Diario di una spettatrice
Il tofu filosofale
“Tofu in Japan” del regista Mitsuhiro Mihara è un piccolo capolavoro di leggerezza e profondità insieme, che mescola passato e futuro. Con Hiroshima sullo sfondo...
Il signor Takano Tatsuo si sveglia all’alba, indossa il suo grembiule bianco e i suoi stivali di gomma anch’essi bianchi ed entra nel laboratorio dietro la piccola bottega in cui da anni produce – seguendo meticolosamente una ricetta di cui solo lui conosce i segreti – il tofu che non venderà mai nei supermercati di Tokyo perché non vuole confonderlo con quello industriale. È il tofu più buono del Giappone, quindi del mondo.
Il signor Takano Tatsuo vive a Onomichi, un piccolo paese vicino a Hiroshima, e la storia dei suoi giorni semplici e ripetitivi ricorda quella di Hirayama, il protagonista di Perfect Days di Wim Wenders: hanno più o meno la stessa età, guardano la vita ormai trascorsa con un sorriso gentile e per entrambi ogni gesto, per quanto apparentemente banale, assume invece un significato profondo, il valore dell’esistenza che in quel gesto è racchiusa.
Il signor Takano è il protagonista del film Tofu in Japan. La ricetta segreta del signor Takano (titolo originale “Takano Tofu”) del regista giapponese Mitsuhiro Mihara, vincitore del Gelso d’oro al Far East Film Festival di Udine. E se c’è un film imperdibile in questi giorni di festa è proprio questo, perché dopo averlo visto si esce con un senso di gratitudine che fa bene al cuore.
A differenza di Hirayama, il signor Takano è da molti anni vedovo e ha una figlia, Haru, che è tornata nella casa paterna dopo il divorzio e lo assiste nella preparazione del tofu. Ogni mattina la donna entra entusiasta nella bottega e proclama: anche oggi faremo del nostro meglio. Perché il tofu è una cosa seria e non è certo quel “formaggio” incolore e insapore che cuciniamo in Occidente. Seguendo i gesti del signor Takano, scopriamo che i semi di soia vengono lasciati in ammollo per una notte, poi lavati, cotti al vapore, passati in una macchina che li trasforma nel (vero) latte di soia, mescolati e addensati con la soluzione salina marina chiamata nigari, compattati in grandi pani bianchi avvolti in teli che verranno porzionati e gustati per quel loro sapore un po’ dolce e un po’ amaro, com’è solo il tofu in Giappone.
Come tutti i padri, Takano vorrebbe vedere la figlia non più giovane sistemata con un uomo perbene. E qui arriva la parte comica del film, i suoi amici sgangherati e perditempo organizzano il casting dei possibili pretendenti e coinvolgono una ragazza che studia regia per scrivere la sceneggiatura dei provini. Ma la ricerca di una persona innamorata con cui invecchiare non riguarderà solo Haru, lo stesso Takano incontrerà una donna gentile che saprà coinvolgerlo in un sentimento che l’uomo aveva dimenticato da anni. Perché “il tempo che passa cambia il sapore delle cose”.
Ci sono momenti di esilarante leggerezza e momenti di intensa commozione nel film di Mitsuhiro. Perché a poco a poco, dietro la storia del tofu più buono del mondo, emerge il dramma di Hiroshima e di chi è sopravvissuto alla bomba. La donna che Takano incontra ha perso tutti i parenti e sopporta con dignità il peso della solitudine. E anche sua moglie è morta giovane per gli effetti che hanno condannato per anni gli eredi delle vittime. Eppure i protagonisti di questa tragedia che segna le generazioni non si lasciano paralizzare dal dolore e nonostante tutto guardano con gratitudine alla vita di ogni giorno. “Noi vedremo il nostro passato e ci diremo che abbiamo vissuto a lungo e siamo stati felici”, ripete Takano alla figlia.
In queste parole c’è l’eco della scena finale di Drive my car, il capolavoro di Hamaguchi Ryūsuke vincitore dell’Oscar al migliore film internazionale nel 2022. È l’ultima scena di Zio Vanja di Anton Cechov, quella col monologo di Sonja: «Che vuoi farci, bisogna vivere! Noi, zio Vanja, comunque vivremo. Vivremo una lunga, lunga serie di giorni, di lunghe serate, sopporteremo con pazienza le prove che il destino ci manderà, ci affaticheremo per gli altri, e adesso e da vecchi, quando verrà la nostra ora, moriremo con gratitudine e di là riconosceremo che abbiamo sofferto, che abbiamo pianto, che sentivamo tanta amarezza, e Dio avrà pietà di noi, e io e te, caro zio, vedremo una vita luminosa, stupenda, meravigliosa, ne saremo contenti e ci volteremo a guardare le nostre disgrazie con tenerezza, con un sorriso… e riposeremo».
Se cercate un sorriso in questi giorni di festa non perdete Tofu in Japan. Vi verrà anche voglia di volare in Giappone e di mangiare il tofu più buono del mondo.
PS: questo film nasconde una perla per i cinefili, l’anziano Takano è interpretato da Fuji Tatsuya, il protagonista dell’indimenticabile Ecco l’impero dei sensi di Oshima Nagisa, uno dei film più “scandalosi” degli anni Settanta.