Alla Galleria Blocco 13 di Roma
Il tempo di Sara
La casa della zia, la memoria propria e quella familiare, il tempo che sconvolge l'una e l'altra: sono gli ingredienti della mostra di Sara Ciuffetta, intitolata proprio alla "Zia"
La più grande sfida dell’arte, da sempre, è stata quella di scolpire o dipingere o, comunque, rappresentante il tempo. Come si fa a bloccare nel marmo o sulla tela o dove vi pare lo scorrere dell’esistenza delle persone e delle cose? Ognuno, per millenni, ha risposto a proprio modo e così, a proprio modo, risponde oggi anche Sara Ciuffetta, giovane artista originaria di Sora ma attiva a Roma da tempo: con un progetto intitolato Zia, curato da Claudio Libero Pisano e articolato in tre momenti. Tutto è iniziato a settembre, a Campoli Appennino, nel frusinate, per poi spostarsi a Roma, prima con un evento singolo allo spazio Angolo Cottura di Iginio De Luca e ora con una mostra aperta fino a dicembre presso la Galleria Blocco 13 in Via Benzoni.
Di che si tratta? Nella pratica, è presto detto: l’artista, con il fratello, ha ricevuto in eredità dalla zia Maria, appunto, una piccola casa nel paese appenninico di Campoli e da lì ha avuto l’idea di costruirci intorno una riflessione sul tempo e sulla memoria. Il tempo della vita vissuta in quella abitazione e la trasformazione che una nuova vita avrebbe potuto apportare al suo corpo vivo. Sennonché, prima, la stessa abitazione è stata cosparsa di piccole – apparentemente marginali – coperture grigie: rettangoli di non-colore disposti come vuoti di memoria; poi la stessa abitazione è stata ricostruita fotograficamente, in scala 1:1 nella galleria Blocco 13 trasformando la realtà dei muri, dei mobili e delle suppellettili in una vera e propria rappresentazione di sé. Sempre segnata da quelle cancellazioni grigie di cui s’è detto.
Ma una parte della ricostruzione, quella della facciata dell’abitazione della “Zia”, è stata realizzata nello spazio esterno della galleria, con un enorme fotografia (ancora una volta a grandezza naturale) attaccata al muro ed esposta, come dire?, ai visitatori, ai passanti e alle intemperie. Proprio la pioggia e il vento dei giorni scorsi hanno dato senso ulteriore a questa singolare opera concettuale: l’immagine della casa della “Zia” ha cominciato a staccarsi, a consumarsi. Proprio come i graffiti di William Kentridge: il tempo, invece di essere rappresentato con il gesto di una mano, con il fremito di un abito, con la messinscena contemporanea di un prima e un poi, qui diventa padrone diretto dell’opera. La manipola e trasforma lentamente, inesorabilmente, come si vede nella foto qui accanto.
Le piogge e il vento – la cui funzione è stata prima evocata da quelle piccole cancellature grigie che Sara Ciuffetta ha disposto nello spazio della memoria della casa della “Zia”, tanto che Carlo Alberto Bucci, nella presentazione della mostra romana ha chiamato in causa Christo o Isgrò – adesso si sono presi la scena dettando le nuove regole della rappresentazione. Intendiamoci, questa bella idea-installazione di Blocco 13 non ha alcunché di realmente provocatorio, ma è soprattutto un’occasione di riflessione sulla storia dell’arte: cancellare significa mostrare il tempo che c’era e che ora non c’è più. O viceversa. Pensate ai segni e alle mani di colore coprente di Gastone Novelli, pensateli conficcati nella memoria individuale dell’artista e avrete il senso del progetto di Sara Ciuffetta. Da vedere prima che il tempo prenda il sopravvento finale.
Le fotografie della mostra sono di Fabio Caricchia.