Il cinema de laMeneghello
Barbie (e Pinocchio)
Il film di Greta Gerwig su Barbie sta sbancando il botteghino anche in Italia. Perché? Tutta voglia di favole o solo voglia di bambole? E se fosse un Pinocchio femminista?
Perché un film con una storia prevedibile e certamente troppo lungo polverizza tutti i record, facendo della regista e sceneggiatrice Greta Gerwig la prima donna che taglia il traguardo del miliardo di dollari incassati in due settimane, che neanche Harry Potter poté tanto? Per rispondere a questa domanda sono andata a vedere Barbie, il film sulla bambola più famosa del mondo lanciato dalla micidiale macchina da guerra della Mattel.
Barbie è una favola che riscrive Pinocchio in chiave femminista. Una bambola, e che bambola, prende coscienza della sua condizione e vuole sfondare il muro che la separa dalla vita reale, a costo di farsi una domanda che nessuna bambola si è mai fatta: pensate mai alla morte? La bravura di Greta Gerwig si vede fin dalla scena iniziale che omaggia 2001: Odissea nello spazio: Barbie – costume da bagno senza spalline, occhiali da sole cat eye, tacchi altissimi – si incarna in mezzo alle bambine degli anni ’50 come il gigantesco monolite di Kubrick e segna una svolta senza ritorno nell’immaginario e nella vita di milioni di pupe, fino ad allora condannate a riprodurre nei loro giochi i ruoli della famiglia tradizionale. A partire dalla Barbie originale del 1959 niente sarà più come prima, le sue infinite versioni seguiranno l’affermazione delle donne nel mondo.
Nel film, Barbie è lo stereotipo assoluto che mette in discussione tutti gli stereotipi che incarna, dalle donne belle e di successo al capitalismo che genera il consumismo perfetto, si scontrerà con il tentativo maldestro di Ken e dei suoi replicanti di imporre il patriarcato fuori tempo massimo, infine sceglierà di diventare donna rinunciando al sogno di plastica rosa di Barbieland per accettare l’imperfezione della vita umana.
Margot Robbie è l’incarnazione stessa di Barbie, Ryan Gosling-Ken sfoggia pettorali e bicipiti insospettabili oltre a notevoli doti canore, bellissime le scenografie e i costumi. Ma alla fine la risposta sui motivi dei record non l’ho trovata. Il film non è un capolavoro, la lunghezza eccessiva lo penalizza e a tratti è perfino predicatorio. Non basta il marketing più micidiale del mondo per giustificare ciò che sta succedendo. Forse, ma è solo un pensiero estemporaneo, ci vogliono milioni di ex bambine che con Barbie hanno giocato per spiegare la pellicola dei record.