Testo e foto di Barbara Renzi
View Master

Bunker alle Lofoten

Le Isole Lofoten non sono soltanto un luogo di nuvole, mare e paesaggi: ci sono anche i segnali della storia. Come quelli lasciati dai combattimenti della Seconda guerra mondiale

Lofoten: isole che evocano immagini di paesaggi paradisiaci, di panorami mozzafiato, di orizzonti dentellati da nubi plastiche ed espressive, di scogli affioranti apparentemente dal nulla. Quale che sia la stagione prescelta, con o senza neve, queste immagini s’impongono subito all’attenzione di chiunque. Qui, però, l’approccio è leggermente diverso. Perché il paradiso, questo paradiso fin troppe volte ritratto, è anche un luogo in cui gli uomini vivono e sopravvivono, a volte con sacrificio ed estrema difficoltà, e che con il passare degli anni non è stato purtroppo risparmiato dalla storia.

Un esempio di questo coinvolgimento è dato dalle drammatiche, a volte spaventose vicende della Seconda guerra mondiale. Con la Norvegia asservita da Vidkun Quisling alla Germania nazista, le Lofoten sono diventate teatro di sanguinosi combattimenti. Molti dei soldati norvegesi che dall’aprile al giugno del 1940 parteciparono alla battaglia di Narvik a fianco delle truppe britanniche, francesi e polacche provenivano dalle Lofoten. Ebbero a vedersela con i Gebirgsjäger tedeschi, che proprio nel 1940 costrinsero le forze alleate alla ritirata, dando inizio a un’occupazione dell’intero paese che sarebbe durata ben cinque anni. Ma per i tedeschi ci furono anche delle pesanti battute d’arresto. Un solo esempio che riguarda proprio le Lofoten: il raid alleato (operazione Claymore) del 4 marzo 1941, quando circa 500 soldati inglesi e 52 norvegesi impegnati nella resistenza occuparono per sei ore le cittadine di Henningsvaer, Brettesnes, Stamsund e soprattutto la capitale delle Lofoten, Svolvaer, affondando diverse imbarcazioni e distruggendo gli impianti per la produzione di olio d’aringa. Un’operazione che passa per essere la prima vittoria militare alleata durante il conflitto e che permise la liberazione e il trasferimento in Inghilterra di 200 prigionieri e 300 civili.

A Svolvaer le truppe alleate furono accolte dagli abitanti con un tale giubilo che Hitler ordinò delle sanguinose rappresaglie, fino a ottenere la capitolazione della città. Un’altra conseguenza negativa del temporaneo successo alleato fu la decisione dello stato maggiore nazista di destinare ben centomila soldati alla Norvegia settentrionale e di creare alle Lofoten, e in particolare a Svolvaer, una rete di fortificazioni, tunnel e bunker di cui ancora oggi, cercandoli attentamente, si possono trovare i resti.

Quella che va in scena alle Lofoten, come del resto in tutta la Norvegia, è una guerra fratricida. Da un lato, ci sono le forze della resistenza a Quisling e ai tedeschi, che cercano pian piano di organizzarsi con l’aiuto delle potenze straniere. Alcuni di questi combattenti confluiranno nel quinto plotone del 10° comando interalleato, composto appunto da norvegesi, che, fra le altre imprese portate a termine, tra il 31 ottobre e il 2 novembre 1944 parteciperanno con i loro berretti verdi (non portavano elmetti) alla battaglia di Walcheren, e in seguito ad altre scaramucce soprattutto in Olanda, intorno alla Mosa. Commando norvegesi prenderanno parte anche a varie battaglie navali, causando ai tedeschi pesanti perdite. Dall’altro lato, non vanno però dimenticati i numerosi simpatizzanti del nazionalsocialismo: fin dal 1940 circa seimila norvegesi si erano arruolati nell’esercito tedesco per combattere i bolscevichi a fianco dei finlandesi, formando in particolare le divisioni delle SS Wiking e Nordland. Divisioni che subiranno enormi perdite tra il 1944 e il 1945, in particolare a Leningrado e sul fronte orientale, e i cui superstiti si ritroveranno nell’aprile-maggio del 1945 a Berlino, ad assistere alla disfatta finale.

A Svolvaer oggi è possibile ritrovare, con un po’ di pazienza e di fortuna, i resti della batteria costiera, il cui centro di controllo, un R (o Regelbau) 636, è ancora in piedi sulla scogliera, a pochi metri dalle hjell, le abituali e tipiche rastrelliere per il pesce.

Proprio all’ingresso del porto, la fortezza dell’isola di Kuba, nella zona detta Kjeøya kystbatteri, presenta una postazione per un cannone da 15 cm.

Altri resti di bunker sulle Lofoten possono essere trovati, anche se con maggiore difficoltà (non sono affatto segnalati), nella località di Ramberg (Jusholmen kystbatteri).

Tornando a Svolvaer, in pieno centro città va assolutamente visitato un appassionante e ben documentato museo privato, il Lofoten Krigsminnemuseum, aperto nel giugno 1996 e gestito da William Hakvaag, un autentico cacciatore di trofei che ha girato tutto il mondo per radunare reperti. Oltre a una nutrita raccolta d’immagini rare, uniformi e cimeli d’ogni genere, tra i vari rinvenimenti inaspettati una delle maggiori curiosità è rappresentata da un dipinto, acquistato nel 2008, attribuito a Hitler nonché da quattro disegni di personaggi della Disney inequivocabilmente siglati “A. H.” che dimostrano l’inconfessabile e inconfessato interesse del dittatore per il cinema statunitense, e in particolare per i cartoni animati. Anche per i dittatori il giardino del nemico, insomma, è sempre più verde…

Facebooktwitterlinkedin