Gianni Cerasuolo
Suggestioni Olimpiche

Nuovi campioni crescono

Non più Tamberi, non più Jacobs: Paris 2024 ha dato spazio a nuovi piccoli grandi campioni d'Italia. Da Battocletti a Furlani, da Andy Diaz Fernandez a Iapichino: cresceranno, c'è da scommetterci!

Quando Gianmarco Tamberi ha scavalcato 2 metri e 22 al terzo disperato tentativo, si è affacciata per un po’ la speranza che potesse farcela, ancora una volta. E tutta quella suspense, cominciata dal mattino, il calvario dei calcoli renali in diretta social, facesse parte di un colpo di teatro dei suoi. Ma si vedeva che non aveva forza, non aveva spinta per saltare. Povero Gimbo. Più magro del solito da sembrare scheletrico, uno zombie. Troppa dieta, troppe saune, e solo qualche bicchiere d’acqua scrivono ora quelli che lo hanno seguito a Parigi. Il contrario del ritornello che ossessivamente ripetono a noi vecchierelli di questa stagione: bevete, bevete, non uscite nelle ore calde e tutto il resto.

Gimbo aveva la bocca aperta quasi a cercare l’aria, gli occhi erano spenti. Si era steso sulla pista a guardare il cielo, quasi a invocare gli dei dell’atletica. Cinque centimetri dopo, ai 2,27, si è arreso. E così alle 19,48 di un sabato arroventato è finita l’avventura. Forse è uscito definitivamente dalle Olimpiadi. Quasi un passaggio di consegne con Stefano Sottile, il piemontese che rimaneva in gara con i migliori, anzi superava i propri limiti. Alla fine sarà quarto (abbiamo il record dei quarti posti: 25 prima che inizi l’ultima giornata) in una gara di salto in alto bruttina vinta dall’australiano Hamish Kerr. In mattinata si era piegato un atleta da leggenda, Eliud Kipchoge, il maratoneta keniano vincitore a Rio e a Tokyo. Si è fermato ma non se ne è andato, ha aspettato che passassero tutti gli altri, fino all’ultimo, un mongolo. Un gesto regale di chi sa che la propria storia sportiva, a 39 anni, si è chiusa. Solo allora Eliud ha abbandonato la strada tra gli applausi e l’ammirazione della gente.

Gimbo invece cercava conforto nella sua curva. Gli amici sono scesi dalle gradinate dello Stade de France per abbracciarlo e confortarlo. Lui era disperato e ha continuato a piangere per un bel po’, la telecamera fissa su questo gruppo marmoreo attorno al Galata morente. In contemporanea sulle pagine di apertura dei siti risaltava una foto drammatica: un ago infilato in un braccio, i piedi che sbattono contro la portiera dell’ambulanza, la mano sinistra racchiusa nelle mani della sua donna. Poche ore prima di scendere in pedana e difendere il titolo olimpico del salto in alto, Tamberi stava andando in ospedale dopo aver vomitato anche sangue. I calcoli si sono rifatti vivi ad una settimana di distanza e lo hanno definitivamente messo ko. Quella perfida di Emanuela Audisio ha scritto su Repubblica: «Una via crucis… documentata sui social, da Chiara e da lui stesso. Altre foto: lui con la flebo. Poi le parole: “Ho sputato sangue, ma ci sarò”. Una tempesta di aggiornamenti, che forse nemmeno l’agonia di Fausto Coppi per malaria si è meritata. Ma uno si chiede: stai su una barella e posti messaggi? Mentre la federazione non sa niente e apprende la notizia dai social…».

«Non posso accettare una cosa del genere» ha detto a quelli della Rai dopo l’esclusione. «Sentivo questa gara come la mia ultima, vera gara, quella a cui dedichi una vita. Non meritavo quello che è successo la scorsa notte e nei giorni scorsi. Ti perdi tante cose, una famiglia che magari potevo realizzare tre anni fa…». L’istrione delle piste, il grande campione che ci ha regalato forti emozioni, uno che ha fatto rinascere l’amore per corse e salti, era un uomo avvilito, sconfortato, vinto.

Era partito in aereo con Mattarella, ora tornerà in barella, Gimbo. La foto di un’atletica che ha mancato le promesse (come in parte anche il nuoto), i big in ombra, soprattutto quelli della velocità e della marcia. È evaporata la magia degli Europei di giugno, lontani i cinque ori giapponesi. In compenso, sono arrivate forze nuove, si sono imposti altri nomi già conosciuti ma ancora in incubazione. Vedere Nadia Battocletti (nella foto accanto al titolo) superare le atlete africane fin quasi a battersi per l’oro dei 10 mila con la grande keniana Beatrice Chebet, prima anche nei 5000, è stata una bella emozione. Chi stava davanti al televisore ha come sospinto Nadia verso il traguardo. Dietro di lei altre keniane e le etiopi. Non c’è fallimento, non c’è delusione di fronte a questi sforzi: viva l’argento! Eccoli i sostituti protagonisti: Andy Diaz Fernandez che scappò da Cuba per venire a saltare il triplo da noi. Ci mise un po’ a convincersi di non essere più all’Avana, aspettando mesi e mesi un permesso di soggiorno e dormendo fuori dagli uffici immigrazione di Ostia.

Un altro: Mattia Furlani, il più giovane della squadra di atletica, 19 anni, che fa un primo salto di 8 metri e 34 centimetri e con una faccia (un po’ scura, generale, va bene lo stesso?) da impunito si va prendere il podio più basso, medaglia di bronzo. E chi se le ricordava più i salti in lungo dei fratelli d’Italia? La Gazzetta – che in questo è una miniera di notizie e di numeri – ti spiattella subito il dato e ti rinfresca la memoria: Giovanni Evangelisti, quarant’anni fa a Los Angeles, terzo, nella gara vinta da un certo Carl Lewis (ne avrebbe vinte altre tre, il fenomeno) fu la sola medaglia prima di Mattia in quella specialità. Non meritava, più avanti, il buon Giovanni, atleta pulito, di essere vittima di un imbroglio, il salto “allungato” ai Mondiali del 1987 di Roma, che gli regalò un terzo posto, una gara sporca, uno scandalo che fece il giro del mondo: erano i tempi di Primo Nebiolo e della sua atletica spettacolo e farlocca.  Ma questa è un’altra storia, come si dice.

Dunque Furlani, ma anche Larissa Iapichino, un altro quarto posto, ancora nel lungo. Alla fine la giovane fiorentina si è rimproverata: «Sono stata una scema, potevo fare di più. Adesso dovrò riflettere e capire che devo essere pronta al cento per cento». Un’autocritica che la aiuterà a crescere.

Non più Jacobs, non più Tamberi. Abbiamo pescato altrove. Nel ciclismo su pista, nel canottaggio, nel tennis, nella ginnastica. E in qualche altro sport o simil-sport di cui non sappiamo niente, roba che passa in tv ogni quattro anni, ma facciamo finta di sapere ogni cosa. Comunque, l’Italia alla vigilia della domenica di chiusura di Paris 2024 ha preso le stesse medaglie di Tokyo (siamo a 39 ma con le ragazze del volley d’oro o d’argento arriveremo a 40). Coraggio, tra pochi giorni ricomincia la Serie A.

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