Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Poesia persiana di Forugh Farrokhzad

Nata a Teheran nel 1934 e scomparsa nel 1967, è «il massimo poeta iraniano del Novecento, e uno dei grandi in assoluto». I suoi versi hanno origine nell’antica Persia, tra le culle della Poesia. Come questi che raccontano di un bacio, degno dei baci di Byron, Keats, Baudelaire

Forugh Farrokhzad, nata a Teheran nel 1934, morta in incidente d’auto, sempre in Iran, nel 1967, è il massimo poeta iraniano del Novecento, e uno dei grandi in assoluto. Quel secolo (che è anche, per molti di noi, anche “questo secolo”), vede una straordinaria fioritura poetica, con tutti i corollari immaginabili: la censura, prima e ancor più dopo i drammatici eventi che sconvolsero il paese. Grazie a poeti come lei mi viene naturale parlare di Poesia persiana, se l’antica Persia è una delle culle della poesia. Il paese degli zoroastriani adoratori del fuoco, dei Re Magi, dei dignitari sapienti alla corte dell’Imperatore, il paese che genera la grande poesia Sufi (Rumi, Attar, Ghazali, scrivono versi in arabo, lingua dei conquistatori, ma sono di nascita e di cultura poeti interamente persiani) è una delle capitali universali della poesia.
Qui una incantante lirica sul bacio, centrale nella poesia d’amore, ma non così frequente: reso famoso da Catullo, il bacio è meno protagonista nella suprema Saffo, in cui il piacere si espande in tutto il corpo, e non solo. Degni, questi versi e questo bacio, dei baci di Byron, Keats, Baudelaire.

 

 

 

 

 

 

 

Un bacio

Il peccato sorrideva nei suoi occhi
la luce della luna le rischiarava il volto
una fiamma indifesa scintillava
nel varco di labbra silenziose.

Timidamente, ma piena di un desiderio sordo
con lo sguardo tinto di ubriachezza
guardai a lungo nei suoi occhi,
e mi disse: «Cogliamo il frutto d’amore».

Un’ombra si piegò sull’altra ombra
nell’appartarsi misterioso della notte
un sospiro scivolò su una guancia
un bacio sfavillò tra quelle labbra.

Forugh Farrokhzad
Teheran, settembre/ottobre 1954

Traduzione di Domenico Ingenito

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