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Quel suk in Oman
Viaggio in Oman, dove le forme, i colori e i profumi si uniscono in un tripudio di ricchezze (e bellezza) nei mercati
I suq omaniti più importanti sono spesso costituiti da edifici di nuova costruzione, piuttosto anonimi, in cui prendono posto tanto il mercato ortofrutticolo quanto quello della carne e del pesce. Così come il suq storico della capitale Muscat, quello di Mutrah, sono comunque luoghi d’immediata e pittoresca aggregazione, che si prestano quindi particolarmente alla street photography. Ma ci sono poi anche alcuni mercati locali, che sembrano sorgere quasi spontaneamente, senza una regola apparente.
In queste foto abbiamo voluto presentare uno di questi mercati del pesce, sulla strada fra Muscat e Nakhl: un mercato senza pretese, locale, frequentato unicamente da omaniti, e di tanto in tanto magari da qualche sparuto turista, se e quando l’autista ne intuisca la curiosità.
Tanto per precisare: quando scriviamo “frequentato da omaniti”, intendiamo omaniti di sesso maschile, perché di donne non se ne vede neanche l’ombra, benché siano stati fatti degli sforzi verso una maggiore partecipazione delle donne alla vita sociale. Ma c’è ancora parecchia strada da fare…
L’Oman è un paese in cui il turismo è ancora sotto controllo, in tutti i sensi. Da un lato si ha l’impressione di essere, se non proprio controllati passo passo, almeno seguiti e accompagnati con discrezione. Dall’altro, non è infestato da orde di vacanzieri, e se si riescono a evitare le attrazioni turistiche più celebri e frequentate, riserva alcuni scorci di notevole bellezza e paesaggi spettacolari.
Dopo una puntata, inevitabile e opportuna, a Muscat, sarebbe quindi un errore limitarsi al solo deserto e alle sue dune di sabbia. L’Oman è anche un paese di coste fertili e di spiagge piacevoli, ma soprattutto un paese di montagne, fra cui il Jebel Shams o “Montagna del sole”, con i suoi 3075 metri, di canyon e di valichi se non inaccessibili, almeno molto impervi e di parchi nazionali, come il famoso Ras al-Jinz, dove nidificano le tartarughe verdi, una specie in via di estinzione e quindi protetta con particolare cura.
Avviato sulla strada di una modernizzazione talora quasi forzata, e discutibile, a partire dal colpo di stato peraltro incruento del 1970 – la cosiddetta Rinascita – che aveva portato sul trono il sultano Qābūs, l’Oman si è affrancato dal lungo asseggettamento al Regno Unito, a seguito dell’accordo di collaborazione che era stato firmato nel 1891 e rinnovato nel 1939 e nel 1951, raggiungendo una piena indipendenza. Sotto l’impulso del nuovo sultano il paese ha cominciato a dotarsi di ospedali, di una rete elettrica efficiente, di infrastrutture stradali, di un’università, raggiungendo un livello di benessere non indifferente, che ha indotto anche a qualche timida apertura in senso democratico, con un aumento della rappresentanza femminile in politica e nella società. Restano tuttavia alcune chiusure, come la punibilità (fino a tre anni) delle relazioni omosessuali.
Malgrado le proteste e i disordini della Primavera araba, nel 2011, Qābūs era riuscito a rimanere saldamente sul trono, venendo incontro ad alcune delle richieste e dimostrando in varie occasioni una certa vicinanza al suo popolo, che lo aveva portato a intervenire con immediatezza in caso di problemi che colpissero una comunità locale. È stato anche grazie a questo costante impegno che nel 2010 l’Oman ha potuto essere classificato come il paese che dal 1970 in poi aveva fatto registrare lo sviluppo socio-economico più cospicuo e costante al mondo.
Morto Qābūs dopo cinquant’anni di regno, gli è succeduto nel 2020 il cugino Haitham, già ministro della Cultura, sempre nel quadro di una monarchia assoluta in cui il Parlamento detiene solo alcuni poteri legislativi e di controllo.
Interessante, e tale forse da rispecchiarsi anche nelle fotografie, è la commistione etnica del paese, in cui agli arabi omaniti – già mescolatisi nel tempo con popolazioni dell’Africa orientale – si aggiungono oggi vaste comunità di indiani e persiani. Così come all’arabo, parlato da tutti, si aggiungono lingue locali, come il kumzari, combinazione di portoghese, arabo e farsi, il mahri, parlato nel Dhofar, il balochi o ancora l’idioma parlato dalla comunità jibbali e detto anche “lingua degli uccelli”, studiato dai linguisti con particolare attenzione perché ritenuto avulso a tutti gli altri idiomi parlati nella regione.
Un paese, insomma, di grande ricchezza, con tratti caratteristici che lo distinguono decisamente tanto dagli Emirati Arabi, quanto dallo Yemen, permettendo al viaggiatore straniero un soggiorno senza brutte sorprese e più a misura d’uomo. E con un’altra ricchezza da segnalare: una cucina molto gustosa in cui s’incontrano varie tradizioni, dalla libanese all’indiana, con un trionfo di curcuma, cardamomo e zafferano.