Every beat of my heart
L’origine, il mare
Reduce dal Festival Internazionale di Poesia di Genova “Parole spalancate”, dove con i suoi versi ha celebrato la città-mito della sua poesia, ne “La storia e il mare” Roberto Mussapi rivive «la nostra nascita di umani, dall’acqua, e la ricerca della riva»
Ieri sera ho recitato al Festival di Poesia di Genova il mio Genoa concert, in cui leggo versi legati alla città che è divenuta un mito della mia poesia. Il filo drammatico e narrativo, l’anima, è il mare: il mare originario, ma qui specificamente ligure, con al centro, dalla riva scogliosa, la città della Lanterna, il faro più famoso di sempre dopo quello di Alessandria. Rivivo la nostra nascita di umani, dall’acqua, e la ricerca della riva. Sì, noi siamo nella storia e siamo nel mare che precede e culla la storia, la attraversa, incanta, drammatizza. Ora e sempre, qui e dall’origine.
La storia e il mare
Là dove è il bordo dell’acqua c’era il buio,
quell’ombra che si appoggia lieve sulla sabbia
e si avvicina nella notte alle cabine
fu la nascita, noi eravamo sconosciuti,
poi si ruppe la terra e fu dolore:
tu lo sai, conosci lo spasimo di quella lacerazione,
l’acqua invase i canali che l’acqua creava.
Poi fu un lungo autunno, tutto fluì e fu buio.
Altri, più vecchi, dissero che era la primavera,
ma io non distinguevo pianto da pianto,
ciò che non era definitivo sentivo mortale.
Costruirono ponti, traversarono quei letti addolorati,
molti morirono nell’acqua, re, principi, bambini.
Alcuni più vecchi mi dissero che bisognava sacrificare,
io pensavo alle lacrime,
della stessa sostanza dell’acqua, e umane.
Dove tu vedi quella rotonda biaccata
di legno bianco e celeste come la Lazio
lì io percepii il mare.
A pochi metri, pacificato.
Prima avevo passato il buio delle gallerie,
l’Appennino, il foro nella montagna,
e la caverna, la luce argentea dell’autostrada,
i cacciatori neandertaliani, le pantere,
le sepolture con conchiglie e polvere d’ocra,
le frecce, i resti di molti fuochi.
Il vento sferzava l’automobile
e noi fummo come sospesi, sul Turchino.
A est costruirono un faro,
bruciando gli arbusti riarsi delle rive,
dal mare li vedevano sfiammare fumosi nelle notti stellate,
e i loro occhi si spingevano alla costa frastagliata,
oltre la risacca, la riva, i pini,
le torri saracene, i campanili,
i passi che s’incrociavano sotto le arcate.
Quello che vedi oltre le sdraio è il mare,
dove si perdono i suoni e confondono le vite.
Non conosco la tua, la mia non mi appartiene,
a volte la terra ci è più estranea del mare,
dove fu il buio, la vita inconosciuta,
il movimento stregante dell’attinia,
ma anche le bolle, il tuffo del delfino,
i banchi di cefali iridescenti,
luminescenza divina che inebriava i fondali.
Per te, solo per te cercai la riva.
Roberto Mussapi
Da La polvere e il fuoco, in Roberto Mussapi Le Poesie, Ponte alle Grazie, 2017