Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Il poeta dell’Epifania

Il divino prende forma, «appare, esiste e si dissolve, restando, immaterialmente, per sempre». Tra i cantori di questa luce che si rivela, Mario Luzi che «quintessenzialmente, dalla nascita e prima della sua nascita», la rappresenta nei suoi versi

Rilke, Eliot, i grandi cantori dell’Epifania: termine che significa in origine, in greco, apparizione del divino, sua manifestazione fantasmatica perché presto svanente: appare, esiste e si dissolve, restando, immaterialmente, per sempre. Ai due grandi poeti del Novecento si affianca un altro massimo, Mario Luzi: Epifania è innanzitutto vedere il divino che appare e prende forma, anche se è così assoluta da apparire inconsistente. Nel mondo cristiano Epifania si concretizza nell’apparizione della stella, che svela il miracolo, celato e eveniente in una grotta: la stella illumina i Magi, indicando il buio della caverna a cui ha origine la sua luce.
Ecco perché è notte d’ansia e di vertigine, «quando nel vento a fiotti interstellare,/ acre, il tempo finito sgrana i germi/ del nuovo, dell’intatto, e a te che vai/…/ la fiamma della vita vacilla nella mente». Luzi è quintessenzialmente, dalla nascita e prima della sua nascita, il poeta dell’Epifania.

 

 

 

 

 

 

 

Epifania

Notte, la notte d’ansia e di vertigine
quando nel vento a fiotti interstellare,
acre, il tempo finito sgrana i germi
del nuovo, dell’intatto, e a te che vai
persona semiviva tra due gorghi
tra passato e avvenire giunge al cuore
la freccia dell’anno… e all’improvviso
la fiamma della vita vacilla nella mente.
Chi spinge muli su per la montagna
tra le schegge di pietra e le cataste
si turba per un fremito che sente
ch’è un fremito di morte e di speranza.

In una notte come questa,
in una notte come questa l’anima,
mia compagna fedele inavvertita
nelle ore medie
nei giorni interni grigi delle annate,
levatasi fiutò la notte tumida
di semi che morivano, di grani
che scoppiavano, ravvisò stupita
i fuochi in lontananza dei bivacchi
più vividi che astri. Disse: è l’ora.
Ci mettemmo in cammino a passo rapido,
per via ci unimmo a gente strana.

Ed ecco
il convoglio sulle dune dei Magi
muovere al passo dei cammelli verso
la Cuna. Ci fu ressa di fiaccole, di voci.
Vidi gli ultimi d’una retroguardia frettolosa.
E tutto passò via tra molto popolo
e gran polvere. Gran polvere.
Chi andò, chi recò doni
o riposa o se vigila non teme
questo vento di mutazione:
tende le mani ferme sulla fiamma,
sorride dal sicuro
d’una razza di longevi.
Non più tardi di ieri, ancora oggi.

Mario Luzi

(Da Onore del vero, 1957)

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