Diario di una spettatrice
Un vita in giallo
“Anatomia di una caduta”, il film di Justine Triet che ha vinto a Cannes, racconta una storia quotidiana che si tinge di giallo. Ma, come nella vita reale, non c'è una soluzione certa
Un uomo, una donna, un bambino, un cane, sono i protagonisti. Uno chalet isolato sulle Alpi francesi fuori Grenoble è il luogo. L’uomo cade da una finestra e muore, in casa c’è solo la donna. Incidente, suicidio o omicidio? È la trama semplice di Anatomia di una caduta, il film di Justine Triet che ha vinto la Palma d’oro a Cannes. Fin dalle prime scene appare ciò che è: un thriller classico con la profondità psicologica di una pièce teatrale. Ma non siamo più ai tempi di Alfred Hitchcock, quando un colpo di scena risolutivo chiariva l’enigma e tutte le tessere del mosaico andavano al loro posto. Siamo nella vita reale e in fondo banale di tutti i giorni, la nostra vita quotidiana in cui i delitti (la lista potrebbe essere infinita, l’ambientazione mi ha fatto venire in mente il delitto di Cogne) spesso restano irrisolti.
Così 2 ore e 32 minuti non bastano a convincere fino in fondo lo spettatore che le cose sono andate davvero come le racconta la pellicola, resta un dubbio, una domanda sospesa. E questo mi pare sia il valore profondo di un film che comunque rivela, e qui dubbi non ce ne sono, la bravura di una regista che sa mantenere alta la tensione e costante il ritmo nonostante la durata, e la prova straordinaria di Sandra Hüller nei panni della protagonista. In fondo è la narrazione della fine di un amore, con le frustrazioni, le rabbie e i sensi di colpa che ogni fine comporta. Il marito insegnante e scrittore fallito, la moglie che invece pubblica a raffica romanzi di successo, il figlio ipovedente in seguito a un incidente di cui il padre porta la colpa, il cane Snoop che è diventato gli occhi del bambino. Tutto fin dall’inizio appare semplice e invece, mentre la storia si aggroviglia e ciò che non era stato detto emerge, appare chiaro che niente è semplice, proprio come è la vita.
Altro non aggiungo se non un cameo che nessuno (mi pare) ha notato. Nella prima scena del film il cane rincorre una pallina che rotola giù dalle scale dello chalet. Questa stessa scena apre il giallo di Agatha Christie Dumb Witness ovvero il testimone muto, il racconto del cagnolino Bob che aiuta Hercule Poirot a trovare il colpevole. E nel film sarà proprio il cane a determinare la decisione che sposterà l’ago della bilancia.