Sergio Buttiglieri
Al festival di Torre del Lago

Incanto Butterfly

Grande successo per il nuovo allestimento di “Madama Butterfly" di Giacomo Puccini per il quale Gian Luigi Pizzi ha curato regìa, scene e costumi. Sul podio, Francesco Cilluffo, mentre il ruolo della protagonista è interpretato ottimamente da Carolina Lopez Moreno

Pura emozione rivedere le opere pucciniane a Torre del Lago dove l’autore lavorava fino all’alba, chiuso nel suo studio in riva al celeberrimo lago dove da 69 anni il Festival dedicato a lui rimette in scena i suoi lavori. E anche questa sera, nel fascinoso immenso teatro all’aperto, il grande inarrestabile Pier Luigi Pizzi ha debuttato in prima nazionale con la sua struggente Madama Butterfly di cui ha curato, con grande gusto, regia, scene e costumi.

Per questo impareggiabile regista novantatreenne scendere, tramite il genio di Puccini, in fondo alla più grande miseria umana, toccare i limiti della disperazione e sperare nelle tenebre, vere e proprie costanti del mitico compositore d’opera, è l’ennesimo strumento per raccontarne la bellezza intrinseca al suo lavoro musicale.

Questa ultima Butterfly (opera che debuttò alla Scala nel 1904) ha come protagonista una meravigliosa Carolina Lopez Moreno nel ruolo di Cio Cio San (accanto al titolo nella foto di Lorenzo Montanelli): lei ha raccolto giustamente ripetuti applausi a scena aperta, portando con sé dall’Oriente Estremo e mattiniero, certi vestimenti ideati da Pizzi, sfarzosi e delicati, entro i quali si muove, ondeggia ravvolta quietamente, come un pesce nell’acqua. Riesce a muoversi nella impeccabile scena facendosi trascinare dal flusso sonoro quasi liquido, direi, diretto in modo attento e intelligente dal maestro orchestrale Francesco Cilluffo, torinese, Direttore Principale del Wexford Festival Opera d’Irlanda. 

Povera Butterfly, ferita, sanguinante, inabissata, che ci ha incantati tutti. Lei è riuscita a bandire ogni eccesso di languore e di svenevolezza. Dotata di una voce purissima, di un’arcata vocale ampia e resistente e di una intensa espressività. Il silenzio della sua solitudine Pier Luigi Pizzi riesce a trasmettercelo magistralmente facendoci venire i brividi dalla commozione. 

Anche il Pinkerton di Luciano Ganci è ammirevole per la prestanza scenica e la chiarissima dizione. Per non parlare di Suzuki, interpretata con grande rigore da Alessandra Volpi, che ha avuto la capacità di restituirci il massimo di questo personaggio femminile, giustamente alleata della protagonista, anche con un ruolo che può sembrare secondari. Pizzi invece ci ha reso partecipi di una sua inaspettata sorpresa finale proprio nell’acme del dramma. 

Il libretto anche in questo caso è quasi sempre il risultato di un riuso, di un adattamento, come spesso in futuro accadrà nel Novecento con il cinema. Il peso del musicista cresce sempre di più nell’Ottocento specialmente con Puccini che lascia cadere le opportunità di collaborazione con un letterato come D’Annunzio, troppo blasonato per poterlo convincere a modificare i testi come invece riusciva con il quotato drammaturgo Giuseppe Giacosa. Il libretto nasce soprattutto da soppressioni, tagli radicali che lo rendono più funzionale alle esigenze sceniche del musicista. Per il grande lucchese l’uomo giusto era Illica, in quanto, secondo Puccini, sarà poi il compositore a provvedere all’unità e alla struttura del testo. 

E non a caso l’intero primo atto di Madama Butterfly, ambientato a Nagasaki, dove avviene il matrimonio a tempo tra Pinkerton e Butterfly, è nuovo rispetto al dramma dello scrittore americano David Belasco, da cui originariamente era tratto. Puccini spinge l’Opera a esporre le linee del racconto e le psicologie dei personaggi come solo il cinema saprà poi fare compiutamente. Una aggiunta necessaria e riuscitissima a dare spazio ai temi dell’amore appassionato della giovanissima giapponese e di quello scanzonato dell’ufficiale americano.

