A proposito di “Notte di vento che passa”
Il sogno di Cosima
Il nuovo romanzo di Milena Agus racconta la storia di Cosima, una ragazza che cancella la sua quotidianità più comoda per scoprire il mondo. Una vicenda di sogni e di illusioni
Gentixedda. Questo eravamo per mia madre, gente da poco. Mio padre, in effetti, era disoccupato e il mio fratellino non parlava e non camminava. Racconta di vite semplici, Milena Agus, nel suo nuovo libro pubblicato da Mondadori, sua attuale casa editrice dopo un lungo sodalizio con Nottetempo. Il titolo, poetico, è Notte di vento che passa (173 pagine, 18,50 Euro). Come passano le tempeste, le paure e – ahimè – anche le speranze.
È che Cosima, la voce narrante, è afflitta (o consolata) dalla sua abitudine alla letterarizzazione. Ossia la tendenza a interpretare fatti e persone attraverso le pagine dei grandi autori. Shakespeare, Cechov, Dickens, Dante, Hemingway. Grazia Deledda, in special modo. Non manca, peraltro, nella biografia della ragazza, un dato vagamente romanzesco: la genitrice sempre depressa è figlia naturale di un uomo forse ricco e sicuramente vedovo di una moglie legittima. Vane sono le visite ai parentastri, non ne vogliono sapere di agnizioni, anzi spesso non aprono la porta ai villici inurbati.
Volevo scrivere un libro serio, dichiara l’autrice. Volevo cambiare le sorti del mondo, parlare di emigrazione e servitù militari, della cementificazione delle coste, degli incendi, dei banditi, delle vendette e di tanto altro ancora. Ma non ne sapevo nulla e allora ho scelto una prospettiva individuale. Quello di una diciottenne che si trova a staccarsi dal suo paese e a lasciare un vicinato cordiale per uno striminzito appartamento nella periferia di una città dove non conosce nessuno. Per fortuna ci sono il quartiere Castello e il Poetto, per fortuna c’è una professoressa di liceo che spiega agli allievi cosa è il fatal flow e la possibilità, davanti a ciò che è sbagliato, di dire “preferirei di no”. Cosima (il nome è un tributo a Bartleby lo scrivano di Herman Melville) si innamora, si illude, si entusiasma, si dispera e soprattutto legge, legge, legge. Cresce tra i mandorli, i melograni, i limoni, gli orti e le galline dei luoghi attraversati baldamente a cavallo dal bellissimo Costantino, ruvido pastore suonatore di fisarmonica. E stringe una inesplicabile amicizia con un compagno di scuola che si fa chiamare Abya Yala, porta in testa il cacuss di Fidel Castro e fa il volontario in Africa e in America Latina. Nonostante l’attico con annessa governante di cui dispone a Cagliari. Contraddizioni, forse, che servono a Milena Agus, abilissima tessitrice di storie, per mescolare gli elementi reali a quelli fantastici, ciò che ha vissuto e ciò che le è balenato in mente. Autentica è la nostalgia per Antonello Ottonello, artista ricordato con affetto attraverso le opere attribuite nel romanzo a un padre sognatore che infila nei suoi quadri pietre, cocci e spine.
Il vero e l’immaginato si intrecciano, in un racconto condotto con sapiente delicatezza capace di impennarsi in qualche scena di sesso bucolico. È l’ironia, sempre, ad accompagnare Milena Agus. Che ha il senso del ridicolo e una spiccata attitudine all’indulgenza per i peccati, i difetti, le bugie di una trama concepita come un diario. Autunno, inverno, primavera, estate, autunno: un annus mirabilis, per Cosima. Un po’Alice e un po’Anna Karenina.
La fotografia accanto al titolo è di Roberto Cavallini.