Daniela Matronola
A proposito di “La fabuleuse vie”

Poesia delle risposte

Esce in doppia lingua, italiana e francese, una bella raccolta di Gabriella Sica. Questi versi sono carotaggi ricognitivi che, da un lembo di terra all’altro, si chiamano e si rispondono

Siamo già rivolti a un’estate che sarà, si spera, invincibile, noi tutti raggomitolati, per adesso in questo implacabile inverno, però se guardiamo all’estate che ci siamo lasciati dietro le spalle scorgiamo un dono magnifico, un libro munifico, che lento lento e persistente si è fatto strada per raggiungerci e non lasciarci soli. Si tratta di una raccolta che rappresenta dopotutto un unicum, per la produzione editoriale, per la letteratura, per la poesia. È la raccolta La fabuleuse vie, Poèmes 1986 et 2024, Éditions Laborintus (Lille, France, 91 pagine, 18 Euro) di Gabriella Sica.

In apparenza letteratura francese, in realtà poesia italiana, tradotta da Monique Baccelli, traduttrice in francese dall’italiano di lungo corso. E anche l’editore, o meglio il collegio di editori che sotto l’etichetta Laborintus hanno pubblicato con testo a fronte questo dittico poetico della Sica di cui tra poco diremo, rappresenta un piccolo caso molto interessante: un manipolo di ricercatori italiani di stanza a Parigi decide nel 2016 di fondare una casa editrice che traduca in francese testi trascurati di grandi autori italiani oscurati da una inspiegabile damnatio memoriae, un oblio ingiustificato eppure tale di fatto, allo scopo di, pensano “i nostri”, offrire “una visione altra della letteratura italiana” a partire dagli autori inopinatamente confinati “nel campo di una letteratura presunta minore”: a ciò n si aggiunge nel 2019 un progetto di omaggio editoriale a sessanta tra italiani e francesi “ospitati” per l’eternità al Père Lachaise. È evidente (e lodevole) il proposito di lanciare un ponte concreto tra i due paesi cugini, che da tempo o forse da sempre, pur con alterne vicende e fortune, intrattengono legami forti e intensi scambi: si coglie un intento di preservazione della diversità culturale e nel contempo il desiderio di lasciar dialogare le due culture nella condivisione di un patrimonio letterario comune.

Ma veniamo a noi: al dittico poetico di Gabriella Sica, che ha più di un valore.

La fabuleuse vie è un titolo cumulativo che fa da rifugio e riparo a due sezioni, di cinquanta componimenti ciascuna: La fameuse vie (La famosa vita), in cui i testi tradotti risalgono alla prima produzione della Sica, 1986, legata alla rivista Prato Pagano e al Vicolo del Bologna, indirizzo poetico di allora, dove la “nostra” ha trovato naturale approdo nella poesia e ha cominciato a raccogliere attorno a sé figure di poeti che proprio grazie alla rivista di cui si diceva, coeva e concittadina di Braci, hanno cominciato a emergere come poeti nuovi che intendevano riguadagnare senso e funzione alla poesia dopo il folle colpo di spugna del Gruppo ’63 (che tuttavia annovera a sua volta poeti grandi e unici, come Pagliarani e Sanguineti), e tra i nuovi poeti troviamo la Bre, la Anedda, Nadia Campana, ma anche Salvia, Del Colle, Scartaghiande, Tripodo, Albinati, Damiani, lo stesso Magrelli e altri; e La nouvelle fameuse vie (La nuova famosa vita), in corrispondenza e in risposta, nel 2024, alla raccolta antecedente, secondo un sistema di rispecchiamento e aggiornamento che di per sé è, anche come criterio compositivo, una specie di baudelairiana ammissione di fatto del carattere dinamico e quasi transeunte, però perentorio nella sua transitorietà, di fare il punto-nave, di aggiornare le carte di questa navigazione pazza che è l’esistenza, di scrivere e comporre grafici non solo dei tragitti tra  salpamenti e punti di sbarco, ma anche di fare una ricognizione puntuale tra queste sponde esplorandole con cura e in profondità.

Sono carotaggi ricognitivi, queste poesie, che da un lembo di terra all’altro si chiamano e si rispondono. E la sorpresa è che si tratta anche di lettura di superfici stese su cartine di fortuna, su mappe precarie con pochi segni e rade indicazioni però capaci di trasportarci in luoghi e tempi che si parlano da remoto senza che mai il filo della connessione e il reciproco richiamo si siano interrotti mentre hanno seguitato ad agire sotto traccia fino a riaffiorare, tornati visibili, e udibili, in un dialogo lieve, quasi allegro, fresco, fanciullesco.

