Every beat of my heart
Il verso di Keats
Si fa italiano il grande poeta inglese tradotto nella nostra lingua. Perché la magia dei suoi versi consente il manifestarsi delle sue visioni. Che il buon traduttore, con gli stilnovisti, Petrarca e Leopardi nel Dna, riesce a replicare senza tradire
La solitudine di cui scrive John Keats non corrisponde all’isolamento, alla fuga da «dei sordidi edifici», come a una prima lettura potrebbe apparire: non è una fuga dal mondo ma l’accettazione di una presenza, la solitudine. Non una fuga dal mondo ma un’uscita dal tempo, una sospensione del divenire, in cui la solitudine, accettata e accolta, si manifesta come una dolce soccorritrice bianca presenza, che il poeta svela, una parte congenita della nostra anima. Solo la magia del verso di Keats, visivo e ierofanico, come modulata su una musica subacquea, consente il manifestarsi delle sue visioni. Ed è il suo verso inglese, lingua poetica ardua da tradurre, che, una volta tanto, facilita il traduttore in lingua italiana. Il massimo problema, traducendo versi dall’inglese, è non perderne la coesione che quella lingua ha splendidamente congenita, come il latino, e non “allungare”, per Yeats come per Lucrezio, il verso. Senza però tagliare, senza nulla perdere, creando una nuova sintesi alchemica. Avere nel Dna gli stilnovisti, Petrarca, Leopardi, favorisce una naturale dolcezza musicale (quella che incanta e fa innamorare Bonnefoy), che fa sognare un “Keats italiano”. Conosco per esperienza l’avventura, e ammiro come anche Francesco Dalessandro riesca a fare italiano il grande poeta Jonn Keats.
Se con te, Solitudine, devo convivere,
non sia nel marasma di sordidi edifici;
saliamo insieme al naturale belvedere
da dove i clivi fioriti della valle e l’onda
cristallina del fiume sembrano miniature;
lasciami vegliare con te dove i rami
intrecciano un riparo e rapido il balzo
del daino scaccia l’ape dal calice del fiore.
Con te traverserei lieto quei luoghi,
ma l’amabile colloquio d’una mente
innocente – parole come immagini
di fini pensieri – mi appaga l’animo;
quasi è bene supremo del genere umano
che due spiriti affini si rifugino in te.
John Keats
Traduzione di Francesco Dalessandro


