Marinella Petramala
Su “A tu per tu con la Commedia”

La Commedia segreta

Lo studioso Giuseppe Patota racconta il mistero (tematico ma soprattutto linguistico) della Commedia di Dante. Rivelando molti aspetti poco noti del capolavoro dell'identità italiana

Capire la Commedia non è semplice (solo Commedia, così pensò Dante la sua opera, perché “Divina” fu aggiunto più tardi da Boccaccio). È difficile per via della lingua utilizzata dal poeta, il quale «sperimentò tutte le possibilità espressive, comprese quelle che sembrano andare al di là dell’umano», sebbene non sia così lontana dall’italiano attuale. Non sempre, perlomeno. È difficile a seguito dei contenuti trattati, dalla teologia ed esegesi dei testi sacri fino al diritto, dalla letteratura all’arte della guerra e della navigazione: «non c’è aspetto della cultura antica e medievale di cui Dante non abbia propriamente detto qualcosa, nel suo enciclopedico poema». È difficile, infine, perché il testo è organizzato in una stretta architettura connessa alla simbologia dei numeri, come nel caso del tre, portatore di un «fortissimo valore simbolico», dall’avvento delle tre fiere alla visione dei cerchi trinitari.

Così, poiché la molteplicità dei significati del poema dantesco non è immediata, Giuseppe Patota, linguista e professore di Storia della lingua italiana presso l’Università degli studi di Siena, in A tu per tu con la Commedia (Laterza, pp. 360, € 20,00) ne scioglie i nodi e le complessità, come per la rima incatenata che difende da ogni pregiudizio di durezza, mostrandone piuttosto il ‘filo melodico’, e illuminando dunque gli antri di ciò che Montale ha definito «l’ultimo miracolo della poesia mondiale». Distribuendo i versi più significativi in 114 presentazioni, l’autore invita il lettore a compiere lo stesso viaggio di Dante personaggio nei tre regni i quali, all’inizio di ogni cantica, sono introdotti da illustrazioni precise, nonché belle da vedere, per orientarsi nello spazio dell’invenzione dantesca.

Sebbene l’attenzione nei confronti della dimensione linguistica sia prevalente nel testo, con chiarimenti di parole, frasi, perifrasi, non ne è esclusiva, in quanto un elemento che l’autore non perde mai di vista è la dimensione umana, imprescindibile per la comprensione della Commedia: la seconda terzina di Inf. I si apre con ahi, «una parola che esiste da quando cominciamo a esistere noi: è fra le prime che impariamo a usare, ogni volta che dobbiamo raccontare a noi stessi e agli altri che stiamo provando un dolore».

Patota scrive con uno stile chiaro, agile, piacevole, tale da suscitare curiosità (come nel caso del «lago del cor», la cavità interna del cuore, che si riteneva essere la sede delle passioni umane) e far sorridere: l’anticipazione che Virgilio offre a Dante del viaggio che farà è presentata dall’autore come un trailer, in accordo con il linguaggio cinematografico; mentre nel pervenire al cielo della Luna (ben diverso dai concetti di ‘cielo’ e ‘Luna’ così come li intendiamo noi), Dante anticipa Neil Armstrong di 671 anni.

Nel non tralasciare nessun aspetto della cultura medievale e nel mostrare le differenze rispetto al mondo attuale, Patota invita il lettore, sin da subito, a empatizzare con il poeta fiorentino, a metterci nei panni di un uomo figlio del suo tempo, ma con sentimenti ed emozioni non dissimili dalle nostre: «Mettiamoci al suo posto: come staremmo noi se ci capitasse di finire in una selva completamente buia? Anche senza pensare di essere finiti nel territorio del peccato e del male, avremmo una gran paura; potremmo addirittura morire di paura, e non sarebbe un’iperbole, un’esagerazione retorica, per Dante, dire che, rispetto a questa selva, la morte è poco, soltanto poco di più».

Facebooktwitterlinkedin