Nadia Tarantini
A proposito di "Tra le pagine della fame"

La fame a parole

Un bel saggio di Luisa Ricaldone analizza la fame (vera) sotto l'aspetto letterario. La guerra, le carestie, la povertà, la prigionia: una condizione di disagio che è stata spesso raccontata per descrivere le società e gli stati d'animo individuali

La fame. Per la maggior parte di noi, ormai, poco più che un’astrazione. Non la conosciamo. Non l’abbiamo mai conosciuta. Ne leggiamo, e leggermente pensiamo “poveretti!”. Non ne abbiamo mai avvertito i morsi, il vuoto e il corpo che ci abbandona al nostro destino – non immaginiamo che profonda disperazione fisica l’accompagni. Eppure.

Nella memoria ancestrale di ognuna/o di noi, in un piccolissimo frammento di Dna, la fame accucciata continua a minacciarci: perché, altrimenti, riempiremmo le borse della spesa oltre il necessario; perché vuoteremmo gli scaffali dei supermercati ad ogni annuncio di carenza, come durante la recente pandemia?

Luisa Ricaldone, già docente universitaria, studiosa colta e sensibile di letteratura, della fame ha memorie precise: «A chi come me è nata nel 1950, l’esperienza della fame è stata risparmiata, e tuttavia sta nel patrimonio di ricordi dell’infanzia, sotto forma di racconti in famiglia […] e ricordo ancora oggi l’emozione ammirata che provavo all’ascolto del racconto di mia madre che, allora poco meno che ventenne, percorreva in bicicletta i sette chilometri che separavano la casa di campagna […] dal capoluogo del Monferrato, dove arrivava con una sporta […]».

Libro fra letteratura e politica, Tra le pagine della fame. Un viaggio letterario (edizioni SEB27, 224 pagine, 16 Euro) parte dall’allarme lanciato dal Segretario delle Nazioni Unite nel maggio 2022 e si conclude con il capitolo Metafore, forse il più letterario, intriso di suggestioni che vanno dal mondo delle fiabe (Un’oscura fiaba contemporanea fu definita alla sua uscita la Trilogia della città di K di Àgotha Kristòf) ai significati reconditi del digiuno, a tre protagoniste di romanzi scritti da donne, donne che vengono  fagocitate in senso appunto metaforico.

Marina di Dacia Maraini, Valeria di Quaderno proibito di Alba de Cèspedes (recentemente rieditato) e la Sibilla Aleramo di Una donna – sperimentano un doppio vuoto: quello di essere da altre/i mangiate, e la fame insoddisfatta di essere pienamente e completamente se stesse.

L’incipit autobiografico permette a Luisa Ricaldone di colorare le pagine del libro di un’emozione viva – che persiste nei capitoli che sviluppano il suo ragionamento letterario. La fame dei poveri, il loro stomaco vuoto, paiono fare tutt’uno con le deprivazioni culturali, mancanze speculari di tutto ciò che è essenziale alla vita, come accade a Francesca, «che durante l’inverno, nella stalla, metteva a frutto la sua licenza di terza elementare leggendo tutto quel poco che le capitava sotto mano, affamata com’era di parole scritte e dotata di una inesausta capacità di rielaborazione fantasiosa».

La piccola Luisa s’indigna leggendo La Capanna dello zio Tom, viene cresciuta a letteratura e politica dalla professoressa del ginnasio che fornisce alle e agli studenti Se questo è un uomo e in seguito scrive lei stessa un libro sulla deportazione femminile a Birkenau (Questo povero corpo, di Giuliana Tedeschi). Deve al lavoro di fabbrica del padre il privilegio di aver potuto studiare, non ignara del pane che costava alla famiglia quella scelta. E infine, e con naturalezza, si occupa di letteratura scritta dalle donne.

Continuando a volteggiare fra storia politica e letteratura, Tra le pagine della fame sviluppa otto capitoli (oltre ad uno introduttivo): da Prigionie a Campi di “ravvedimento”; da Terre violate a Infanzie e Miserie; fino ad Epidemie, Rinunce e al già detto capitolo dedicato alle Metafore.

Dacia Maraini, Giuliana Tedeschi ed Edith Bruck, Luce D’Eramo, Ginette Kolinka, Teresa Noce animano un dialogo ideale nel primo degli otto capitoli, là dove le prigionie estremizzano la condizione umana e ne fanno un marchio indelebile nel corpo di chi le ha subite. Con il contrappunto di Primo Levi, Carlo Emilio Gadda, Elizabeth Miller. Mentre alla Kolyma e alle sue testimonianze letterarie è dedicato il secondo, con, tra gli altri, Ho amato Bucharin di Anna Larina.

Il tema si allarga, si amplifica, con le terre di carestia (La buona terra di Pearl S. Buck e Furore di John Steinbeck); con la friulana Caterina Percoto e l’armena Antonia Arslan della Masseria delle allodole. Con Vita e destino di Valerij Grossman, con gli infiniti gesti di crudeltà che la sopravvivenza estrema produce. E con le persecuzioni, come quella contro i Valdesi (Marina Jarre, Neve in Val d’Androgna).

Per tornare al destino individuale in Infanzia, a partire dai racconti di fate e per bambini/adolescenti, da Pollicino a Pinocchio e alle verità sociali che evocano: «Dalla fiaba alla realtà: fame-miseria-guerra-bambini è una catena logico-verbale-affettiva che mobilita pensiero e sensibilità, e indigna». E che immediatamente porta con sé Miserie, in particolare le nuove disuguaglianze che le guerre fomentano. Qui parla la lingua aspra e alata di Paola Masino: «La mamma è morta. – Perché è morta? – Di fame. – Anche io ho fame ma non riesco a morire». (Fame, racconto pubblicato nel 1933 sulla rivista Espero).

Epidemie e Rinunce, per finire, rimandano ad universi opposti e tuttavia segnati entrambi da morbosità, a corpi scarnificati, vuoi dalla peste che ha impaurito i nostri sonni dopo la lettura dei Promessi sposi; vuoi dalla peste moderna del rifiuto del cibo e dell’autolesionismo. Sfilano protagoniste e protagonisti de Il Mulino del Po di Riccardo Bacchelli; si evocano scene di Rumore bianco di Don de Lillo e di Cecità di Josè Saramago; Febbre di Lin Ma. Si apre il sipario sulla fame cercata come ascesa alla spiritualità, dall’anoressia di Amélie Nothomb che ne pulisce pensieri ossessivi e apre la strada alla parola, bulimia della scrittura. Agli scioperi della fame.

E così torniamo alle Metafore, a Marina Valeria e Sibilla, dove comanda la fantasia: «A favore dell’esperienza intensa ma dolorosa dell’essere fagocitate intervengono la scrittura che ne permette la rielaborazione e l’immaginazione che la impasta e vivifica per restituirla sul piano della letteratura, a portata di mano di chi intenda fruirne, e nulla sarà più come prima».


La fotografia accanto al titolo è di Roberto Cavallini.

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