “con questo atteggiamento – ha dichiarato il presidente – credono di danneggiare me, in realtà danneggiano il paese e saranno ritenuti responsabili di ciò”. Un puro ricatto che blocca l’economia e che causerà gravi conseguenze non solo sulla ripresa economica, ma anche sulla fluttuazione dei mercati. Dopo 17 anni e 17 volte che non succedeva il governo sarà costretto a sprangare i battenti di alcuni uffici pubblici e a bloccare gli stipendi dei suoi dipendenti o meglio, come si dice qui, dovrà shutdown. Conseguenze: 800.000 dipendenti pubblici non saranno pagati e molti parchi, musei tra cui gli Smithsonian a Washington e la statua della Libertà a New York e una grande quantità di uffici pubblici rimarranno chiusi. Ma la cosa più grave non è tanto questa già abbastanza preoccupante situazione, ma il fatto che il 17 ottobre, ( il 17 non sembra davvero un numero fortunato per gli Stati Uniti anche se qui il numero sfortunato rimane il 13) il paese andrà in default, gravissima eventualità mai accaduta prima e con conseguenze che potrebbero essere gravissime sui mercati e sull’economia mondiale.

In una recentissima conferenza stampa Obama ha implorato il partito repubblicano di far funzionare al più presto il governo, perché questo atteggiamento peggiora una situazione già molto delicata “Più a lungo il governo sarà impossibilitato a funzionare più gravi saranno le conseguenze”. Obama ha ricordato infatti come l’ultimo shutdown nel 1996 ha danneggiato a tal punto l’economia nel lungo periodo che ancora oggi, dopo 17 anni, se ne paga il prezzo. E allora sotto l’amministrazione Clinton l’economia andava a gonfie vele! Figurarsi cosa succederà adesso che il paese si sta riprendendo da una crisi epocale, paragonata da più parti a quella del ‘29. Il presidente nelle sue frequenti apparizioni in questi giorni si mostra provato, irritato, stanco. I suoi capelli sono diventati quasi completamente bianchi, il suo viso è tirato. La battaglia per fare avere al 15% degli americani, cioè a circa 50 milioni di cittadini che non hanno alcuna assistenza sanitaria, un’assicurazione medica è defatigante. Mentre i conservatori più codini tra cui il commentatore radiofonico Rush Limbaugh affermano che la riforma di Obama è peggio della schiavitù e dell’uso delle droghe pesanti, alcuni repubblicani parlano di medicina da paese socialista in cui il governo decide tutto e niente è lasciato agli individui.

Una cosa non vera in quanto dal primo di ottobre ogni americano che non ha assicurazione può andare sul sito https://www.healthcare.gov e dopo avere specificato il suo stato di residenza può scegliere la polizza che più si confà alla sua situazione e ricevere dal governo un aiuto economico in caso il suo reddito annuo sia inferiore a quello previsto dalla legge. La riforma rende obbligatoria per chi non ha assistenza sanitaria una copertura medica entro sei mesi da ottobre. Decisamente una conquista di civiltà che assicura a chi fino ad ora non poteva affrontare nessuna visita, nessun esame medico, nessuna operazione perché troppo costosi, una copertura e un’assistenza dovuta ormai da tempo in un paese che si proclama civile. Per di più non va a toccare l’85% degli americani che già hanno un’assicurazione medica. Un accanimento quello dei repubblicani che Obama afferma essere mosso da un grappolo di “imperativi ideologici” mirati solamente a colpire la sua riforma sanitaria. Tanto cieco quanto inutile in quanto non va a scalfire minimamente la sua riforma già approvata ed entrata in vigore ieri. Un puro capriccio, un vero ricatto, criticato anche da una parte dei repubblicani stessi. Un comportamento infantile: “non è un modo di agire da adulti” ha detto il presidente confermando in questo modo il mancato senso di responsabilità del partito repubblicano che non ha mai agito in questo modo. Infatti, vale la pensa di ricordare che tutte le riforme sociali di questo paese, fatte passare, per inciso, sempre da presidenti democratici, sono state varate con il supporto dei repubblicani. Così è stato per Franklin Delano Roosevelt e l’introduzione delle pensioni sociali (Social Security), così è stato per Lyndon Johnson e l’assistenza sanitaria gratuita agli ultrasessantacinquenni (Medicare). Dunque c’è un cambio di strategia, ma anche l’inasprimento paradossale di un conflitto ideologico senza precedenti, proprio adesso che le ideologie non ci sono più.

