Roberto Mussapi
Every beat of my heart

Keats: dove risuona la musica delle sfere

È «il poeta dalla grazia leopardiana nella lingua» che può essere percepita e compresa anche da chi la sua lingua non conosce. Perché nei suoi versi – come in questi oggi proposti di “Dolce, dolce il saluto degli occhi” – dimora la musica-parola della Poesia

Keats è incantevole senza creare incanti. Lo è per dono divino e per sua docile e infervorata accettazione di tale dono. È il poeta dell’Usignolo, dell’Ode all’urna greca, il pre-junghiano scopritore del mistero del Sonno, ma è anche il poeta dalla grazia leopardiana nella lingua. Come l’italiano di Leopardi, nei suoi versi, è immediatamente percepito da un lettore swaili o inuit, se attenti, desideranti e incantati, così l’inglese di Keats non è poesia soltanto per i molti che la sua lingua conoscono. C’è un sottofondo della musica-parola della poesia: scommetto che un turco o un finlandese che non conoscono l’inglese ne sono raggiunti. La musica delle sfere è musica entro una sfera, il globo dell’anima, incorporeo e fisicamente percettibile.

 

 

 

 

 

 


Dolce, dolce il saluto degli occhi

Dolce, dolce è il saluto degli occhi
e dolce è la voce nel suo saluto,
quando l’addio è logorato e svanisce
l’arrivederci con il tempo antico.
È calda la mano che ti stringe e saluta,
e caro il bacio sugli occhi,
quando t’incontro oltre la terra e il mare
dove i solchi non conobbero aratro.

John Keats

Da John Keats, Lucente stella, poesie scelte a cura di Roberto Mussapi, Feltrinelli

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