I deliri del bibliofilo
La rivista più povera del mondo
Storia, antica e poetica, del «Calendario dei pensieri e delle pratiche solari», la rivista, uscita tra il 1923 e il 1924, in dieci numeri, curata da Piero Bargellini con Carlo Betocchi e Nicola Lisi. Una iniziativa culturale nata «per rileggervi le pratiche umili della vita cattolica e agricola» in un’epoca orientata alla dissacrazione
«Il calendario dei pensieri e delle pratiche solari», curato da Piero Bargellini con la collaborazione di Carlo Betocchi e Nicola Lisi, ebbe vita breve. Uscirono soltanto dieci numeri di questa inusuale e bellissima rivista, a cadenza mensile, di cui due doppi (l’8-9 e l’11-12, ovverosia l’ultimo) a cavallo tra il 1923 e il 1924. Più di un secolo dunque ci separa da questa iniziativa culturale, tesa a privilegiare la componente religiosa e strapaesana in un’epoca sempre più orientata alla dissacrazione tout court. Ispirata agli almanacchi e ai lunari di estrazione popolare, la rivista si configura come uno dei capitoli più interessanti di quella linea culturale improntata al recupero della civiltà contadina di cui abbonda la Toscana: si pensi al celebre modello del Vero Sesto Cajo Baccelli, almanacco annuale di lunga tradizione dedicato agli agricoltori.
«Il calendario dei pensieri e delle pratiche solari» era un periodico di appena otto pagine, con qualche eccezione (il n. 2 ad esempio ne conta il doppio). Il formato è di cm 33,5 x 24,7. Il numero inaugurale era venduto al prezzo di cinquanta centesimi, quelli successivi a una lira. Inizialmente non era possibile abbonarsi, come si legge in un trafiletto apparso in calce al numero inaugurale: «Anche dopo il primo numero potremmo morire: perciò non si fanno gli abbonamenti». In seguito, oltre agli abbonamenti, la rivista fu venduta anche per strada, tanto che Maria Luisa Nevola, curatrice della ristampa del Calendario dei pensieri e delle pratiche solari (1923), edito nel 1987 dalla Società Editrice Napoletana, parlerà di colportage e «letteratura almanacchistica che proprio in Italia ha avuto un’ampia e diffusa circolazione».
Il periodico veniva stampato a Firenze presso lo stabilimento tipografico Icilio Funghi & C., come riportato in copertina e in quarta. Il progetto di copertina, lineare ed elegante, rimarrà pressoché inalterato: sotto il titolo figura, tra un sole e una luna stilizzati, il nome di un santo seguito da un detto di origine popolare, mentre i titoli delle quattro sezioni della rivista, rigorosamente rimati, sono stampati in caratteri più grandi: «Proponimenti», «Componimenti», «Avvenimenti», «Avvertimenti». In realtà il confine tra sezione e sezione era alquanto labile, essendo solo l’ultima caratterizzata dai consigli elargiti riguardo a semine e raccolti, potature e innesti da parte del «contadino». Sotto un fregio compare infatti la seguente dicitura: «L’han compilato Carlo Betocchi Nicola Lisi Piero Bargellini & il contadino – DEO GRATIAS». Dal secondo numero si aggiungerà il nome del pittore Enzo Pregno, autore del quadro La strada che appare nel n. 2, e l’inesistente contadino diventerà «gobbo» (negli ultimi due fascicoli compare anche Pietro Parigi). Nell’ultima pagina si precisava che la redazione aveva sede in Scarperia di Mugello mentre la corrispondenza poteva essere inoltrata al seguente indirizzo: Piero Bargellini, Piazza S. Marco 7, Firenze.
Bisognerebbe aggiungere ai nomi di questi autori, pressoché esordienti e unici estensori dei testi confluiti nella rivista, quello del succitato incisore Pietro Parigi che occasionalmente proponeva le sue splendide xilografie. Si alternano così le prose impressionistiche di Lisi e Betocchi, attinenti alla vita di uomini e animali vissuta in simbiosi con la natura, agli aneliti religiosi di Bargellini mentre al «contadino gobbo» è affidato il compito di elargire consigli attinenti alle varie pratiche stagionali, immancabilmente seguiti da un proverbio toscano come il seguente, apparso nel n. 2: «Molta terra, terra poca; / poca terra, terra molta». Compare, tra l’altro, in quello stesso fascicolo la pubblicità del volume Il dizionario dell’omo salvatico, curato da Giovanni Papini e Domenico Giuliotti per Vallecchi.
Il riquadro in cui erano riportati tali dati in copertina varia di volta in volta colore, passando dal grigio al giallo, dal celeste al rosa. Nell’ultimo numero, oltre a un testo di Nicola Lisi (i contributi erano firmati con le sole iniziali), figurava questo curioso congedo del «contadino gobbo»: «Provvido abbonato e lettore che hai a caro questa rivista, la più povera, noi crediamo, di tutte le riviste dell’universo mondo, se tu la vuoi conservare negli anni avvenire, per rileggervi le pratiche umili della vita cattolica e agricola, ti si dà questo avvertimento: mettila nel cassettone, perché ell’è stampata sulla carta più vile del mercato e con molto petrolio nell’inchiostro che all’umido si smarrisce, eppoi perché i colori che ci abbiamo soffiato colla bocca, onde ti sembrasse più gaia, sono d’anilina e non resistono alla luce». Fu Pregno a consigliare tale tecnica, come testimoniato da Augusto Hermet: «Prendete un cartone e apriteci uno sportello della misura esatta della facciata, poi con uno spruzzatore a bocca soffiateci il colore dell’anilina».
I dieci fascicoli saranno infine raccolti, sciolti, in un astuccio intitolato Calendario dell’anno scorso e avvenire, con riprodotta in copertina una xilografia di Parigi, originariamente venduti a sette lire. Molto difficile da reperire sul versante antiquario, questa raccolta ha quotazioni che superano abbondantemente i 1000 euro. Soltanto due esemplari figurano nelle biblioteche pubbliche. Sembra che la raccolta sia stata accorpata anche in forma di libro, come documentato da una copia messa all’incanto dalla libreria Gonnelli qualche anno fa. Un’edizione in anastatica è stata approntata in un unico volume dalla O.S.M. di Firenze in una tiratura numerata di 1000 esemplari in data non dichiarata.
L’esperienza del «Calendario dei pensieri e delle pratiche solari» si rifletterà in quella del «Frontespizio» che, sotto l’ausilio di don Giuseppe De Luca e la collaborazione di vari intellettuali, tra cui i tre succitati amici toscani, si imporrà nel periodo dell’entre-deux-guerrescome uno dei più importanti periodici culturali di taglio cattolico. Non è un caso che Betocchi pubblicasse il suo esordio poetico, Realtà vince il sogno, nel 1932 per le Edizioni del Frontespizio, nate da una costola della rivista, seguito l’anno successivo da Lisi che licenziò per la stessa sigla editoriale le sue Favole, contenenti nove xilografie dell’onnipresente Parigi. Entrambi i volumi, curati da Bargellini, furono stampati in 700 esemplari.


