I deliri del bibliofilo
Scandalo innocente
Con “Poesie a Casarsa”, esordio del 1942, il mondo poetico di Pasolini s’introduce negli annali della letteratura dialettale, quasi disarmato, all’insegna della provocazione. 48 pagine in-8°, rappresentano uno dei capitoli basilari nella vicenda umana e bibliografica del poeta friulano
«Scrittore dell’imperfezione» viene definito Pier Paolo Pasolini da Walter Siti, sulla falsariga dell’urgenza di un dettato che alterna momenti altissimi e quanto mai suggestivi ad altri meno risolti e proposti quasi allo stato di abbozzi, in particolare nell’ultimo periodo di vita, come se l’autore avesse la consapevolezza che l’opera, qualsiasi opera, non può che misurarsi con l’aspetto dell’approssimazione, della mancata finitezza, presente nel suo stesso divenire. Siamo ormai agli antipodi rispetto alla ricerca stilistica degli esordi, caratterizzata dalla scoperta della lenga furlana che sfocerà nella pubblicazione di alcuni volumetti e fascicoli memorabili, tra cui citiamo le riviste che Pasolini ideò, redasse e sovvenzionò: i due numeri di «Stroligut di cà da l’aga», i due numeri dello «Stroligut» e il «Quaderno romanzo» quale ideale continuazione di questi ultimi. In tali riviste, concepite nell’ambito dell’attività legata all’Academiuta di lenga furlana che si proponeva di valorizzare il dialetto della terra delle Risorgive senza scadere nel bozzettismo e nel descrittivismo tipici della tradizione vernacolare, Pasolini e i suoi amici accolsero scritti vari: dal saggio alla prosa, dalla libera traduzione che sconfina nel rifacimento di testi stranieri alla composizione delle vilote, tutti proposti rigorosamente in dialetto. A tal proposito Nico Naldini – che con Pasolini condivise quell’indimenticabile esperienza e che curò L’Academiuta Friulana e le sue riviste per Neri Pozza nel 1994 – osservò: «La nuova poetica come si veniva configurando – battezzata su suggestione di Contini “felibrismo friulano” – rifiutava come atto di esordio gran parte di quello che il mondo poetico e letterario friulano “di cà da l’aga”, cioè il Friuli centrale situato al di là dell’acqua del Tagliamento, aveva espresso con spirito vernacolare, all’ombra dei campanili». Le riviste, edite tra l’aprile 1944 e il giugno 1947, presentavano un formato di volta in volta diverso e accoglievano anche illustrazioni di pittori friulani.
Andrea Zanzotto, a proposito dell’esperienza pedagogica dell’Academiuta, ha osservato: «È stato un fatto fondamentale, anche se a scoppio ritardato. Gli effetti si cominciarono a sentire solo quando presero a parlarne, anche fuori del Friuli, i giornali. Si capì subito che si trattava di un’esperienza particolarissima e direi priva di paragoni, perché non s’era mai dato che un poeta, addirittura ancora ragazzo, creasse intorno a sé un nucleo di allievi ed elaborasse con loro un piano comunitario di lavoro per insegnare e insieme apprendere. Perché Pasolini imparava anche dai suoi allievi. Erano infatti dei parlanti in friulano, costituivano cioè per lui quell’entourage di vocanti la lingua della sua poesia di quei giorni, più ancora della famiglia, più ancora di sua madre stessa…».
Bisogna ascrivere a tale contesto idilliaco – prima dell’episodio della morte del fratello partigiano Guido nella strage di Porzûs che decreterà irrimediabilmente la fine delle utopie scaturite dall’infanzia – anche l’esordio letterario di Pasolini che avvenne nel 1942 con la pubblicazione delle Poesie a Casarsa, edite dalla Libreria Antiquaria Mario Landi di Bologna in 300 esemplari numerati su carta vergata oltre a 75 fuori commercio destinati alla stampa. Il libro, con formato in-8°, stampato in caratteri Bodoni, contiene 48 pagine e si configura come uno dei capitoli basilari nella vicenda umana e bibliografica di Pasolini. La raccolta, contenente una manciata di liriche, fu salutata da Gianfranco Contini sul Corriere di Lugano del 24 aprile 1943 come un vero e proprio avvenimento editoriale: «Basti senz’altro raffigurarsi innanzi il suo mondo poetico, per rendersi conto dello scandalo ch’esso introduce negli annali della letteratura dialettale». È singolare che Contini adoperasse proprio il termine “scandalo” per contrassegnare un’esperienza poetica che sarà sempre vissuta, anche se in maniera innocente, quasi disarmata, all’insegna della provocazione: «per testimoniare lo scandalo» recita emblematicamente un verso di Pasolini. Enzo Siciliano annota, nella sua storica biografia pasoliniana, riguardo alla pubblicazione delle Poesie a Casarsa: «Un volume di liriche provenzali, con buona traduzione italiana in calce – lo ricorda Attilio Bertolucci, – correva per le aule universitarie di via Zamboni, materia di studio per gli studenti di Filologia romanza, editore Zanichelli. Poté essere un modello, quella versione stampata in corsivo a piè di pagina: un modello che Pier Paolo tenne a mente nel comporre anche tipograficamente, il proprio primo libro».
Mario Landi, libraio antiquario di Piazza San Domenico a Bologna, si improvvisa editore e, oltre al volumetto di Pasolini, pubblica, quasi contestualmente, i titoli dei suoi amici e sodali: Poesie di Roberto Roversi, Sopra una perduta estate di Francesco Leonetti e Canto di memorie di Luciano Serra. Poesie a Casarsa, stampato presso l’Anonima Arti Grafiche della città felsinea, riporta un’annotazione dell’autore, dove si legge: «L’idioma friulano di queste poesie non è quello genuino, ma quello dolcemente intriso di veneto che si parla nella sponda destra del Tagliamento; inoltre non sono poche le violenze che gli ho usato per costringerlo ad un metro e a una dizione poetica». Il libro, molto raro a trovarsi, ha quotazioni che superano i 2000 euro. Si rimanda per ulteriori approfondimenti all’edizione in facsimile e a Incunaboli di Pasolini, curato da Simone Volpato, entrambi pubblicati da Ronzani.
In rapida sequenza usciranno in seguito, come ulteriore testimonianza dell’attività legata alla scoperta della lingua dialettale, i seguenti titoli: Poesie, Stamperia Primon, San Vito al Tagliamento, 1945; Diarii, Pubblicazioni dell’Academiuta, Casarsa, 1945; I pianti, ivi, 1946; Dov’è la mia patria, con 13 disegni di Giuseppe Zigaina, Edizioni dell’Academiuta, Casarsa, 1949; Tal còur di un frut, Edizioni di Lingua Friulana, Tricesimo, 1953. Inutile sottolineare la rarità sul mercato antiquario di questi volumetti che sfoceranno nella pubblicazione della celebre raccolta intitolata La meglio gioventù, pubblicata dalle Edizioni Sansoni di Firenze nel 1954. Il libro è il 15° proposto nella collana della «Biblioteca di Paragone» e presenta come sottotitolo Poesie friulane. La copertina è di un color rosa slavato sopra cui campeggia il titolo in caratteri rosso amaranto; una fascetta editoriale, del pari rossa, recita: «Una saga della gente friulana alle origini del mondo poetico di Pasolini». Il volume annovera 156 pagine e riporta una significativa dedica al critico che l’aveva scoperto: «A Gianfranco Contini con “amor de loinh”». Il prezzo era di lire 1000. La silloge fu pubblicata grazie all’interessamento di Giorgio Bassani che faceva parte della redazione della rivista «Paragone».