I deliri del bibliofilo
Anticonsumista tra Nino e la luna
Su “Gli sguardi i fatti e senhal” di Andrea Zanzotto, il più ricercato dei suoi volumi, imperniato sui temi dello sbarco lunare e della comunicazione nell’era tecnologica. Edito a proprie spese, fu ristampato dall’autore con lievi varianti nello stesso anno, illustrato da Tono Zancanaro
La produzione più importante di Andrea Zanzotto è stata pubblicata da Mondadori. Soprattutto le raccolte di poesia sono progressivamente confluite nell’autorevole collana “Lo specchio”, a partire dalla silloge d’esordio, intitolata Dietro il paesaggio nel 1951, con la quale l’autore vinse il Premio San Babila per gli inediti, con una giuria d’eccezione composta da Montale, Quasimodo, Sereni, Sinisgalli e Ungaretti. Il formato grafico è quello ricercato della fase inaugurale della collana: pergamino protettivo e brossura con particolare riprodotto in copertina del ritratto di Eleonora d’Aragona del Bronzino che raffigura una mano femminile delicatamente posata sopra un libro. Con la stessa grafica apparirà anche Vocativo nel 1957.
Tuttavia qualche titolo è apparso presso editori di nicchia: è il caso della seconda esile raccolta, Elegia e altri versi, pubblicata nelle Edizioni della Meridiana nel 1954, con una nota introduttiva di Giuliano Gramigna, nella collana dei “Quaderni di poesia” diretta da Vittorio Sereni, curatore con Niccolò Gallo anche del “Tornasole” mondadoriano in cui uscirono le IX Ecloghe nel 1962. Ma, a prescindere dalle preziose cartelle associate alla grafica di qualche artista (Santomaso, Fioroni, Tilson ecc.), qui si dovranno ricordare la raccolta di racconti e prose intitolata Sull’altopiano, licenziata da Neri Pozza nel 1964 nella collana “Poesia e verità” e la plaquette scheiwilleriana A che valse?, uscita in 300 copie fuori commercio nel 1970 come «Strenna per gli amici di Paolo Franci», con una riproduzione litografica di Piero Dorazio in copertina. Questa plaquette raccoglie quindici poesie inedite risalenti al periodo che va dal 1938 al 1942. Da rammentare anche il Filò per il Casanova di Fellini, pubblicato dalle Edizioni del Ruzante di Venezia nel 1976 con un elegante disegno in copertina del regista riminese e il poemetto dialettale Mistieròi, riguardante i mestieri dimenticati di un tempo, che le Edizioni d’Arte Castaldi di Feltre associarono nel 1979 a dieci acqueforti di Augusto Murer.
Ma il titolo forse più ricercato di Zanzotto è il poemetto Gli sguardi i fatti e senhal, imperniato sui temi dello sbarco lunare e della comunicazione nell’era tecnologica, edito a proprie spese nel 1969 presso la Tipografia Bernardi di Pieve di Soligo in 500 esemplari non numerati. Il fascicoletto uscì dopo la capitale raccolta La Beltà, pubblicata nello “Specchio” nel 1968. La veste grafica della collana mondadoriana aveva subíto un radicale cambiamento: non più brossura impreziosita dal pergamino ma legatura marrone con sovracoperta grigio chiaro (con variante in brossura dello stesso colore per alcuni titoli), sopra cui campeggiano nome dell’autore e titolo, evidenziati rispettivamente in nero e in verde. Con La Beltà viene operato uno scarto decisivo rispetto al percorso poetico zanzottiano: la modernità vi irrompe attraverso un processo linguistico che incorpora in sé canone e anticanone, norma e devianza dalla norma. La tentazione dell’afasia di celaniana memoria è sempre in agguato e, paradossalmente, combacia con le manifestazioni linguistiche più radicali: dalla balbuzie all’interiezione fumettistica, dal petèl (linguaggio dei «bimbi piccolissimi») al cicaleccio televisivo, dalla canzonetta all’imprecazione gergale.
Gli sguardi i fatti e senhal, concepito quale titolo autofinanziato in opposizione alle logiche della grande editoria di consumo, contiene 12 pagine e misura cm 24 x 15,6. Non era in commercio ma veniva distribuito gratuitamente ad amici e addetti ai lavori. In copertina compaiono solo nome dell’autore, titolo e, in basso, luogo e anno di stampa. Le attuali quotazioni variano dai 500 ai 700 euro. Nello stesso anno l’autore appronterà una nuova edizione del poemetto, con lievi varianti, illustrata da nove litografie di Tono Zancanaro per Il Tridente di Treviso, con stime lievemente più basse rispetto alla princeps. Il titolo verrà riproposto infine nel 1990 nella succitata collana dello “Specchio”.
Il poeta si rivolgerà alla Tipografia Bernardi per stampare anche i Colloqui con Nino nel 2005, illustrato da fotografie di Vincenzo Cottinelli. Di questo volume, in cui Zanzotto compare in qualità di curatore, esiste una tiratura a parte diramata contestualmente con il logo del Ponte del Sale di Rovigo. Già La Beltà conteneva il poemetto intitolato Profezie o memorie o giornali murali, la cui terza parte era dedicata a Nino Mura, contadino sui generis che nel suo biglietto da visita si definiva «attore, astronomo, gastronomo, agricoltore, empirico, erborista, indovino». Quel testo introduce e suggella i Colloqui con Nino che ripercorrono, con rara perizia espositiva, l’itinerario esistenziale e affabulatorio del contadino veneto, morto quasi centenario nel 1988. Si tratta del resoconto dei dialoghi a più voci che un ristretto circolo di amici intratteneva periodicamente con Nino, frequentato anche da Comisso, al fine di ricevere consigli, spesso di taglio empirico, intorno a vari argomenti esistenziali. Il libro è suddiviso in capitoli che, di volta in volta, riportano il sunto di quelle elucubrazioni improntate ad approfondire una determinata tematica: dalle imprese militari all’amore, dall’agricoltura al tempo atmosferico, dalla salute alla scienza, fino ad arrivare all’interpretazione dei detti popolari concernenti vecchiaia e declino fisico di ogni singola persona.