Pasquale Di Palmo
I deliri del bibliofilo

Il velocipede di Riccardo Bacchelli

A proposito de “La ruota del tempo - Scritti d’occasione” dell’autore emiliano. Pubblicato nel 1928, è stato il secondo titolo della collana nata da una costola della rivista di Leo Longanesi “L'Italiano”, tipico esempio di cultura “strapaesana”

Il primo libro dell’Italiano editore in Bologna uscì nel 1927 con il titolo Pane bigio di Telesio Interlandi, intellettuale fascista che dirigerà la famigerata rivista antisemita «La difesa della razza» e scriverà l’opuscolo Contra judaeos, licenziato da Tumminelli nel 1938. Il volumetto, prefato da Vincenzo Cardarelli, conteneva una serie di scritti politici, il cui tenore xenofobo e propagandista era rintracciabile già nel disegno di copertina, raffigurante il fascio littorio che si incrocia con la bandiera italiana. D’altronde basta leggere che «bisogna disprezzare chi si tira indietro, denunciarlo, colpirlo» per avere un’idea esauriente delle argomentazioni contenute nel libercolo. La collana nasceva da una costola della rivista «L’Italiano», fondata da Leo Longanesi nel 1926, che, tra alterne fortune, continuerà a essere pubblicata fino al 1942, costituendo, insieme a «Il Selvaggio» di Mino Maccari, uno dei tipici esempi di cultura «strapaesana», basata sul recupero di una certa tradizione autoctona nonché nell’adesione convinta alle iniziative politiche mussoliniane (fu Longanesi a coniare il motto «Mussolini ha sempre ragione»).

Il secondo titolo della collana, edito l’anno successivo, fu La ruota del tempo di Riccardo Bacchelli che presenta, secondo il modesto parere del sottoscritto, per essenzialità ed equilibrio tra le varie componenti grafiche e stilistiche, una delle copertine più eleganti del nostro Novecento. Considerato in genere erroneamente come il primo titolo della collana longanesiana, il volumetto di Bacchelli, sottotitolato Scritti d’occasione, consiste in una brossura in 16°, di 134 pagine, con sovraccoperta incamiciata che presenta al piatto anteriore un disegno, non firmato ma presumibilmente realizzato dallo stesso Longanesi, in cui si vede un omino stilizzato che manovra un velocipede. La tiratura è di 500 copie numerate, così suddivise, come indicato nel colophon: «10 su carta azzurra di Rotterdam, con acquerello originale, firmate dall’autore, numerate dall’A alla L; quindici copie su carta gialla di Napoli numerate dal I al XV; cinquanta su carta azzurra numerate dall’1 al 50; quattrocentoventicinque su carta di bambagia numerate dal 51 al 425».

Nell’antiporta figura un ritratto a sanguigna dell’autore approntato da Giorgio Morandi, protetto da velina. La copertina, di colore oscillante tra il rosato e il rosso mattone, presenta per la tiratura di testa una variante azzurrina. Originariamente figurava una fascetta editoriale, di colore azzurro, ormai molto rara, con riportati il disegno che contrassegnava la copertina del libro di Interlandi e la seguente dicitura: «Leggete questo libro dell’autore del “Diavolo al Pontelungo”». Sul piatto posteriore figura il prezzo di lire 12 mentre il frontespizio riporta titolo e nome dell’editore impressi in caratteri rossi ed è ripetuto il disegno di copertina dell’omino in velocipede. La stampa è stata effettuata presso gli Stabilimenti Poligrafici Riuniti di Bologna. La quotazione attuale può variare dai 200 ai 500 euro.

