Giuseppe Grattacaso
L'incontro tra due grandi autori

Pascoli & Heaney

Escono anche in Italia le poesie di Pascoli tradotte in inglese da Seamus Heaney. La testimonianza di un comune sentire poetico iniziato con la scoperta del "L'aquilone" da parte del premio Nobel

In una delle sue non rare visite in Italia, dove ha molti amici ‒ traduttori, poeti, professori universitari ‒ e dove vanta tanti lettori, il poeta Seamus Heaney, premio Nobel per la Letteratura nel 1995, si reca a Urbino per ricevere la laurea honoris causa. Siamo nel 2001. A Urbino scatta l’interesse nei confronti della poesia di Giovanni Pascoli. Il piccolo centro delle Marche, ricco di storia e di cultura, è in effetti legato alla vicenda biografica di Pascoli, che lì trascorse insieme ai suoi fratelli, presso il collegio dei padri Scolopi, un periodo della fanciullezza e della prima adolescenza. Una delle sue più popolari poesie, L’aquilone, recupera appunto, in età matura, un ricordo di quegli anni e di quel luogo. Scritta nel 1897 e poi inserita nei Primi poemetti, la composizione in terzine narra di un giorno in cui non c’è scuola e i ragazzi fanno volare, nell’ “aria celestina”, “molte bianche ali sospese… / sì, gli aquiloni!”.

Il primo contatto tra Heaney e la poesia di Pascoli avviene dunque a Urbino, con la lettura de L’aquilone. I versi sono una scoperta, forniscono allo scrittore irlandese l’immediata certezza di trovarsi davanti a uno dei più grandi poeti del Novecento e offrono il segno di una insospettata vicinanza poetica e umana. Anni dopo, nel 2012, in occasione della Lectio magistralis tenuta a Bologna nel corso di un convegno internazionale dedicato a Pascoli, Heaney si esprime così: «Posso dire, in effetti, che sono legato a Pascoli da un pezzo di spago, un filo che tiene in alto un aquilone e regge la tensione di quando è preso dal vento». Quel filo lo trattiene ben stretto tra le mani, Seamus Heaney, tanto che qualche anno dopo il primo contatto urbinate, traduce proprio quel poemetto (“and yes, it is the kites!”), prima di affrontare alcune tra le più celebrate poesie di Pascoli ‒ X agosto, L’assiuolo, La quercia caduta, Digitale purpurea, La cavalla storna, e l’intera serie dei sedici madrigali (tra cui i notissimi Arano e Lavandare) de L’ultima passeggiata, contenuta nella raccolta Myricae.

Nello stesso periodo, prendendo spunto dalle strofe centrali de L’aquilone, Heaney scrive una poesia dedicata a una sua nipotina. Si tratta di A Kite for Aibhìn, la lirica che chiude l’ultima raccolta del poeta, Human Chain, pubblicata nel 2010.

Le traduzioni pascoliane di Heaney sono ora raccolte in volume per i tipi di Samuele editore. A dieci anni dalla morte del poeta, avvenuta il 30 agosto del 2013, il libro celebra quell’incontro e l’interesse che ne è derivato. On Home Ground Come a Casa si compone delle traduzioni, proposte con testo a fronte, ma anche della Lectio magistralis del 2012, di un’intensa prefazione di Marco Sonzogni, che è il curatore del volume e che di Heaney ha tradotto in italiano alcune raccolte, e del breve saggio conclusivo di Federica Massia “Tradurre è abitare la poesia”.

Nelle pagine introduttive (Si ferma il mondo), Marco Sonzogni racconta come Heaney, nelle settimane che precedettero la morte, fosse proprio concentrato sulle versioni pascoliane, tanto da inviargli, dalla casa dublinese di Strand Road, una mail con le traduzioni delle poesie e la richiesta di qualche chiarimento. Sonzogni, che percepisce una certa premura da parte di Heaney, si affretta a rispondere. È proprio il 30 agosto quando procede con l’invio della mail.

Seamus Heaney penetra fin da subito nei caratteri della poesia pascoliana che in qualche modo gli appartengono e che appunto lo fanno sentire “come a casa”. Innanzitutto l’intima relazione con l’ambiente naturale e la descrizione, a tratti minuziosa e mai banale, del paesaggio rurale: “avrebbe potuto farne semplicemente dei pungoli per la nostalgia ‒ riportiamo ancora dalla Lectio ‒ e invece sono artefatti congegnati in modo da esprimere tensione”. A detta di Heaney questo modo di leggere la realtà e le scelte espressive che sorreggono il contenuto, la ricercata ‒ insieme tradizionale e modernissima ‒ concentrazione sulla forma metrica, avvicinano la poesia di Pascoli al gruppo di poeti noti come Imagisti e dunque al giovane Ezra Pound. Insomma Heaney coglie subito l’elemento sperimentale e innovatore della lirica pascoliana, che ancora stenta ad essere accettato da parte dei nostri lettori, compresi molti addetti ai lavori.

Le poesie di Pascoli, con il loro essere “intrise di riferimenti obliqui”, sanno parlare alla sensibilità e alla cultura di Heaney, che in esse scopre affinità e concordanze con l’opera di un altro poeta nordamericano, Robert Frost, e, per quanto riguarda in particolare il tono di alcuni Poemi conviviali, con i Quattro Quartetti di T. S. Eliot.

Le composizioni strofiche e metriche di Pascoli, pur nascendo da un rapporto diretto con la tradizione, risultano estremamente complesse e, come si diceva, innovative: scardinano e ricompongono il verso, lo frammentano in un quadro comunque unitario. Heaney è consapevole del meccanismo della versificazione, riesce a leggere in profondità e a riproporre il composito equilibrio del verso pascoliano, senza tradirne il contenuto. L’effetto è sorprendente, in quanto nelle traduzioni si riesce a percepire tutto l’intricato magma di significazione che costituisce la base, ragionata e consapevole, della poesia di Pascoli.

Il risultato è possibile anche perché, come scrive Federica Massia nella postfazione, “nonostante la distanza cronologica e geografica molti dei loro testi risultano attraversati da tematiche e valori condivisi, da una comune attenzione ritmica e musicale, da un medesimo moto poetico”. Insomma, i luoghi sono diversi, la casa è comune.

Un esempio chiaro può venire dai versi de La quercia caduta, di cui si propone la traduzione di Seamus Heaney, contenuta in “On Home Ground / Come a Casa”.

The Fallen Oak.

Where once its shadow spread, the oak tree lies in state.
its battle with the hurricanes is lost.
people say, now i see the size of it.

Here and there inside its fallen crest
the small spring nests hang on in tattered bits.
people say, now i see the good of it.

Everyone’s happy, everyone’s chopping at it,
Everyone goes home with his bundle of sticks.
next thing, a cry on the air… a blackcap flits

Searching for something she won’t find: her nest.

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