L'occupazione del teatro Valle ha un precedente storico illustre. Di maggiore intensità politica e di minore durata temporale. Capitò nel 1968 a Parigi, quando il Movimento prese il Théâtre de l’Odéon. Ma finì in un altro modo...
Le polemiche per l’occupazione (festosa) del teatro Valle di Roma hanno un precedente illustre: di maggiore intensità politica ma di minore durata temporale. Capitò nel 1968 a Parigi e a far da sfondo alle istanze rivoluzionarie di una generazione piena di punti interrogativi fu il Théâtre de l’Odéon. Una bella sala finesettecentesca, se la conoscete: in cima a una strada di librai antiquari e di bottegucce fanée. Ai piedi di rue de l’Odéon, poi, fino a qualche anno fa c’era un ristorante alsaziano da perdere la testa. Pare ci fosse anche nel Sessantotto.
Nel 1968 ero un ragazzino (non avevo dieci anni) ma per un sortilegio che non vi sto a dire andai a Parigi con i miei genitori. In automobile dall’Italia: era estate e mi ricordo abbastanza nitidamente solo la statua e la fontana davanti a Pont Saint-Michel dipinte di rosso e l’obelisco dello Châtelet con le piante intorno tutte strappate e le macchine che sfrecciavano in circolo come per non guardarlo così deturpato. Châtelet non mi piacque, mentre la fontana rossa mi parve molto divertente: ma mi ricordo che la zona alle spalle di quella fontana (verso boulevard Saint-Germain) era off limits: troppo pericoloso… Non ricordo, insomma, di essere arrivato fino alThéâtre de l’Odéon, quella volta. E forse fu un bene, come si vedrà. Ci andai, per la prima volta, nel 1984, per il debutto de L’illusion Comique di Corneille, la prima regìa di Strehler per il Théâtre de l’Europe. Ma questa è un’altra storia: il frastuono del Maggio s’era assopito e il ristorante alsaziano lì sotto era nel pieno dei suoi fasti.
Molti anni dopo, nel 2007, preparai a lungo un fortunato spettacolo su Garibaldi con Sergio Fantoni, il grande attore e regista, e Gioele Dix. Verso la fine del lavoro di preparazione Sergio mi lanciò una strana proposta: studia l’occupazione dell’Odéon nel Sessantotto, ché poi ne facciamo uno spettacolo. Assemblee aperte, intellettuali che amoreggiano, scrittori che recitano, attori che fanno politica e un finale a sorpresa, mi disse Sergio Fantoni. E aggiunse: “Lo facciamo al Valle, facciamo uscire gli attori dai palchi, come fosse una vera occupazione… il Valle è l’unico teatro che somiglia un po’ all’Odéon”. Chiedeteglielo, a Sergio, se non vi fidate! Mi disse proprio così e non sapeva di essere profetico. Ma poi mi disse anche come la vicenda sarebbe dovuta andare a finire, anzi come era andata a finire sul serio a Parigi, nell’estate del 1968: un apologo stupendo! A Fantoni non gliel’ho mai detto (il nostro progetto non ebbe futuro), ma studiai a lungo la storia dell’occupazione dell’Odéon: recuperai materiali e documenti in Francia, interrogai attori e storici, insomma ricostruii la vicenda che i francesi postumi (postumi al Sessantotto) hanno sempre taciuto con grande tenacia. Al punto che trovare documenti su quell’evento oggi è molti difficile (benché, comunque, ne esistano…).