Ida Meneghello
Diario di una spettatrice

Joker e signora

La nuova puntata della saga di "Joker" non può che deludere: la storia è piena di salti logici ed è un musical a metà. Ma la coppia Joaquin Phoenix-Lady Gaga è esplosiva...

È un sequel? Sì, ma non è quello che il pubblico si aspetta. È un musical? Solo in parte, come se il regista avesse deciso di usare il registro che è l’opposto del dramma e poi c’avesse ripensato. C’è un colpo di scena finale, come fu l’omicidio in diretta tv del presentatore Murray Franklin nel film che vinse il Leone d’oro nel 2019? Nessun colpo di scena, anzi, si può dire che non succede niente che non sia prevedibile.

Eppure, nonostante queste contraddizioni, Joker: Folie à deux – attesissimo seguito di Joker e già per questo pre-destinato a deludere – presentato a Venezia, scritto, diretto e co-prodotto dal regista newyorkese Todd Phillips per continuare la saga del vendicatore di Gotham City, lo psicopatico in bilico tra ribellione e follia, tra sadismo e richiesta disperata d’amore, resta misteriosamente aggrappato alla mente dello spettatore, chiedendo altro tempo per digerirlo e un’ulteriore visione per metterlo a fuoco.

Dopo una breve introduzione cartoon che evoca la matrice fumettistica di Joker, il pagliaccio malefico dei DC Comics, il mutante criminale con la risata spastica, ecco manifestarsi potentemente il primo punto di forza di questa pellicola: il corpo di Joaquin Phoenix. Fin dalla sua apparizione nella cella dell’Arkham Asylum dove è incarcerato per i cinque omicidi che ha commesso nella prima puntata, il protagonista assoluto della storia si presenta scarnificato come sul tavolo di un teatro anatomico, irriconoscibile, un martire al macello, ed è inevitabile che quel corpo disarticolato, con le clavicole che sembrano uscir fuori dalle spalle, si imponga sulla scena e venga celebrato in tutta la pellicola.

L’atmosfera del film è cupa, claustrofobica, la fotografia dipinge con chiaroscuri caravaggeschi i corridoi penitenziari dove vagano relitti umani in preda ai fantasmi della follia e guardie carcerarie che li massacrano senza pietà. In quel corpo che è il protagonista del film non c’è più Joker, il sadico assassino, c’è il comico fallito Arthur Fleck, il bambino abusato, l’uomo fragilissimo che non ha più niente della ferocia del clown che terrorizzava Gotham City ed era l’idolo delle folle.

E qui arriva il primo salto logico della narrazione: perché il regista sposta intenzionalmente la messa a fuoco dalla maschera di Joker al viso di chi se l’è dipinta addosso.

Un lampo squarcia le tenebre dell’Arkham Asylum e la rassegnazione di Arthur in attesa del processo: è il bagliore biondo di Harleen “Lee” Quinzel, ovvero Lady Gaga. L’entrata in scena della camaleontica cantante e attrice chiamata a interpretare l’alter ego femminile di Joker, la sua complice e amante, consente a Phillips di introdurre il registro musicale, e questa è la seconda svolta rispetto al primo film. Grazie a lei la colonna sonora vola tra Bacharach e i Bee Jees, dai grandi classici onnipresenti in Woody Allen fino a Jacques Brel, con esiti da brividi: perché se la bravura di Lady Gaga è nota universalmente, non lo è quella di Phoenix, che come Ryan Gosling dimostra capacità interpretative (più che vocali) e abilità coreografiche insospettate.

E tuttavia il film è solo a tratti un musical, non ne ha la leggerezza, e Lady Gaga resta confinata al ruolo di “spalla” senza mai diventare co-protagonista, come se il regista non ci avesse creduto fino in fondo. Un notevole spreco di talento. Forse era questa l’intenzione di Phillips: offrirci in tutta la sua scandalosa nudità l’umanità dolente e innamorata di Arthur, mettendo in conto la delusione di chi si aspettava altri effetti speciali? Difficile rispondere. Certo sull’intenzione del regista pesa un eccesso di psicologismo, quando si sforza di penetrare nella mente del personaggio e di spiegarci chi ha ucciso, se Arthur o Joker, una spiegazione in fondo superflua perché tutti abbiamo in testa lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hide. Se invece avesse alleggerito le lungaggini del dibattimento processuale, riducendo le 2 ore e 19 minuti del film, il ritmo sarebbe stato un altro.

Nonostante questi limiti, il secondo capitolo della saga è certamente il completamento del primo ed evidenzia il vero motivo per il quale merita di essere visto: la forza del personaggio Joker e dell’attore che lo interpreta, o meglio si identifica con esso. Possiamo perciò fregarcene dei delusi della Mostra veneziana e goderci lo show della coppia Phoenix-Gaga, canticchiando con loro quelle canzoni che fanno grande il cinema.

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