Lidia Lombardi
Una novità a Roma

Rivoluzione Caracalla

La nuova sistemazione della zona archeologica di Caracalla (con una grande piscina in memoria della antica stagione termale) è stata inaugurata da un mirabile spettacolo di Aterballetto

Metti le Terme di Caracalla nel loro più scenografico scorcio (le “quinte” degli spettacoli estivi dell’Opera, per intenderci) che si riflettono in un inedito specchio d’acqua. E metti che su quella liquida distesa galleggi una pedana-palcoscenico dove volteggiano i danzatori dell’Aterballetto sulle note di Rhapsody in blue di Gershwin. E metti infine che l’esibizione si svolga in un pomeriggio inondato dal sole davanti a un pubblico di giovani e anziani, di papà e mamma con i loro bambini, di coppie e di single che hanno pagato soltanto il biglietto d’ingresso al complesso archeologico. Somma tutto, e avrai un risultato confortante che redime Roma dagli innumerevoli dispiaceri che dà a chi la abita. Riscattandosi con la bellezza delle sue vestigia e una modalità di offrirla che somma antico e contemporaneo, condivisione e accessibilità.

È successo lo scorso sabato pomeriggio per la “festa” di inaugurazione appunto dello Specchio d’acqua, una vasca di mille metri quadrati, di forma lineare, ideata dall’architetto Hannes Peer e sistemata strategicamente in asse ribaltato con la grande piscina imperiale, la Natatio. A rispecchiare i colossi di duemila anni fa e soprattutto a riportare l’elemento fondante della Terme, l’acqua appunto, là dove era per lo svago dei cittadini dell’Urbs.

Eccoli, dunque, i quindici danzatori dell’Aterballetto riflessi anche loro – vestiti di azzurro, in aderenti tute con lo scollo a canottiera – nella vasca profonda soltanto dieci centimetri ma così coinvolgente per la platea, per i bambini tentati a sfiorarla, per i ragazzi seduti sul nuovo tappeto d’erba tutt’intorno, per gli altri sistemati nella estemporanea platea di sedie rimovibili. Più o meno la stessa postazione del costoso (e perciò esclusivo) cartellone della stagione estiva del Teatro dell’Opera. E invece la direttrice delle Terme di Caracalla, Mirella Serlorenzi – e con lei Daniela Porro, al vertice della Soprintendenza Speciale di Roma – hanno regalato a romani e turisti l’emozione di uno spettacolo mirabile in un contesto mirabile, secondo una filosofia di condivisione e interazione tra persone e monumento.

Parliamo dell’esibizione, per prima cosa. Aterballetto ha interpretato la centenaria – quest’anno – partitura di Gershwin proprio all’insegna della connessione di individui. I corpi dei danzatori spesso raggrumati uno accanto all’altro, in forma di piramide, e poi capaci di allontanarsi, distendersi come in un ideale nastro o elastico. Un vai e vieni nervoso, dinamico, teso ad alternare movimenti scattanti e sinuosi. Di alludere a contrasti, a litigi, a respingimenti e di nuovo alla riaggregazione di uomini e donne nelle strade di una metropoli del Ventesimo Secolo, una New York allusa sullo sfondo dei pilastri monchi, di arcate possenti ancorché dimidiate, quel che resta (ma è tanto, insieme con i mosaici pavimentali, i capitelli, gli architravi del frigidarium, del tepidarium, del calidarium, delle due palestre, della biblioteca) delle Terme volute dall’imperatore folle e visionario. Impercettibili talvolta i movimenti (il ruotare ritmico e collettivo delle spalle), singolare anche il “passo a due” (in verità un antagonistico passo a tre) sulle note più sentimentali dello spartito gershwiniano. Su tutto, il controllo del corpo, ad esaltare la linearità del movimento e insieme con essa l’allusività della coreografia ideata da Iratxe Ansa e Igor Bacovich (lei spagnola, lui italiano formato all’Accademia Nazionale di Danza di Roma, coppia nel lavoro e nella vita e fondatori della Compagnia Metamorfosis).

Lo spettacolo si è concluso con un acme: venti getti e una nube di vapore al centro della vasca, un modo di rammentare le fontane zampillanti che punteggiavano il giardino delle Terme e i vapori che uscivano dalle saune e dalle piscine riscaldate grazie al lavoro degli schiavi impegnati a far ardere cataste di legno nelle gallerie sotterranee. Giochi d’acqua e, la sera, di luci e il progetto – nel Master Plan che coinvolgerà le Terme nei prossimi anni – di un Orto Botanico e di un parco aperto al pubblico ripopolato di volatili, farfalle, piante fiorite in tutte le stagioni, anticipa Serlorenzi, aggiungendo anche ingresso e centro accoglienza nuovi.

Il complesso voluto da Caracalla perse la funzione termale nel V secolo, di pari passo con la decadenza dell’Impero. Dunque l’acqua è tornata nel sito archeologico dopo millecinquecento anni. Nel III secolo dopo Cristo era invece abbondante, scaturendo dalle cisterne ancora visibili e possenti proprio alle spalle dello Specchio d’Acqua e captata dai torrentelli che scorrevano nella valle ora corrispondente alla Passeggiata Archeologica. Le Terme erano un luogo dell’otium, inteso anche come benessere e introspezione. Lo Specchio, così come due aree verdi che sorgeranno accanto alla biglietteria, saranno spazi meditativi e attivo-dinamici. Il palcoscenico galleggiante ospiterà anche concerti, conferenze, dibattiti.  Dice Hannes Peer, altoatesino formatosi al Politecnico di Milano, la città dove ora si trova il suo studio: “Integrato architettonicamente con il monumento antico, lo Specchio incarna i concetti filosofici sia della presenza, con l’acqua stessa (Dasein), sia l’assenza materica, tramite il riflesso (Nichtdasein), riverberando le idee di Martin Heidegger. Un invito alla contemplazione e anche una cornice dinamica per iniziative culturali, che segna il primo passo di una nuova fase volta a preservare l’eredità archeologica, proiettando lo sguardo verso il futuro». È quella che la Soprintendenza ha chiamato “Rivoluzione Caracalla”.


La fotografia accanto al titolo è di Christophe Bernard.

 

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