Every beat of my heart
A tu per tu col Natale
Per Michele Porzio, in questi versi, è stato, in un tempo della vita, nascita e brivido di apparizione», l’infinito farsi finito in un uomo. Mentre ora è «solo un nome. una data / che illuse come tutto illude»
Nella realtà d’oggi in cui si scrivono troppe liriche minimaliste, intimiste, in cui l’autore si rivolge sostanzialmente a se stesso, indifferente al cosmo e al mondo, e al lettore potenziale «recitante fratello, secondo Baudelaire», Michele Porzio si rivolge a un altro, non secondario essere: il Natale.
Guardando ai sommi maestri Shelley e Keats e Leopardi, che danno del tu all’allodola, all’usignolo, alla luna, Porzio da del tu al Natale. Cosmico, mitico, non crepuscolare: è stato, in un tempo della sua vita, nascita e brivido di apparizione, che ora non suonano più tali. È stato l’infinito farsi finito in un uomo, anzi in un bambino, creatura che adombra la poesia, realtà utraterrena in lingua umana… Ora pare una data, uscita dalla mitologia del bambino divenuto uomo, per entrare in un vuoto calendario: ma il poeta lo sta invocando, sta, sommessamente, scrivendo un breve e desiderante Canto di Natale.
Natale
Eri quei giorni coperti di bianco
anche senza neve,
il tempo sfrigolava nell’attesa,
eri un tremito, l’anno che si rovescia
nel suo contrario, i giochi, la stagione
nuova, l’inverno ancora lungo,
e la primavera misteriosa,
dietro un orizzonte lontanissimo…
Non è più così, solo un nome, una data
che illuse come tutto illude
e si spegne nel silenzio senza forma;
eppure un sogno, un sospetto al vecchio
resta, uno sferragliare di tintinnii
festivi e luci accese a metà pomeriggio…
Forse eri questo, eri il giorno, l’anno,
l’eterno che si ferma, ti guarda,
sorride appena e dice:
un altro, un altro inverno ancora.
Michele Porzio
Nella foto, il Presepe in un disegno andato perduto di Giorgio Morandi bambino. Grazie a Marilena Pasquali, presidente del Centro Studi Giorgio Morandi, per la condivisione