Alla Galleria Nazionale dell'Umbria
L’invenzione di Francesco
Una grande mostra a Perugia ripropone il genio e le intuizioni dell'ignoto «Maestro di San Francesco», il pittore duecentesco che di fatto creò quell'iconografia franscescana che resiste da secoli
Era un umbro o un forestiero? Un laico o un frate? Chi fosse e che nome avesse non lo sa nessuno, e proprio per questo la mostra della Galleria Nazionale dell’Umbria ha come titolo, “L’Enigma del Maestro di San Francesco”. E di interrogativi ce ne sono altri: quale era la sua formazione? A quale titolo venne scelto per costruire l’identità del Poverello, l’essenza del suo messaggio?
Nell’ottavo centenario delle stimmate, che apre gli anniversari francescani e che verrà seguito da quello del Cantico delle Creature e da quello finale della morte, non si poteva non partire da chi creò l’immagine del santo. L’ipotesi più suggestiva è che anche lui fosse un frate francescano. L’operazione religiosa e culturale che realizzarono i suoi dipinti è quella dell’alter Christus, rappresentato con le stimmate e la piaga del costato, che appare per la prima volta nella tavola della Porziuncola. È stato l’anonimo pittore, secondo nel duecento solo a Cimabue, il principale protagonista di una vera e propria campagna di canonizzazione dell’iconografia che vuole Francesco come Cristo. Che stabilisce il parallelismo fra la vita del santo e la Passione.
Il maestro venne scelto per affrescare la Basilica inferiore per due motivi: Il primo è certamente lo straordinario talento e la raffinatezza tecnica, ma probabilmente c’è di più. C’è la sua sintonia con la lettura che della vita e delle opere del Poverello dette, con il pieno favore papale, san Bonaventura. Alessandro IV certificò con una bolla l’esistenza della piaga nel costato di San Francesco. Un segno questo che lo legava indissolubilmente al Cristo.
La Chiesa in quel periodo stava vivendo un momento di crisi, il Duecento fu un secolo di grandi cambiamenti sociali, economici, culturali. Assisi e l’Umbria furono fra i luoghi d’Italia e d’Europa dove venne meglio compreso lo spirito del tempo. E Francesco realizzò una rivoluzione nel sistema, senza rompere con la Chiesa, inginocchiandosi anzi davanti al Papa.
Innocenzo IV, di ritorno da Lione, si fermò due anni a Perugia e sei mesi ad Assisi. Durante il suo soggiorno intuì la forza dirompente del messaggio francescano. La capacità di rifondazione del Cristianesimo che possedeva in nome della imitatio Christi. L’immagine del sogno del Pontefice che vedeva Francesco sostenere la Chiesa, dipinta nella Basilica superiore, la dice lunga su quale fosse la narrazione che si voleva trasmettere. L’anonimo maestro duecentesco fu il media grazie al quale diventò universale il significato profondo della rivoluzione senza strappi.
Nel duecento l’Umbria era una regione vivacissima: più ricca della Toscana, popolata e attraversata da importanti mercanti. Assisi diventò uno dei cantieri più importanti d’Europa, una vera capitale dell’arte, della fede, della cultura. E in questa temperie generale, si affermò, prima che altrove, lo stil novo: una pittura carica di pathos, che trovava una nuova espressività e una forte vicinanza con la realtà.
L’evento della Galleria Nazionale ricostruisce quasi integralmente la produzione su tavola del Maestro di San Francesco con prestiti straordinari della National Gallery di Londra e di Washington, nonché del Louvre. L’artista viene calato nel suo contesto, segnato agli esordi dall’esempio del grande Giunta Pisano, con prove capitali di quello che può essere considerato il padre dell’arte italiana. Il fulcro del percorso è costituito dalla riproposizione dell’allestimento trionfale di San Francesco al Prato, composto dalla monumentale Croce e dall’abbinato dossale – una pala a due facce che raffigura sul fronte la Passione di Cristo e dall’altro lato i dodici apostoli con l’aggiunta del Poverello, tredicesimo apostolo.
Oltre a questa opera monumentale e bellissima nella mostra ci saranno 60 dipinti messi in risalto da uno splendido allestimento, e una ricostruzione virtuale della Basilica inferiore di Assisi. Al termine del percorso, è consigliabile una visita anche alla sua dimensione reale: uno splendido e raffinato reliquiario, ormai quasi totalmente restaurato, affrescato oltreché dal Maestro di San Francesco anche da Giotto, Simone Martini, Pietro Lorenzetti.
La mostra è la prima prova del nuovo direttore dei musei umbri. Cosa si aspetta Costantino D’Orazio da questa iniziativa? «Sostanzialmente due cose: da una parte che chi vive in questa regione si riappropri della grandezza della propria storia. E che chi viene da fuori veda la straordinaria rivoluzione che c’è stata in Umbria nel duecento sia nella religiosità e nella cultura, sia nello stile pittorico. Questa splendida mostra però è frutto del lavoro scientifico e organizzativo fatto dal mio predecessore Marco Pierini e dai tre curatori: Andrea De Marchi, Veruska Picchiarelli e Emanuele Zappasodi. Non voglio prendermi meriti che non mi spettano».