Suggestioni Olimpiche
Giochi di donne
I Giochi che si sono appena conclusi a Parigi sono stati dominati dalle donne. Le italiane hanno fatto la loro parte, non solo d'oro. Dalla scherma al tennis alla pallavolo: quasi una lezione di vita
Parigi adieu. Tom Cruise calato dall’alto dello stadio ci ha già portato con la sua moto al Memorial Coliseum e poi su una spiaggia di Los Angeles, anzi di LA28. I francesi hanno voluto stupire fino alla fine. Una chiusura dei Giochi che sembrava incanalata sui binari tradizionali, con la bolgia degli atleti mischiati sul prato dello stadio. E invece poi sono esplose le luci, i laser, si sono visti pianoforti sospesi per aria in verticale, una fiamma olimpica che è passata dalla mongolfiera al lumicino a petrolio sorretto da Léon Marchand, il nuotatore, e spenta con un soffio. Il mondo brucia ma noi soffiamo sulle fiammelle. Poco dopo, passata la mezzanotte, Paris 2024 ha chiuso. Ancora con lei, Céline Dion e l’Hymne à l’amour.
L’abbiamo cantato noi l’inno all’amore all’ora di pranzo di una domenica di agosto. Una lacrima sul viso, la gioia immensa verso quelle ragazze della Bella Italia. Neanche il tempo di cuocere gli spaghetti e le giovani del volley si mangiavano le americane. L’oro mai vinto nella pallavolo, l’oro che mancava da vent’anni negli sport di squadra: Atene 2004, il Setterosa della pallanuoto, ancora donne. L’oro ritrovato 28 anni dopo quell’ultima schiacciata fuori di Giani con l’Olanda. Qualche giorno fa Velasco aveva detto che c’era un problema e il problema era l’avversario. Come ogni volta che si scende in campo, su un parquet, sopra un ring, su un campo di tennis, in un poligono di tiro, in mare con una barca a vela. Misurarsi con gli altri, avviene anche nella vita. Ci sta che vinci, però succede anche che si perde. Ma qui gli avversari, le ragazze Usa oro tre anni fa a Tokyo, non sono esistiti, cancellati dai muri della Danesi, dalla precisione dei bagher della De Gennaro, 37 anni, la splendida “nonna” del gruppo, dalle battute della Orru, dalle schiacciate della Egonu, della Antropova, della Sylla. Dalle giocate della Fahr e della Bosetti. Schiacciate, muri e sorrisi. Una finale olimpica che è durata un’ora e venti minuti circa, un niente. Velasco osservava, non ha mai urlato, sembrava un monaco buddista in meditazione. Dall’altro lato, Karch Kiraly, una delle testimonianze più prestigiose del volley, che assisteva a quello spettacolo attonito, incredulo. Chiamava time out e non sapeva che dire alle fanciulle americane. Infine l’esplosione, gli abbracci, le lacrime, la felicità con i Ricchi e Poveri come colonna sonora, che confusione, sarà perché ti amo. Si è visto la Egonu stretta alla Antropova, Velasco che saltava in braccio a Bernardi, la De Gennaro che non sapeva trattenere la commozione, e tutta una serie di balletti a due in mezzo al campo, le tribune impazzite con i tricolori, le mamme, i papà, i nonni, i tifosi del volley che si sono precipitati a Parigi. Velasco ha ricostruito una squadra, ha mostrato un Paese diverso, multietnico, inclusivo.
E adesso? «Bisogna essere umili che non significa essere uguali agli altri, significa lavorare e migliorare. Io ho cercato la squadra femminile perché volevo cambiare. Bisogna sempre andare avanti e rinnovarsi, ripensare le cose. Io alleno il cervello a cambiare, altrimenti divento vecchio. Certo sarebbe bello finirla qui, ritirarsi. Ma gli amici mi hanno detto: ti ammazziamo». E lei, Paola Egonu, è stata la miglior giocatrice del torneo, una donna diversa, un’atleta rigenerata. Paola avrà ripensato a tante cose belle ma anche a tutte le cose brutte, alle polemiche (il generale, sempre quello lì, il nuovo colonnello Buttiglione che insiste sull’italianità e però chiede anche un autografo: ma mi faccia il piacere…!), alle pressioni, alle critiche. All’essere sempre sotto esame. Avrà ricordato anche quei vigilantes del supermercato dove andava da ragazzina con la sorella e un’amichetta ghanese. Si accorse che le seguivano per vedere se avessero rubato qualcosa. Non si sa mai, con quella pelle nera. O al bacio con la sua ex fidanzata, che vergogna, che scandalo, signora mia. «Mi sono rialzata tante volte. Velasco ci ha unito dandoci qualcosa che mancava» ha detto quando l’adrenalina calava.
