Beppe Navello
La politica delle apparenze

Il teatrino ovale

Trump ha accusato Zelensky di essere un cattivo comico. Ma è proprio così? A leggere le cose in questa chiave, appare chiaro che il cattivo teatro ha sede nello Studio ovale...

Tra gli insulti escogitati da Trump per colpire il Presidente dell’Ucraina c’è stato quello di “comico mediocre”: non sapevo che il tycoon tra le sue molte competenze avesse anche quella di critico teatrale, mestiere un tempo prestigiosamente affidato a intellettuali sapienti di storia del costume e dei linguaggi. In Italia quel mestiere è piuttosto decaduto e ho intuito che anche negli Stati Uniti non sono messi meglio. È sicuro che Trump, in tutt’altre faccende affaccendato durante la sua vita, non ha mai avuto il piacere di vedere i magnifici ori bizantini dei mosaici ravennati (a Sant’Apollinare in Classe e a San Vitale): quelli che testimoniano a tutto il mondo la gloria di una delle più grandi sovrane della storia, l’imperatrice Teodora; la quale fu in gioventù, prima di indossare la porpora imperiale, attrice e anche meretrice, secondo la livida testimonianza dello storico suo contemporaneo Procopio che coltivava gli stessi pregiudizi del golpista di Capitol Hill sul mestiere del palcoscenico.

E invece gli studiosi più accreditati di storia antica, ci dicono che Teodora fu non soltanto moglie di Giustiniano ma sua collaboratrice e ispiratrice politica, nella rivolta di Nike, nella promulgazione del Corpus Iuris Civilis, nel migliorare la condizione delle mogli nella società bizantina. Più popolare del marito, quando morì prematuramente nel 548, tutti avvertirono come una battuta d’arresto nelle iniziative politiche e riformatrici di Giustiniano. A un millennio e mezzo di distanza, il volto «smagrito e pallido di lei, con ovale allungato e con grandi occhi ardenti» (si dice, realizzato su cartoni arrivati a Ravenna direttamente da Costantinopoli) continua a testimoniare il fascino e l’autorevolezza di una delle più famose donne della storia umana.

Ma c’è un altro ex attore che è diventato senza sfigurare leader di una grande nazione: lo ha ricordato a Trump, Lech Walęsa, ex operaio, ex sindacalista, ex capo di stato in Polonia. Quel presidente si chiamava Ronald Reagan e fu anche lui attore, in gioventù, prima di diventare inquilino della Casa Bianca: oltre tutto, attore cinematografico di pellicole sempre definite “di serie B” e mai diventato protagonista. Walęsa in una lettera condivisa con altri quaranta ex prigionieri politici (tra i quali Andrzej Seweryn, attore anche lui e direttore del Teatro Polacco di Varsavia) manifesta orrore per l’atmosfera di sospetto e di minaccia, tipica degli interrogatori dei regimi comunisti, che Trump ha impresso al colloquio con Zelensky; e ha rimpianto la grandezza di Reagan che seppe opporsi all’impero del male, l’Unione Sovietica, e per questo ebbe l’onore di una statua innalzata a Varsavia.

Ma c’è un’altra insofferenza teatrale manifestata da Trump: quando ha biasimato il presidente ucraino per com’era vestito, non ci si presenta alla Casa Bianca in tenuta militare da guerra, ha detto con una delle sue smorfie di disprezzo. E con questo, ha voluto stroncare il modo di essere diventato iconico da parte di Zelensky, il quale si è sempre mostrato in costume, come si fa in teatro per connotare chi è il personaggio nel momento in cui appare in scena, per non lasciare lo spettatore in dubbio: Zelensky è il capo di uno stato costretto alla guerra e non ha tempo per indossare altro che i panni adatti alla vita di trincea. Trump stesso alcuni giorni dopo ha tollerato che Elon Musk, alla prima riunione di gabinetto alla  Casa Bianca, arrivasse con quel berrettino dalla scritta “Make America great again”, un giocatore di baseball che aveva sbagliato palestra; e non sarà lui, Trump, l’arbiter elegantiarum con cravatte di fragola e capelli tinti al limone, che ci detterà il dress code; anzi, gli saremo paradossalmente grati per averci fatto ripensare quanto sia importante la lingua del teatro, in un mondo che il teatro lo ha dimenticato come esercizio intellettuale per imitarlo rozzamente nella società dello spettacolo; e ci fa riconoscere senza esitazioni chi è tra i due nello Studio Ovale, il cattivo, il clown dalla bocca sgangherata e variopinta, l’Augusto crudele e pasticcione, quello che mette paura ai bambini facendo la voce grossa; e quale il clown bianco, malinconico parente di Pierrot, amico della luna e pensoso soccombente.

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