Ida Meneghello
Diario di una spettatrice

Gli spettri di Pirandello

Il film di Michele Placido (con Fabrizio Bentivoglio) su Luigi Pirandello per la prima volta mette in scena platealmente il rapporto dello scrittore con la follia della moglie (interpretata magistralmente da Valeria Bruni Tedeschi)

Esterno notte, novembre 1934. La locomotiva emerge lentamente dalla nebbia, gigantesca e ansimante. Trascina un treno che va da Roma a Stoccolma e il suo viaggio sarà il filo conduttore dell’intera pellicola, un viaggio nello spazio e nel tempo della vita di uno scrittore e drammaturgo italiano che sta per ricevere il premio Nobel per la letteratura, esattamente novant’anni fa. Il titolo di questo viaggio è Eterno visionario ed è un titolo che non rende giustizia a ciò che lo spettatore vedrà per quasi due ore.

Il nuovo film diretto e sceneggiato da Michele Placido, insieme agli agrigentini Matteo Collura e Toni Trupia, non si limita infatti a raccontare la dimensione visionaria che ha reso unico Luigi Pirandello, ma ne scandaglia le origini profonde e scandalose, spesso taciute perché troppo personali. I fantasmi del più grande scrittore di teatro italiano del Novecento affondavano infatti negli incubi della sua vita reale, nella quotidianità della sua famiglia. Una classica famiglia borghese, identica a quelle che lui avrebbe raccontato nei suoi romanzi e nelle sue novelle e portato in scena nei suoi capolavori teatrali.

“Ho una moglie, caro Ugo, da molti anni pazza. E la pazzia di mia moglie sono io, il che ti dimostra senz’altro che è una pazzia vera.” Pirandello scriveva queste parole nel 1914, confessandosi con l’amico Ugo Ojetti. Parla di Maria Antonietta Portulano, sposata con un matrimonio combinato per interesse tra suo padre e il suo socio in affari. Presto arrivano tre figli, Stefano, Lietta e Fausto, mai veramente compresi, spesso in aperto conflitto col padre. Una famiglia amata e odiata inevitabilmente, perché chi vive per scrivere, per “vendicarsi così di essere nato”, non può che subire la famiglia e i suoi drammi come una prigione da cui fuggire.

Pirandello – impersonato da Fabrizio Bentivoglio che in questo film si identifica totalmente col drammaturgo, forse anche troppo, concedendosi una recitazione teatrale più che cinematografica – sta viaggiando in un lussuoso scompartimento accompagnato dal suo agente Saul Colin, interpretato dallo stesso regista. Il treno attraversa mezza Europa, il viaggio verso Stoccolma è interminabile. Tra la veglia e il sonno indotto dal ritmo cadenzato del convoglio, si affacciano nella mente del protagonista scene di vita passata, incontri e ricordi, momenti di gioia e di dolore assoluto. Nel teatro che è dentro Pirandello dominano due figure femminili: la moglie Maria Antonietta e l’amore impossibile della sua vita, la sua musa Marta Abba.

E qui bisogna fermarsi per parlare delle due attrici che le incarnano e che rappresentano il vero valore aggiunto di questo film rispetto alle pellicole (comunque pregevoli) che evocarono Pirandello nel 2022: Leonora addio di Paolo Taviani e La stranezza di Roberto Andò. Federica Luna Vincenti, ovvero Marta Abba, non è solo un’attrice di raro talento: è cantante, musicista e produttrice cinematografica che con la sua Goldenart si è affiancata a Rai Cinema per produrre il film. Incidentalmente è anche la moglie di Placido.

Valeria Bruni Tedeschi offre in questa pellicola un’interpretazione da brividi della follia di Maria Antonietta Portulano, mai rappresentata prima con tanta evidenza. Si può dire che di fatto è lei la vera protagonista del film, e non solo perché la sua presenza tutto travolge e domina anche quando è assente – da nodo in gola la scena dell’incontro con i nipoti o quando tenta di sedurre il marito che fugge dalla realtà inseguendo freneticamente i suoi personaggi – ma perché il film di Placido, e in questo sta la sua originalità, rappresenta per la prima volta ciò che sempre veniva taciuto: cioè la connessione profonda tra le vicissitudini private della vita di Pirandello, la sua esperienza diretta della “follia”, e la sua opera. Senza il “delirio paranoide” di sua moglie non avrebbe potuto scrivere e portare sul palcoscenico Il berretto a sonagli e i due capolavori che segnano uno spartiacque nella storia del teatro del Novecento: Enrico IV e Sei personaggi in cerca d’autore.

Nel viaggio di Pirandello da Roma a Stoccolma c’è spazio anche per alcune tappe che portarono il drammaturgo lontano dai drammi familiari: il debutto disastroso dei Sei personaggi al Teatro Valle di Roma, il tentativo fallito di farne un film con la regia di Murnau, i rapporti col fascismo, la Berlino di Kurt Weill con una splendida Ute Lemper per la prima volta in un film italiano.

Pirandello ricevette il premio Nobel per la letteratura il 10 dicembre 1934. Morì il 10 dicembre 1936. Nella scena finale del film la voce fuoricampo di Bentivoglio recita le sue disposizioni testamentarie: la cremazione del corpo nudo avvolto in un lenzuolo, le ceneri tumulate in una roccia della sua Sicilia. Maria Antonietta Portulano visse fino al 1959, pazza per sessant’anni, viva e presente nel teatro di suo marito per sempre.

Facebooktwitterlinkedin