Italia nona nel medagliere, meglio di Tokyo dove ci piazzammo al decimo posto. Questa volta abbiamo scavalcato la Germania. 40 medaglie come tre anni fa ma con più ori (12) e argenti (13) e meno bronzi (15 contro 20). E 25 quarti posti, medaglie di legno, o di cioccolata, come dicono i francesi. Mattarella vuole anche loro al Quirinale, tutti quelli che sono finiti appena giù dal podio. Siamo andati a medaglia in 20 sport con un totale di 80 atleti con un pendente al collo. Cosa che fa dire al paludato presidente del Coni Giovanni Malagò (già “trombato” dal ministro Abodi, il prossimo anno ci sono le elezioni al Coni): «Siamo un Paese multidisciplinare». Sette primi posti dei dodici complessivi sono stati conquistati dalle donne. Una Olimpiade al femminile, la nostra: le ragazze del volley, quelle della spada, la Bellandi nel judo, la Maggetti nel windsurf, la Errani e la Paolini sulla terra rossa, Alice d’Amato sulla trave, le due del velodromo Vittoria Guazzini e Chiara Consonni. Ma non solo. Come si fa a dimenticare le Fate della ginnastica, quelle della ritmica, Silvana Stanco nel tiro a volo, Manila Esposito, ’na creatura, Ginevra Taddeucci nella Senna, la Battocletti che corre come una degli Altipiani?
Donne vincenti, forti. Decise. Alla pari. Anche quelle senza vittorie. Le medaglie non invertono un fluire amaro e triste che sembra immodificabile. Le medaglie non spostano nulla, non cancellano le violenze, le botte, le morti, i femminicidi, questa follia collettiva che ci avvilisce e ci fa sentire più barbari ogni giorno che passa.
Parigi ha reso omaggio al mondo femminile. Un’ultima giornata dedicata a loro. Anche la maratona, tradizionale chiusura riservata ai maschi, è stata appannaggio delle donne. Che hanno fatto a sportellate all’arrivo, nello sprint tra l’olandese di origine etiope Hassan, che ha avuto la meglio, lei che aveva già incassato due bronzi nei 5mila e nei 10mila, e l’etiope Assefa: sbracciate e manate come un attaccante e un difensore in area di rigore. Alle prime Olimpiadi moderne, 1896, quelle volute da Pierre de Coubertin, una donna greca, Stamata Revithi, corse da sola la maratona. Il giorno dopo gli uomini, quella del leggendario Spiridon Louis. Ma per le donne non erano in programma né maratone né altre gare, il barone non le voleva. Stamata non si arrese e il giorno dopo rifece il percorso di maschi.
In cima al medagliere gli Stati Uniti hanno fatto meglio della Cina, 40 ori a testa ma 126 medaglie per gli yankee e 91 per la nazionale del Dragone. Inutile far finta di niente, la Russia non c’era e nel dare i numeri bisogna considerare anche questo. La Francia, padrona di casa, è arrivata quinta dietro Giappone ed Australia, seguita da Paesi Bassi e Gran Bretagna. Nei primi quattro posti non c’è nessun Paese europeo. Davanti a noi, la Corea del Sud. Dietro di noi, la Germania, e poi, sparse, Nuova Zelanda, Spagna, Svezia, Canada. Nazioni dove ci si muove molto più che da noi. L’Ucraina ha preso 12 medaglie di un significato particolare a cominciare da quella della splendida Yaroslava Mahuchikh (nella foto sopra), prima nell’alto, sdraiata tra un salto e l’altro nel suo sacco a pelo a pensare alla gara ma anche ad altro. La geografia dello sport continua a cambiare. Tra gli africani è spuntato il Botswana nella velocità, Letsile Tebogo si è andato a prendere i 200 allo Stade de France ricacciando indietro gli americani. Kaylia Nemour, algerina, ha scritto il suo nome d’oro nelle parallele asimmetriche, prima volta di una medaglia per quel continente nella ginnastica. A Tokyo andarono a medaglia 93 Paesi, qui 91. L’Algeria: ne abbiamo parlato tra polemiche pretestuose e falsità costruite a tavolino a proposito di testosterone insultando Imane Khelif che alla fine ha vinto.
Anche a Parigi sono piombati nuovi sport. O performance che non hanno niente a che fare con lo sport e l’agonismo. Qui si è vista la break dance dopo lo skateboard. Fra un po’ ci saranno medaglie anche per i videogiochi. È il pachiderma Olimpiade che qualcosa toglie ma poi rigonfia i programmi e strizza l’occhio ai giovani. Ma forse questo dei giovani è soltanto un pretesto. Nelle prime edizioni dei Giochi c’era di tutto, una specie di Giochi senza frontiere, tiro alla fune compreso. E così adesso. Allo stesso tempo si vogliono cancellare vecchie discipline. A Los Angeles 2028 dovrebbe sparire la boxe. Sembra un po’ difficile depennare uno sport che ha scritto la sua storia proprio negli States. Prima di arrivare in California, qui in Italia tra due anni ci sarà l’edizione invernale dei Giochi: Milano-Cortina 2026 che tante polemiche ha già suscitato. Buona fortuna.
Accanto al titolo, un murale comparso a Roma. Foto La Presse.