I deliri del bibliofilo
Un “libro d’oro” senza confini
Tra i “Cahiers de poche” ideati dal gallerista Carlo Cardazzo per le Edizioni del Cavallino di Venezia, il più importante è “Concetto spaziale”, realizzato nel 1966 da Lucio Fontana, «esemplare nella sua essenzialità e raffinatezza». Oggi introvabile, il suo valore può aggirarsi intorno ai 20 mila euro
Molto distinta e variegata fu l’attività editoriale del Cavallino a Venezia, iniziata nel 1935 e proseguita fin quasi ai nostri giorni, affiancata dal 1942 a quella dell’omonima galleria d’arte. L’indiscusso artefice di tale iniziativa fu Carlo Cardazzo che diede vita nella città lagunare a uno dei centri culturali più vivi anche a livello internazionale, spesso approfondendo o contrapponendosi agli spunti scaturiti dalla Biennale. Fu uno dei primi a rivolgere infatti lo sguardo alla situazione estera, importando con mostre, cataloghi e monografie l’opera di alcuni tra i più importanti artisti d’avanguardia dell’epoca (stampò ad esempio un libro di Mirò con grafiche che accompagnavano la tiratura di testa e una serie di dischi microsolco di Dubuffet attinenti alle sue Esperienze musicali). Propose inoltre per la prima volta titoli di autori mai tradotti in italiano, spesso di area francese (Lautréamont, Apollinaire, Jarry, Gide, Valéry, Proust, Breton, Éluard, Cocteau, ma anche Joyce, Kandinsky, la Peggy Guggenheim di Una collezionista ricorda), avvalendosi della collaborazione di traduttori d’eccezione come Aldo Camerino che, durante il periodo bellico, a causa delle persecuzioni razziali, fu costretto a nascondersi in casa di amici, firmando le proprie versioni con fantasiosi pseudonimi.
Ma Cardazzo (nella foto accanto) cercò, al tempo stesso, di valorizzare l’opera di parecchi pittori italiani: una di queste è sicuramente quella di Massimo Campigli di cui ricordiamo, oltre a monografie e cataloghi di mostre, una serie di splendide litografie, tra cui quelle ispirate alle Liriche di Saffo, stampate nel 1942 in 125 esemplari numerati con traduzione di Manara Valgimigli, originariamente apparsa per le Edizioni del Pellicano, facenti capo a un altro lungimirante editore come Neri Pozza. Ma non vanno dimenticate le raccolte di poesia di Sinisgalli, Dal Fabbro, Carrieri, Mucci, Luigi Bartolini, spesso presentate in una veste grafica innovativa e fantasiosa (di quest’ultimo si pensi al ricordo di Modì e alle Poesie ad Anna Stichler). Cardazzo si sbizzarrì stampando splendidi foulard firmati da Bacci, Capogrossi, Gentilini, ma anche da Victor Brauner e Sonia Delaunay. A volte i libri del Cavallino venivano impressi su carta colorata, come lo splendido Un istituto per suicidi di Gilbert Clavel, illustrato da Fortunato Depero ed edito nel 1980 su fogli rosa (l’editio princepsfu pubblicata da Bernardo Lux nel 1917, con la stessa versione dal tedesco di Italo Tavolato).
Un discorso a parte merita la collana “Cahiers de poche”, nata nel 1964 e proseguita fino all’inizio degli anni Ottanta. Si tratta di libri-oggetto che si aprono a fisarmonica (i cosiddetti leporelli) in cui è presente una serie di immagini – o un’unica immagine che abbraccia lo spazio a disposizione – realizzata da un artista. I volumetti, numerati e firmati dall’autore, sono tenuti insieme da una fascia in cartone o in plastica. Si legge in Un cavallino come logo. La storia delle Edizioni del Cavallino di Venezia di Giovanni Bianchi: «La rilegatura è particolarmente laboriosa, mentre le copertine rigide, poste all’inizio e in chiusura della “fisarmonica”, sono rivestite con stoffe pregiate, appositamente acquistate dai più noti produttori di Venezia (Zinelli, Perizzi, Bevilacqua, Rubelli), o con carte ricercate».
