Iniziano i Giochi di Parigi
Olimpiadi blindate
Le Olimpiadi di Parigi cominciano con la rete ferroviaria francese bloccata. Sarà un evento circondato di paura per gli attentati: dietro allo sport ci sono soldi e interessi che con le gare non hanno nulla da spartire. L'importante è riscoprirsi tifosi. E puntare a conquistare cinquanta medaglie...
Eccola l’Olimpiade numero 33. Paris 2024. Guerre, terrorismo e mondo sottosopra non fermano il grande show. Arrivano i nostri, benedetti da Mattarella, vinceremo 50 medaglie, chi offre di più? È la scommessa Italia, lo sport almeno funziona, siamo passati dalle baracche ai quartieri alti dell’agonismo mondiale, evviva. C’è in giro aria da trionfo, un’attesa un filino eccessiva. Quasi volessimo riscattarci dalla figuraccia calcistica in Germania. Ma il calcio non c’entra nulla con le Olimpiadi. C’è un torneo di calcio, a Parigi, anzi fuori Parigi, che ha già dato il meglio di sé con l’anteprima tra Marocco e Argentina, botte, risse, tentate invasioni e un gol annullato dopo molti minuti, il tutto per quattro ore di un burlesque, una farsa. Ebbene, provate a cercare nelle squadre qualche vip di giocatore: non ce ne sono. Al massimo vecchie glorie e giovani germogli per partite improbabili.
Vigilia fiduciosa in Casa Italia. Il toto-medaglie dice che potremmo superare le 40 di Tokyo 2021: 10 ori, 10 argenti e 20 di bronzo. La Nielsen ha previsto un settimo posto nel medagliere (in Giappone finimmo al decimo posto) con 11 ori, 20 argenti e 15 bronzi, totale 46. Ma altri si spingono al numero tondo, 50, buono per fare i titoli. Sembrano un po’ quegli exit poll elettorali che poi si sbriciolano in un batter di ciglia, anche un po’ porta-jella. Spedizione monstre: 403 atleti (194 donne, era ora) meno uno, Sinner che ha mal di gola, è innamorato e non è più lui. Poveretto, da quando è comparsa una ragazza al suo fianco, per giunta russa, tutti ad ammiccare, a darsi di gomito come fosse un Berrettini qualsiasi. Sulla Gazzetta si versano lacrime amare sull’assenza del numero 1 del tennis e dell’altro fenomeno, Tadej Pogacar, il ciclista sloveno (per come va, sembra più un motociclista, misteri gaudiosi della bici) che è infuriato perché nella squadra femminile di Lubiana non c’è la sua morosa e quindi ciao ciao. Altrove, sul Napolista a firma di Mario Piccirillo, si scrive che questa gente non ci azzecca nulla, hanno altri tornei da inseguire, altri premi. I Giochi sono roba da agonismo puro (ma anche ben pagato, eh, in certi casi). Sono roba per quel campione d’Australia di hockey prato che si è fatto togliere un pezzetto di dito, che era infortunato, pur di essere presente a Paris 2024.
Le Olimpiadi sono il terreno di gente che si ammazza di fatica per anni, poi spunta all’improvviso in fondo ad un rettilineo con le chiappe che vanno da una parte e dall’altra che uno pensa: oddio, ora si sfascia, un paio di titoli il giorno dopo e poi puff, svaniti. È sempre così, non c’è da sorprendersi. Neanche se LeBron James, 38 anni, un giovincello, stella Nba dell’universo, professionista strapagato, versa lacrime quando gli hanno detto: ehi, King James, prendi questa bandiera e sfila nel barcone sulla Senna, sei gli Stati Uniti d’America. La sottile linea rossa tra prof e dilettanti è oltrepassata, cancellata da un pezzo. L’atletica leggera ha tirato giù a picconate l’ultimo frammento di muro. Sebastian Coe, che la dirige ed è stato un grandissimo mezzofondista, lo ha detto un po’ di mesi fa: chi vince l’oro avrà 50 mila dollari (40 mila euro circa). Ha messo da parte 2,4 milioni di dollari destinati a questo, a premiare con il denaro i numeri 1. Tra quattro anni a Los Angeles, argent de poche, mica tanto, anche per secondi e terzi, argenti e bronzi. Una rivoluzione non proprio indolore, in tanti hanno gridato allo scandalo, alla dissacrazione dello spirito olimpico. Balle. De Coubertin, che una parte dei francesi non sopporta per via del suo razzismo e dei patteggiamenti con Hitler sui Giochi di Berlino del 1936, è morto da un bel pezzo e tutti i suoi motti sono seppelliti, anacronistici, ipocriti. Il Coni dà 180 mila euro alle medaglie d’oro, 90 mila a quelle d’argento, 60 mila a quelle di bronzo (ma, con la Federcalcio, 250 mila euro ai giocatori di Mancini vincitori dell’Europeo). E così fanno le associazioni e le federazioni di altri paesi. «Lo faccio perché chi fa sport rischia», ha tagliato corto il vecchio Sebastian.
La retorica gocciola sull’Olimpiade. Accadde nell’antichità che le armi tacessero. Quando sono esplose le carneficine del Novecento, i Giochi non si sono fermati, sono stati cancellati. Adesso Putin continuerà a bombardare Kharkiv, Netanyahu a massacrare i palestinesi e i terroristi di Hamas, che si sono portati avanti con il lavoro, ad esporre i corpi dei poveri ostaggi israeliani. Una corsa, una partita, una medaglia non funzionano da deterrente. Anzi. Parigi è sotto assedio, il centro è deserto, si teme un attacco tipo Bataclan, serpeggia la paura. Una serie di esplosioni ha bloccato la rete ferroviaria francese proprio alla vigilia della cerimonia d’inaugurazione. E Israele teme per i propri atleti.
