Sante Lancerio
La testa a tavola

Tutto sulla pizza

Millenaria come la panificazione o moderna come i (falsi) “grani antichi” o appena inventata come la "pinsa"? E poi: meglio accompagnarla con il vino o con la birra? Vademecum per gli amanti della pizza. Con qualche luogo comune da sfatare

Lo spunto di oggi ce l’ho dà un volume dedicato all’abbinamento tra pizza e vino, Calici&Spicchi ad opera della giornalista e sommelier Antonella Amodio, edito da Malvarosa, pubblicato la prima volta lo scorso anno e che però è in uscita con una nuova edizione più ampia che riguarderà anche delle realtà all’estero. Il volume, che sicuramente offre spunti per abbinamenti decisamente interessanti, permette di affrontare un tema, quello dell’accoppiata pizza e birra che diamo assolutamente per scontato, come se esistesse da sempre.

È vero che secondo alcuni studi gli egiziani antichi usavano una bevanda fermentata che poteva essere all’origine della birra e che il pane ha sicuramente trovato la sua prima dimensione sempre in oriente circa 30.000 anni fa, ma spesso associamo comportamenti sociali e gastronomici ai primordi della civiltà umana, quando invece sono realtà assai più recenti.

Abbiamo detto della carbonara, come questa sia nata alla fine della guerra, dalla fantasia di unire quel poco che si aveva per creare nuovi piatti con cui sfamarsi.

L’abbinamento birra e pizza è addirittura un poco più giovane. Risale al boom economico quando i piccoli pizzaioli ottennero in massa la licenza per vendere alcolici di bassa gradazione, come è appunto la birra, supportati dalle aziende produttrici, all’epoca prevalentemente se non esclusivamente italiane, che videro in quella novità un elemento fondamentale per espandere il mercato della birra, fino a quel momento non così diffuso.

E così in pizzeria troviamo normale avere qualche alternativa nella scelta della birra e una carta dei vini piuttosto ridotta e poco attinente al prodotto. Ci sono le eccezioni ovviamente. Il paradosso è che mangiare pizza bevendo birra ha effetti sul nostro fisico da non sottovalutare. L’accoppiata, infatti, di questi due prodotti da cereali comporta un aumento degli zuccheri e del picco glicemico che a lunga andare può essere dannoso. Sia chiaro, birra e pizza legano tra loro come gusto, ma non vuol dire che un bicchiere di vino non possa portare ad un risultato uguale. Di sicuro è un costume recente che ha nel marketing, come spesso succede, il suo principale fautore.

Come la pinsa romana. Sembra che ci conviviamo da sempre, eppure è apparsa sulle nostre tavole solo a partire dagli anni ’90, ad opera di un ristorare che ha messo insieme diverse farine, alcune non glutiniche, e il verbo latino “pinsere”, pigiare, ha fatto il resto.

Rimanendo nel settore della panificazione un altro aspetto che negli ultimi anni caratterizza gli scaffali della grande distribuzione sono i cosiddetti grani antichi, rigorosamente macinati in pietra, a partire dalla pasta “Senatore Cappelli”. Ottima pasta, viene solo da chiedersi cosa intendiamo per antico. Il grano attribuito al Senatore Cappelli non ha nulla a che fare con lui. Ha origine da un grano duro di origine algerina, “Jeanh Rhetifah”, che l’agronomo e genetista e senatore del regno d’Italia Nazzareno Strampelli incrociò con altri grani con l’obiettivo di aumentarne la produzione e che dedicò al collega Senatore Cappelli che gli aveva messo a disposizione per i suoi studi la sua tenuta di Foggia.

Questo grano fu esportato in varie parti del mondo e in Italia fu prodotto fino al 1975, produzione poi ripresa a partire dagli anni ’90. E non ha un singolo produttore, è un tipo di grano. Dalla grande capacità riproduttiva.

L’unica cosa antica che possiamo essere sicuri esista nel mondo della panificazione è la panificazione stessa ed è lecito presumere che il primo processo di lievitazione sia nato per caso, quando qualche “antico”, migliaia di anni fa, dimenticò di mettere a cuocere l’impasto appena fatto per accorgersi il giorno dopo che veniva più morbido.

Antico è sicuramente il sostantivo “farina” che viene dal latino farīna, da far, farro. E alla farina, al processo per ottenerla, è anche legata la simbologia del nome dell’Accademia della Crusca.


L’immagine della rubrica è di Roberto Cavallini.

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