Furono approntati complessivamente venti libretti. Si passa da Scanavino a Gentilini, da Delvaux a Capogrossi, da Clemente ad Alechinsky, da Bacci a Joe Tilson. Il primo, dell’artista giapponese Toyofuku, si intitola Segni e vibrazioni. Paolo Cardazzo ricorda la genesi della collana: «Un giorno Mario Deluigi è venuto in galleria a trovare me e mio zio Renato; mentre parlavamo, ha estratto dalla tasca una specie di fisarmonica di carta e poi con un pennarello ha cominciato a farci dei disegni e dei segni… così è nata l’idea». Per la verità c’era il precedente riguardante la monografia di Lucio Fontana, edita nel 1958, che si apriva ugualmente a fisarmonica e aveva la copertina rigida bucata, rappresentando quasi un prototipo dei “Cahiers de poche”. Il libro, contenente un testo di Giampiero Giani, era stato stampato in 600 esemplari con la copertina proposta in tre colori differenti: giallo, rosso e verde (nella foto). Esiste inoltre un’altra monografia su Fontana, meno ricercata, con testo di Agnoldomenico Pica, pubblicata nel 1953. A queste opere si aggiunga il foulard intitolato Concetto spaziale giallo (ma esistono altre due versioni, in rosso e verde), risalente a prima del 1960 e altro materiale occasionale come pieghevoli e manifesti che accompagnavano qualche mostra.
Ma il cahier de poche unanimemente considerato più importante è proprio quello realizzato da Lucio Fontana nel 1966 e soprannominato il «libro d’oro» (nella foto sotto). Osserva ancora Bianchi: «Esemplare nella sua essenzialità e raffinatezza è il Cahier di Fontana (Concetto spaziale). Entrambe le facciate delle pagine sono interamente dorate e rievocano le luccicanti atmosfere dei mosaici bizantini, offrendo al lettore la visione di una spazialità senza confini che bene esprime la ricerca artistica di Fontana. Ogni pagina ha al centro tre fori che si ripetono in una ritmica successione, come note musicali in un aureo silenzio. Un autorevole precedente, dello stesso valore artistico, può essere individuato nell’alternarsi di spazi bianchi e neri delle Contemplazioni (1918) di Arturo Martini».
Il leporello è censito da Harry Ruhé e Camillo Rigo in Lucio Fontana. Incisioni, grafica, multipli, pubblicazioni (Reverdito Edizioni, 2006) nella sezione relativa ai multipli: «Concetto spaziale, album pieghevole in carta oro, con buchi, avvolto in una copertina in vinile giallo, cm 15,5 x 10,5 (srotolato lungo ca. cm 127). 200 esemplari, firmati e numerati». Il manufatto fu stampato da Sergio Tosi a Milano. Difficile fare quotazioni attendibili ma un esemplare, sempre più raro da reperire sul mercato internazionale, può aggirarsi intorno ai 20 mila euro.
Nel volume Caro Cardazzo. Lettere di artisti, scrittori e critici a Carlo Cardazzo dal 1933 al 1952, edito dal Cavallino nel 2008, a cura di Angelica Cardazzo, figura una missiva di Fontana, datata 17 gennaio 1939, al gallerista veneziano, in cui lo si ringrazia per l’acquisto della scultura in ceramica Il cervo d’oro: «Ieri le ho spedito a mezzo corriere il Cervo d’oro riflessato in ceramica. Il pezzo è unico. Perché delle mie ceramiche non faccio né permetto riproduzioni. Sono sicuro che Cesetti avrà scelto bene e lei ne rimarrà soddisfatto». Non avevamo dubbi al riguardo.