Bacchelli ha riportato questa singolare dedica: «Al Califfo Omar il quale dando fuoco alla libreria di Alessandria si fece protettore naturale dei libri nuovi e insegnò la modestia agli scrittori questo libro è dedicato». In copertina e nel frontespizio sono riportati i dati di stampa: «L’Italiano Editore in Bologna nel febbraio dell’anno VI della Rivoluzione Fascista». Inoltre è stampato il seguente avvertimento dell’editore: «A chi legge. Iniziando la pubblicazione di questi libri dell’“Italiano”, ho cercato di rendere elegante e leggera la parte tipografica onde essa possa intonarsi allo scritto. Non si spaventi il lettore se i caratteri usati sono varii e opposti, bastardi e perfetti, perché solo dalla varietà e dalla bizzarria oggi può rinascere il buon gusto tipografico italiano». I caratteri preferiti da Longanesi erano gli aldini e i bodoniani, spesso usati contestualmente.

Nella Lettera alla figlia del tipografo, pubblicata nel n. 10-11 dell’«Italiano» del 24 luglio 1928 e poi recuperata da Vanni Scheiwiller nel libretto eponimo del 1957, dopo aver fatto l’elogio dei caratteri Bodoni, Longanesi aggiunge: «Pirandello, a parer mio, non regge al Bodoni, mentre Cecchi, Cardarelli, Bacchelli, Baldini, Soffici e Malaparte si possono stampare a piacere con tutti i tipi di quel grasso, ipocrita e grande piemontese». Sono perciò i caratteri che devono adattarsi a stile e contenuto del testo da comporre. Montanelli e Staglieno nella loro biografia longanesiana precisano che «fu proprio Morandi a educarlo a un disegno più attento, ad affinargli ancora il già elegante gusto tipografico: lo spinse a rovistare nelle “casse” delle vecchie tipografie cittadine, alla ricerca di caratteri sconosciuti».

Nel 1928 Longanesi e l’amico Maccari curarono, sempre per i tipi dell’Italiano, l’Almanacco di Strapaese per l’anno MCMXXIX, precisando che era stato «compilato dai due nani di Strapaese» (entrambi non si potevano considerare dei giganti). La coppia venne effigiata da Maccari come quella di briganti barbuti, più grotteschi che pericolosi, in una vignetta che campeggia a pag. 14, dove compare anche la seguente quartina: «I due Nani di Strapaese / Che si veston di fustagno / Son briganti a proprie spese / Senza l’ombra di guadagno». Il libro, concepito come un antico almanacco, presenta disegni di Rosai, Morandi, Soffici, oltre naturalmente agli stessi Longanesi e Maccari. I testi, generalmente improntati a un’ironia dirompente, raccoglievano contributi di alcuni dei più importanti letterati dell’epoca: da Malaparte a Ungaretti, da Palazzeschi allo stesso Bacchelli che firmava gli aforismi a piè di pagina. In quarta di copertina erano annunciati titoli che nella collana non videro mai la luce come Nero e bianco di Emilio Cecchi, Passo di strada di Maccari, Elixir di vita di Corrado Pavolini.

Uscirono invece Il perdigiorno di Lorenzo Montano, Domenico Giordani. Avventure di un uomo casalingo di Giuseppe Raimondi, La dolce calamita ovvero La donna di nessuno di Antonio Baldini, Il sole a picco di Vincenzo Cardarelli con illustrazioni di Morandi, considerato il libro più importante (e più venduto) della collana. Qualche altro titolo, tra cui La vecchia di Bal Bullier di Antonio Baldini illustrato da Maccari, venne stampato a Roma tra il 1934 e il 1939, data in cui vide la luce l’ultimo della serie: Cinquantasei tavole di Gigiotti Zanini, con una notizia di Bacchelli. In Libri memorabili. Una storia della microeditoria italiana del Novecento, pubblicato da Biblion nel 2021, Lucio Gambetti riporta che nel 1927 uscì, sempre per i tipi dell’Italiano, un foglio volante riproducente un calendario intitolato Lunario del fascista campagnolo coi baffi ovvero il Gran Longanesi volante per l’anno bisestile 1928. Titolo introvabile in cui testo e grafica non potevano appartenere che a Longanesi,

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