Nadia Tarantini
Su “Le sovversioni del genere”

Donne e fantascienza

Un bel saggio di Giuliana Misserville su Ursula Le Guin analizza il rapporto ("rivoluzionario") tra donne e letteratura di genere

“La resistenza e il cambiamento cominciano spesso con l’arte, e ancora più spesso con la nostra arte: l’arte delle parole”: con un esergo di Ursula K. Le Guin, Giuliana Misserville dichiara le sue intenzioni nell’affrontare una delle scrittrici più importanti del Novecento, e sicuramente la più grande della Fantascienza (e non solo, come vedremo meglio appresso) – non è certo la prima ad occuparsene, ma sicuramente lo fa con un taglio originale. E seppure nel libro (Ursula K. Le Guin e le sovversioni del genere, Asterisco edizioni, 220 pagine, 17 Euro) si attraversi quasi tutta l’opera di Le Guin, il mezzo per la resistenza e il cambiamento auspicati è il romanzo La mano sinistra delle tenebre (di recente rieditato in Italia con il titolo: La mano sinistra del buio).

Il titolo di codesto nuovo lavoro di Misserville è altrettanto esplicito nella sua dichiarazione di intenti, con il sottotitolo: Ursula K. Le Guin e le sovversioni del genere. Insomma l’autrice non gliele manda a dire, a critici ed esegeti, si espone dichiarando prima di tutto il suo amore per Le Guin, e poi la gioiosa illuminazione che l’ha guidata, nel rileggere il romanzo: «Ho sempre pensato che fosse riduttivo considerare Ursula K. Le Guin una scrittrice di genere […] E La mano sinistra del buio un romanzo destinato a chi vuole avventurarsi per i sentieri della fantascienza. […] Invece niente affatto. La mano sinistra del buio è stato e continua a essere, come vedremo, un romanzo sovversivo e visionario, che agisce come una miccia e innesca le riflessioni sul genere e il sesso che si dipaneranno nei successivi decenni, intrecciando un dialogo serrato con il pensiero femminista e utopico.»

Si potrebbe ora giocare con il doppio significato della parola genere: ossia dire come Misserville voglia sottrarre Le Guin al genere (inteso come genere letterario, ossia alla fantascienza); e consegnarla tutta intera al genere (inteso come declinazione culturale del sesso biologico). Invece dobbiamo seguirla in un passaggio ancora più audace: «Un romanzo talmente potente da oltrepassare a pié pari, anzi sbriciolare, il canone consolidato dagli intellettuali dell’epoca, maschi bianchi e etero. Un romanzo apripista dei canoni inversi, ambigui e queer che in questi anni hanno spodestato i dettami classicisti».

Che La mano sinistra delle tenebre (titolo della prima edizione italiana, del 1971, due anni dopo l’uscita in Usa nel 1969) fosse visionario e sovversivo – nel senso di rivoluzionario – era chiaro. Sovversivo in senso di rivoluzionario, perché rivolta, insieme alla descrizione di un popolo, anzi un pianeta, in cui non si è maschi né femmine, ma si può essere l’uno e l’altra, l’idea di un’umanità vincente in quanto maschile e sopraffattrice dell’altro elemento di genere. E mette il protagonista proveniente dalla Terra, messaggero dell’Ecumene, Genly Ai, nella scomoda posizione di essere quello che non capisce.

Genly Ai arriva dalla Terra su Gethen, un pianeta quasi completamente ricoperto dal ghiaccio, per convincere il suo governo ad associarsi al’Ecumene, l’universo immaginario, cui Ursula Le Guin ha dedicato un intero ciclo di romanzi. Il suo accompagnatore in quel mondo sconosciuto è il getheniano Estraven, con il quale Genly Ai non riesce ad entrare in sintonia, ostacolato dagli stereotipi con i quali è cresciuto. Non solo sessuali, ma certo l’ambiguità dei getheniani, che attraversano periodi come maschi e altri come femmine, nei quali possono generare (attraversando periodi khemmer, nei quali si possono accoppiare – è uno degli ostacoli più imbarazzanti, per lui, alla comprensione di quel mondo.

Eppure non c’è solo questo su Gethen. C’è ad esempio una non conflittualità permanente, con tre comunità diverse che non si sono mai fatte la guerra fra loro. E un modo di vivere che ha escluso molte idee sul possesso, cruciali sulla Terra.

C’è talmente tanta roba – in codesta invenzione di Ursula Le Guin – che quando ho letto la prima volta il libro di Giuliana Misserville, critica e pensatrice critica che apprezzo e stimo tantissimo (e da circa vent’anni), mi sono trovata inerme di fronte al desiderio di parlarne, di scriverne. Perché quel poco che conosco di Ursula Le Guin mi ha fatto pensare che l’interpretazione di Misserville sia nello stesso tempo di più e di meno – di ciò che ci avevo sempre visto io, amandola certamente con simile passione a quella di Misserville.

Di più, perché non trovo in Le Guin una così chiara intenzione di dedicare la sua opera – e in particolare La mano sinistra delle tenebre (o del buio che dir si voglia) a un tema specifico come quello del genere, o anche della sua fluidità. Di meno, perché io ci ho sempre visto uno sguardo che abbraccia il destino umano aldilà di qualsiasi differenza, e non solo di genere. Come scrive Nicoletta Vallorani nella post fazione alla più recente edizione, indicando il punto centrale del romanzo: la progressiva costruzione di un rapporto di amicizia tra diversi che oltrepassa con spontaneità struggente ogni genere di differenza, e ogni differenza di genere.

Centrale a me appare il tema dell’amicizia, come ha scritto anche Maico Morellini sul sito satisfaction.eu: Un romanzo all’interno del quale si trova spazio per la comprensione, per la comunione, per l’amicizia e per la fiducia reciproca. Perché la grandezza di un mondo, il suo futuro, la sua emancipazione e il cambiamento non possono prescindere dalle piccole – ma enormi – energie che l’amicizia e la fiducia tra singoli catalizzano.

Centrale e rivelatoria la parte più emozionante del romanzo, il lungo viaggio nel ghiaccio di Genly Ai ed Estraven, per salvarsi. Laddove tutto ciò che prima li ha divisi, resi estranei, contrapposti dentro le regole dei loro diversi mondi – si dissolve e risulta chiaro quanto le differenze siano illusioni umane, barriere con le quali ci difendiamo da ciò che non conosciamo.

Dunque un testo prezioso di questi tempi, che insegna e dimostra che l’ascolto è la qualità più specificatamente umana. Dice Ursula Le Guin: Imparare quali domande non hanno risposta, e non rispondere a esse; questa qualità è la più necessaria in tempi di tensione e di oscurità”.

E dunque preziosa anche la nuova lettura di Giuliana Misserville, che lo riporta alla nostra attenzione – qualunque sia, una interpretazione diversa dalla sua. Per dirla ancora con le parole di Le Guin:

«La luce è la mano sinistra delle tenebre,
le tenebre la mano destra della luce.
Due sono uno, vita e morte,
e giacciono insieme come amanti in kemmer,
Come mani giunte,
come la meta e la via».

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