Contemporaneamente all’allargamento della forbice tra le classi sociali i due partiti si sono polarizzati. E non è detto che necessariamente per i repubblicani votino solo i ricchi e per i democratici quelli delle classi meno abbienti. Può anche infatti accadere il contrario. Per esempio la maggior parte dei cosiddetti redneck, cioè di quei lavoratori bianchi, spesso con atteggiamenti razzisti, in gran parte senza istruzione, che vivono nella provincia o nelle campagne  e ricevono bassi salari sono dalla parte dei Tea Party e dei repubblicani. Invece gli intellettuali colti e benestanti e molti imprenditori che vivono nelle metropoli sono frequentemente democratici.  In questi anni c’è stata tuttavia una polarizzazione delle diverse posizioni e l’elezione di Obama non ha giovato a sanare questa contraddizione, perché’ è andata a toccare un tasto dolente della società americana: il suo razzismo strisciante. Un trend che si accompagna pericolosamente alla scomparsa della classe media, specie dopo l’inizio della crisi del 2008. Tutto ciò ha determinato un’estremizzazione della lotta politica. I ricchi sono diventati più ricchi, i poveri più poveri e le differenze di classe si sono anch’esse estremizzate.

In un bellissimo documentario appena uscito dal titolo esplicativo Inequality for All l’ex ministro del lavoro sotto l’amministrazione Clinton, Robert Reich, ci svela i misteri di questa polarizzazione. In quella che potremmo definire una lunga lezione di economia, molto chiara e molto semplice da capire, Reich ci mostra, infatti, come è potuto accadere tutto ciò. Paragonato ad An Inconvenient Truth di Al Gore questo piccolo documentario, infatti, enfatizza quello che la gente già sa: che le lobby, i superprotetti finanzieri e i superpagati manager delle grandi aziende hanno trasformato il sogno americano della classe media in qualche cosa di volatile e inconsistente, grazie a privilegi e ad esenzioni di cui possono godere e che in passato non esistevano. In più la garanzia fondamentale per i lavoratori della presenza sindacale sul luogo di lavoro si è volatilizzata assieme alla difesa dei loro diritti e della sicurezza del posto. Inoltre, ricorda Reich, è il sistema di tassazione oggi a essere malato. Quello che rende le differenze di classe enormi allargando la forbice delle divisioni sociali è la disparità del trattamento fiscale tra le diverse componenti della società. Così ricorda che oggi i più abbienti che raggiungono un certo reddito vengono  tassati solo del 35%,  mentre sotto Eisenhower, presidente repubblicano, lo erano del 91%. Perché il paese, ricorda Reich, ha in origine una vocazione ugualitaria che è stata dimenticata per fare posto ai grandi interessi dei superricchi e del settore finanziario. E questo si riverbera sulla politica che si estremizza. Si polarizzano le divisioni di classe e di queste approfittano le grandi lobby finanziarie che occupano il posto di quella classe media la cui difesa in passato assicurava al paese una stabilità, un’equità sociale e una salute economica di cui oggi certamente non gode.

Se a questo si aggiunge la variabile dell’estremismo religioso che contiene una forte componente ideologica la miscela diventa esplosiva e chi ne fa le spese e la rappresentatività’ democratica incarnata dalla classe politica. La sua mancanza di responsabilità sembra ormai attraversare trasversalmente i continenti e come un virus mortale contagiare un po’ tutti i partiti politici dei paesi occidentali.

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