Puccini diceva al librettista Adami per Turandot: «I libretti si fanno così. Rifacendoli. Finché non raggiungeremo quella forma definitiva che è necessaria a me per la musica non le darò tregua».

Giacomo Puccini è certamente il più famoso e forse anche il più abile tessitore di Leitmotive e di protagonismi orchestrali nell’Opera tra fine Ottocento e inizio Novecento. Che perfezionò proprio nella Butterfly, grazie ai temi che isola attorno alla protagonista e al suo drammatico innamoramento non corrisposto.

Fotografia di Giorgio Andreuccetti

Questo riuscitissimo nuovo allestimento di Madama Butterfly deriva dall’immersione totale di Pier Luigi Pizzi (assoluto maestro con almeno 30 spettacoli alla Scala, e ancora di più alla Fenice, e almeno 40 al Rossini Opera Festival) in tutti i meandri dell’Opera Lirica a cominciare dal dialogo con il direttore, con i cantanti che devono connettersi alla sua idea registica in tutti i dettagli. Dalla sua essenziale scenografia, con al centro della scena la iconica bianca casa giapponese oscillante tra minimalismo e semplicità, con le ante che scorrono per svelare un budda dorato o il figliolo sperduto, agli splendidi costumi di sapore orientale, sempre da lui ideati, e ai precisi movimenti del coro diretto perfettamente da Roberto Ardigò. Veramente incantevole il momento del coro muto con il violinista che percorre la scena in lungo e in largo.

Pier Luigi Pizzi – che l’altra sera, nei giardini del Teatro Puccini, ha anche presentato il suo nuovo libro Non si può mai stare Tranquilliincontri di vita e di teatro, a cura di Mattia Palma, dialogando piacevolmente con la giornalista del Sole 24 ore Carla Moreni – sa benissimo che il regista del teatro d’Opera deve porsi al servizio della musica e non delle proprie vanità personali. E in questa Butterfly c’è perfettamente riuscito.

Pizzi in una recente intervista a un quotidiano locale ha anche espresso la sua opinione sulle polemiche generate dalla Bohème “sessantottina” con la regia di Gayral che pochi giorni fa aveva inaugurato Il Festival pucciniano. Produzione che tanto scalpore ha generato in parte del pubblico e nel direttore Alberto Veronesi: «Non si può riproporre – ricorda Pizzi – sempre la stessa immagine per quanto perfetta e convincente sia. Bisogna interrogare continuamente un’opera rapportandola al nostro tempo e al pubblico a cui è diretta, senza però disattendere il lavoro del compositore che non è riducibile a semplice colonna sonora».E il direttore Alberto Veronesi, che fra l’altro era colpevolmente arrivato tardi alle prove generali, e che aveva assurdamente diretto la Prima di questa Bohème con gli occhi clamorosamente bendati, non è stato certamente un buon esempio, aggiungo io, oltre che – ed è ciò che giustamente sostiene il Presidente del Puccini Festival Luigi Ficacci – essere stato poco rispettoso del Festival stesso.E lui lo ha, giustamente licenziato dalle prossime repliche.

Dunque, la seconda riuscitissima replica, che ho visto sabato scorso, è stata affidata come direzione musicale a Manlio Benzi che dirigerà anche le successive repliche. Bohème che ha finalmente ricevuto gli entusiastici applausi del numeroso pubblico presente alla replica priva di immeritate polemiche verso la piacevole regia di Gayral, ricca di sorprese, anche ironiche, che non hanno assolutamente tradito lo spirito dell’opera di Puccini.

È veramente desolante vedere crescere diatribe mediatiche sugli interventi registici che apportano inconsuete ma efficaci reinterpretazioni dell’opera. Questa volta neppure innescate dal pubblico dei melomani (come solitamente avviene in altri casi) ma addirittura dal direttore musicale.

Madama Butterfly sarà, al Festival Puccini di Torre del Lago dopo la prima nazionale del 28 luglio, in replica il 5 il 18 e il 24 agosto. Mentre la Bohème replicherà ancora il 10 e il 25 agosto.

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