Every beat of my life
Pelope come Scirea da qui all’eternità
«Nelle piste di Olimpia dove combattono / velocità, forza e ardimento» rifulge la fama del fondatore dei giochi olimpici, in cui i campioni si accendono per la gloria. Pindaro canta lo sport che rende «i forti animi» immortali…
Poiché è destino morire, cerchiamo di vivere pienamente: e non si riferisce ai piaceri, qui, Pindaro, peraltro non esclusi, ma a qualcosa che supera piacere e dolore, alla Gloria… «A egregie cose i forti animi accendono». Foscolo s’imbeve di Pindaro e canta la forza che accende l’animo e il mondo.
Gli animi forti accendono e suscitano pienezza di vita, fuoco. E in questa splendida Olimpica di Pindaro lo sport manifesta la sua nobiltà assoluta. Lo sport nasce come esorcismo della guerra, si corre, lancia, combatte, non per uccidere: i Greci sanno creare Teatro anche nell’Olimpiade, quando i Romani avrebbero ridotto l’agone circense tra gladiatori, tra uomini e leoni, a violento e ottuso spettacolo.
Lo sport non ha minimamente cancellato la guerra, che insanguina il mondo, oggi più che mai. E per giunta è da troppo inquinato, degradato, doping, truffe, sponsor, scommesse, robaccia che Pound avrebbe ritenuta indegna dell’Inferno. Ma quando leggiamo Pindaro, vediamo come lo sport contribuisca alla fede dell’uomo nella memoria che eterna. Il poeta greco, secoli prima di Cristo, ci sta evocando Stefania Belmondo con il suo oro magico a vent’anni sulle nevi, e Chechi, che vinceva la gravità, accettandola, gli Abbagnale, Maurizio Damilano che ci fa scoprire che siamo bipedi e il nostro trionfo è il cammino… E Gentile, e Scirea, e Vialli, e Mennea, e Federica Pellegrini, insieme, i vivi in piena salute e i morti… E tanti, tanti altri ancora.
Dalla Olimpica 1
«Se è destino morire, perché trascorrere
dall’inizio alla fine una vita opaca,
per giungere vecchi nell’anonimato,
senza mai un brivido di bellezza?
Adesso mi si offre una prova, un’occasione:
mi butto e aiutami per la vittoria».
Così disse, Pelope, non vane parole.
Il dio Posidone lo adornò e gli donò un carro d’oro,
e cavalli dalle ali infaticabili.
Così sconfisse Enomao ed ebbe in sposa la vergine,
che gli avrebbe dato sei principi pieni di ardore.
Ora, sulle rive dell’Alfeo, nelle feste,
dove scorre il sangue delle vittime,
accanto all’altare a cui tutti si affollano,
vedi il suo tumulo, venerato, sacro.
E la fama di Pelope rifulge ovunque,
nelle piste di Olimpia dove combattono
velocità, forza e ardimento:
il vincitore ne assapora il miele per sempre,
grazie alle prove affrontate, e vinte.
È il bene supremo per gli umani la gioia
che riassapori per sempre, a ogni risveglio.
Pindaro
Da Lirici Greci tradotti da Roberto Mussapi, Ponte alle Grazie, 2021