La Gabriella Sica di oggi ha conservato interamente la freschezza espressiva e la letizia della Gabriella Sica che a Trastevere negli anni Ottanta provò a tenere insieme le fibre dei nuovi poeti scampati sia alle ostilità e agli astî degli anni Sessanta che ai disastri e alle furie delle rassegne pop dai palchi tirati su in prossimità di quei lidi in cui si dimostrò che in fondo bastava un po’ di vento proveniente dal mare per spazzare via i poeti e la poesia.

Gabriella Sica è ancora la stessa che troviamo in poesie fresche come L’attenzione (Se aspetto le amiche mi preparo a festa / e tra i cuscini le ascolto con cura / raccontano di pene e di amori falliti / di sguardi mancati e di voglie finite // Poi resto sola a consumare i mio rancore) o di Innamoramento (Coup de foudre – Per qualche settimana o qualche istante / ho visto lei ridere innocente / poi snervata mi sono allontanata) o di La decisione ( Fra gli uomini d’adesso sotto il sole / uno del tutto buono e dolce non si trova. // Non ci rimane dunque che brindare sole / e la sventura fuggire altrove.) oppure di Desideri (si affaccia Lacan, ndr – Docile e pieghevole / come canna al vento / io ti vorrei.), tutte tratte da La famosa vita/La fameuse vie (1986) – come verifichiamo traendo versi ora dalla sezione corrispondente del 2024, La nuova famosa vita/La nouvelle fameuse vie, dove leggiamo tra l’altro: Il bianco gatto (il gatto era anche di là, tra i versi del 1986, e qui si riaffaccia, baudelairianamente, ndr – In grembo un quieto bianco gatto / così saziavo la sete d’amore / tra le altre pene e cure / là esausta vicino ai tetti in cotto / alla luce dell’accecante mondo.), o Materia d’amore (L’oro falso del primo amato corpo / il rame di un raro corpo amato / ma di che materia era il mio corpo?), o Un corpo (Vita svilita e opaca se non la ravviva / e non la rincuora un corpo che è vita), oppure L’arte di perdere (evidentemente in omaggio a Elizabeth Bishop, inclusa nel girotondo di sorelle animato dalla Sica attorno a Emily Dickinson in un ottimo libro sulla poeta di Amherst, Cooper 2015, ndr – Vita così sfolgorante da perdere le ore / la sapienza inesausta del cuore / e i pezzetti dell’anima dispersi.), o ancora (e per concludere) le ultime due: Amore m’apparve (Amore m’apparve al portone / ai piedi della mansarda / amore aitante si mostrò per il vicoletto / a Trastevere come una grazia / Amore che era corpo e sostanza / ora diafana caduca e scontornata.) e Alla finestra (Trent’anni a quel tempo, in un soffio / d’anni più che il doppio. / La vita appena un’affacciata di finestra).

Amore e vita sono evidentemente i due fuochi di questa poesia che ha un suo evidente andamento ellittico, la cui traccia da seguire è sapientemente segnata solo da tante mollichine di pane che pure rilucono alla luna come sassolini fosforescenti e trapuntano il nostro cammino guidati e accuditi da Gabriella Sica lasciando che, con lei e come lei, anche noi si riesca ad apprezzarne la grana e il valore, mai del tutto espliciti ma tutti da vagliare e sceverare tra mille scorie come facevano i cercatori d’oro. Insomma la cosiddetta esistenza e il suo sale, la benedetta condizione umana e il suo senso nascosto, la famosa vita e il suo pungolo: sono fili e punti, cuciture e tessuti di questo dittico che dovremmo avvolgerci attorno alle spalle, più che come una coperta di Linus, come un velo (si affaccia Schopenhauer) o uno scialle (si affaccia Elsa Morante, che salutò a suo tempo Gabriella Sica poeta, lei che avrebbe preferito che i clamori di strada e i cortei fossero il frastuono della gioiosa accoglienza per esempio del nuovo libro di poesia di Sandro Penna), insomma una mantilla, indumento femminile audace e discreto, proprio come la poesia di Gabriella Sica distesa sugli ultimi quasi quarant’anni e “riassunta” in questa La fabuleuse vie, titolo d’insieme ma anche singolo componimento a chiusura: Quanti abbracci e miraggi miei amori diletti  / voi amici belli che affollate la favolosa vita / quanto soavi i rapidi passi per dirvi addio / e l’anima candida vi dice la fiaba estrema / noi con i nostri corpi vivi noi risorgeremo (e qui, non so quanto l’autrice e voi lettori ne siate consapevoli, ma per un istante ha fatto capolino anche Cicerone, ndr).


La fotografia accanto al titolo è di Tiziana Cavallo.

Facebooktwitterlinkedin