L’Italia sfinita dal caldo e sbracata sulle spiagge aspetta le urla dei telecronisti. Abbiamo ancora negli occhi gli Europei di atletica leggera a Roma, le tante vittorie, non solo Tamberi e Jacobs. A Tokyo furono 5 medaglie d’oro. Un traguardo difficile da tagliare ancora. Ma tant’è i ranking stagionali, scrivono quelli che si intendono di queste cose, dicono che abbiamo 11 atleti da finale, oltre alle staffette e ai marciatori. Allo stadio Olimpico abbiamo sprecato i nostri ohhh per Iapichino, Simonelli, Dosso, Fabbri, Stano e altri in un sabba di gioventù, imprese, integrazione. Ma anche nel nuoto (Ceccon, Pilato, Paltrinieri, Quadarella) siamo ormai una realtà affermata da varie stagioni. Non c’era soltanto la Pellegrini. E la scherma deve riscattare la scorsa tornata, 5 medaglie e nessun oro. Poi spunterà qualcuno dai piattelli, dalla lotta, dalla boxe, succede sempre. E si aspetta la pallavolo, grande e mai vincente ai Giochi neanche con la generazione dei fenomeni. Il buon Velasco che ci conosce bene ha detto da grande saggio alla Stampa dopo aver vinto la Nations League con le ragazze: «…in Italia, tutte le volte che si vince, sarebbe meglio perdere… meglio andare alle Olimpiadi dopo aver perso… Non c’è niente da fare: è così per Sinner, è così per noi. Quando vinci, i giornali vanno giù con titoli “Andiamo per l’oro”, “Sinner il migliore del mondo”, “Egonu imbattibile”… Si crea una pressione che non è gradita, almeno da me… Ma non c’è niente da fare, è parte della cultura popolare…». Non ha torto. È come se ci fosse una sorta di sudditanza psicologica, come avveniva con gli arbitri tempo fa (avveniva?): ecco, applicato allo sport, più che imbavagliati, i giornalisti, per quel poco che contano ancora, sembrano sdraiati su un divano, birra e patatine, pronti ad ubriacarsi se l’inno di Mameli dovesse risuonare più volte della Marsigliese, ma predisposti al rutto se qualche trombone dovesse stonare. Tifosi, come noi. Tempestivi a scoprirci esperti anche di breakdance, sì c’è pure lei tra gli sport, pensa te, fuori il karate, appena prenderemo una medaglia. Tutto cambia. Nelle Filippine hanno deciso, ma questo non c’entra ancora con Paris 2024: tiro da 4 punti nel basket, linea a 8 metri e 23 centimetri. Cominciano lì, tra quattro anni a Los Angeles sarà una regola sperimentata ovunque.
A Los Angeles c’è anche un comitato che vuole che vengano cancellate le Olimpiadi. Ovviamente non accadrà ma Tim Wigmore sul Telegraph ha scritto di come in tutto il mondo cresce l’avversione per l’Evento (a Roma è già successo). Perché causa buchi enormi nei bilanci, perché crea disagi, paralizza le città. Scrive l’inglese: «Secondo il gruppo Le Revers de la Medaille, dall’aprile 2023 sono stati allontanati da Parigi oltre 12.000 senzatetto. I Giochi hanno causato mesi di caos nei trasporti e di chiusura delle strade durante i preparativi; le tariffe di autobus e metropolitana raddoppieranno… i biglietti per gli abitanti del luogo per assistere agli eventi sono stati molto più costosi del previsto». Qualunque sia il costo iniziale, alla fine lievita come una ciambella della nonna. «…oltre 7,5 miliardi di sterline, secondo le stime attuali…». Ma organizzatori e governo (che in Francia in questo momento è un fantasma, in attesa che Macron decida dopo le elezioni) sostengono al contrario che il costo totale dei contribuenti, grazie al denaro di sponsor e aziende private, alla vendita di diritti televisivi e dei biglietti «sarà compreso tra i 2,5 e i 4 miliardi di sterline». Si cita anche un sondaggio di un anno fa: il 44% dei parigini diceva che i Giochi erano una cosa negativa. Vent’anni fa Atene venne colpita fino all’asfissia dal debito pubblico che crebbe del 2-3%. Solo Londra, nel 2012, ha evitato grossi sprechi ed ha utilizzato o riadattato i vecchi impianti. Per Rio furono lacrime e sangue, di Pechino non si sa nulla. I francesi hanno deciso di sfruttare stadi e palazzetti già esistenti, hanno cercato finanziamenti pubblici e privati, oltre che sponsor. Il Corriere della Sera nel suo inserto economico ha stimato una forchetta tra 8,8 e 9,2 miliardi di euro i costi. I conti si faranno alla fine. Dai biglietti sono arrivati 1,1 miliardi di euro per 8,6 milioni di ticket staccati (per la cerimonia di apertura si arriva anche a 10 mila euro a biglietto mentre quelli da 25 e 50 euro sono pochissimi). Prezzi alle stelle per alberghi e alloggi.
Con tutti questi numeri v’aggio fatto ’na capa tanta. Le jeux son faits, rien ne va plus.