Lucia Dell’Aia
“La fabuleuse vie. Poèmes 1986 et 2024”

La Vita nova di Gabriella Sica

Versi giovanili e della maturità si confondono in un’unica dimensione temporale, in questa silloge in francese della poetessa romana con testo italiano a fronte. Dove si «riafferma tutta la forza e la potenza di Amore», ieri come oggi, e «la novità di verità antiche»

Se si consulta la copia, appartenuta a Elsa Morante, di Tutte le poesie di Sandro Penna (Garzanti, 1970), si può leggere sul frontespizio, sotto il titolo dell’opera, il seguente appunto di mano della scrittrice: «Tutte belle!!». Anche delle poesie di questa nuova silloge di Gabriella Sica (La fabuleuse vie. Poèmes 1986 et 2024, Editions Laborintus, Lille 2025) si può dire la stessa cosa che annota Morante: sono tutte belle. Lo sono per varie ragioni: per la memoria poetica assai colta di cui si sente l’eco, pur nascosta dall’apparenza negletta della sintassi, per l’armonia musicale delle parole, per il modo assai originale di declinare il tema amoroso e infine perché di fatto costituiscono un unico corpo poetico, se pur frammentario, secondo la memoria petrarchesca. Le poesie della Favolosa vita vanno lette certamente tutte in stretta connessione fra loro, come la poetessa ha inteso restituircele in questa traduzione francese di Monique Baccelli con il testo italiano a fronte.

L’edizione recupera una raccolta di cinquanta componimenti, La famosa vita, pubblicata su un «Quaderno di Prato pagano» del 1986, la storica e importante rivista romana fondata e diretta dalla stessa Sica, e li fa dialogare a distanza di circa quarant’anni con altri cinquanta componimenti inediti intitolati La nuova famosa vita. Sembrerebbe quasi che, a distanza di tempo, la poetessa abbia sentito il bisogno quasi di completare quella ricerca poetica, integrando la riflessione d’amore di quegli anni giovanili con un’altra riflessione amorosa, non meno fresca e giovane.

Se dunque la poesia è «un affare di sillabe» (p. 84), come dice la stessa autrice nella Storia e Cronistoria finale del volume, in francese, ecco che allora nel titolo riassuntivo dei due dittici compare l’aggettivo favolosa, quant’altri mai morantiano, in modo che La famosa vita e la Nuova famosa vita, se intesi come un unico e omogeneo testo, diventano La favolosa vita. E non va certo trascurata la stratificazione dello stilnovismo dantesco del nome vita presente di fatto in tutti e tre i titoli, per sancire l’importanza della vita nuova che solo l’amore è capace di plasmare. Così come è certamente degno di attenzione che la parola vita nei versi ritorni anche preceduta da altri aggettivi: «felice vita» (p. 48), «preziosa vita» (p. 70).

Quasi in una forma di annunciazione e prefigurazione, anche questa di ascendenza dantesca, le figure memorabili dei versi giovanili anticipano quelle della maturità fino a confondersi in un’unica dimensione temporale, quella di un aiòn che mantiene senza fine il sempre nuovo. Si direbbe quasi che Sica abbia esplorato con i suoi versi più recenti quella che Campanella definiva, in riferimento al pensiero del Rinascimento, «la novità di verità antiche».

Del resto, come può il sentimento d’amore cambiare? «Vecchia a chi? Perché ho i capelli bianchi? / E il cuore non lo vedi? Che sempre è giovane» (p. 76). L’amore vince virgilianamente su tutto e la poetessa si identifica con un’oca silenziosa «fuggita dai melodiosi cigni», non per cercare i dotti o i potenti, ma per stare «fra i contadini e i pastori» (p. 64) in una sua poeticissima Arcadia, anch’ella come Morante dotta affabulatrice di una «fiaba estrema» (p. 80). D’altra parte, nella prima poesia della Famosa vita, aveva prefigurato il suo stesso destino: «Sconosciuta a uomini e donne / lontana in balìa dell’aria / io vivo nel mondo incantata» (p. 6).

Non sembra, quindi, che Sica si sia pentita del suo giovenile errore, anzi riafferma tutta la forza e la potenza di Amore, consegnandosi ai suoi lettori di ieri, e soprattutto di domani, raccogliendo le sue «cosette amorose», ovvero «storie intarsiate di arcate dorate», e si chiede da viva se la poesia è viva: «Io spero e canto e ancora spero / nel vostro amore che mi porti in salvo» (p. 78). La speranza è quella «che ci si possa rivedere cari corpi amati / farvi una carezza toccarvi una spalla / gustare la bella dolce letizia carnale» (p. 78) in un futuro universale. Per la nostra poetessa «se Amore si volta e fugge e mi sfugge / come gatto forastico di Roma / se Amore dolce e veramente amaro se ne va / peggio per lui io lo lascio andare. / Puoi però ancora dettarmi parole d’amore» (p. 72).

La famosa vita della bohème di Vicolo del Bologna, a Trastevere, quella della sua stilnovistica militanza lirica, non è una stagione che più non torna. Nei versi di Sica non vi è nostalgia, ma l’idea che giovinezza e vecchiaia possano convivere in ogni età della vita. La penultima poesia del primo dittico, infatti, aveva profetizzato che negli occhi neri di un’anziana donna potesse ancora esserci una bimba e l’ultima poesia della stessa Famosa vita si intitola proprio Giovinetta (p. 40), in riferimento a quella pupilla somigliante a Proserpina che «ricomincia dopo i morti la sua vita» (p. 78), questa volta mitica.

Per la foto di Gabriella Sica © Dino Ignani

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